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Saranno 16 i migranti all'ex caserma di Fornasette

Autorità ticinesi rassicurate dal vertice di Varese. Bene il coinvolgimento nel gruppo di lavoro, ma Marchesi solleciterà il Consiglio federale

In sintesi:
  • Preoccupa il potenziale pericolo rappresentato dalla vicinanza con il valico doganale non presidiato
  • L'approccio del prefetto mostra l'apertura nei confronti delle perplessità della politica comunale e cantonale
Il valico doganale non è più presidiato da diversi anni
(Ti-Press)
21 febbraio 2025
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Un gruppo di lavoro transfrontaliero che coinvolgerà le autorità ticinesi per monitorare il futuro arrivo di migranti all’ex caserma dei carabinieri di Fornasette. È questa la novità emersa dalla riunione tenutasi ieri a Varese. Nel gruppo di lavoro saranno rappresentate la Prefettura varesina, il Dipartimento delle Istituzioni, i Comuni di Luino (il sindaco o un suo delegato e un rappresentante della minoranza consiliare) e Tresa. Insomma, un metodo di lavoro che dimostra l’ampia apertura alle istituzioni ticinesi che a vario livello nelle scorse settimane hanno espresso perplessità sulla presenza di migranti a ridosso del valico non presidiato. L’obiettivo sarà anzitutto quello di valutare gli sviluppi del progetto e garantire un costante confronto. Da parte sua, il prefetto si è impegnato a dialogare con il Ministero dell’Interno.

Stabile ristrutturato entro fine marzo

È stato inoltre confermato che i lavori di ristrutturazione dell’ex caserma (dismessa una dozzina di anni fa) verranno conclusi entro la fine del mese di marzo. Dalla riunione di Varese, voluta dal prefetto Salvatore Pasquariello per far chiarezza sul Cas (Centro di accoglienza straordinaria per richiedenti l’asilo internazionale) di Fornasette, è scaturito il numero di massimo di 16 migranti che alloggeranno all’ex caserma: saranno due nuclei familiari allargati, con donne e bambini, che, come prevede il Ministero dell’interno, andrebbero a occupare due appartamenti, uno al piano inferiore e l’altro a quello superiore. Non trenta, come paventato al di qua e al di là del confine. Questo spegne le tensioni, proteste e discussioni divampate negli ultimi tempi. Nel 2015 a Lavena Ponte Tresa sarebbero dovuti arrivare 50 migranti: le proteste transfrontaliere avevano portato il prefetto di Varese di allora (Giorgio Zanzi) a trovare una diversa collocazione. La riunione di stamane, come era facile prevedere, ha evidenziato le forti opposizioni a Luino, dove lunedì sera 24 febbraio in Consiglio comunale sarà discussa la mozione contraria presentata dai tre gruppi di minoranza. Il gruppo di lavoro transfrontaliero si riunirà il prossimo 20 marzo.

Gobbi: ‘Autorità italiane trasparenti’

«Sicuramente è stato positivo il fatto di mettere al tavolo tutti gli interlocutori per monitorare la situazione», dichiara interpellato dalla ‘Regione’ il direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi, che si dice soddisfatto dell’esito dell’incontro «in quanto le autorità italiane si sono mostrate trasparenti sia con noi come autorità cantonale sia verso il Comune di Tresa, rappresentato dal sindaco Piero Marchesi. Le informazioni che abbiamo ricevuto, da una parte, ci hanno ha permesso di capire la dimensione della questione, dall’altra che questa struttura (non del tutto in regola con le norme edilizie) non verrà aperta subito ma rientra nell’ambito della prima fase di accoglienza straordinaria che lo Stato italiano deve garantire». Anche le quota massima di persone che potranno essere accolte rappresenta un aspetto positivo: «Dovrebbero arrivarne al massimo 16 e, considerata la tipologia di struttura, preferirebbero mettere dei nuclei familiari, anche perché c’è un bagno al pianterreno e un bagno al secondo e al primo piano. L’auspicio è che si eviti di ospitare persone potenzialmente problematiche».

Marchesi: ‘Le preoccupazioni rimangono’

Anche il sindaco di Tresa Piero Marchesi considera positivo l’esito dell’incontro: «In particolare, per la trasparenza e l’apertura mostrate dal Prefetto di Varese nei confronti delle nostre preoccupazioni e per la decisione di organizzare un tavolo di lavoro sulla situazione. Detto questo, nel merito le preoccupazioni rimangono, anche se è vero che a fronte delle possibili 30 o 40 persone, sono solo 16 i migranti che arriveranno. Il prefetto ci ha rassicurato che di principio cercheranno di mettere delle famiglie, ma sappiamo che i buoni intenti potrebbero non essere rispettati. Dunque, bisogna comunque ragionare su un’ipotesi di arrivo di 16 giovani maschi, come di solito avviene in questo tipo di situazioni. Il problema è che noi siamo a 100-150 metri dal confine quindi chi rimarrà lì per alcuni mesi verosimilmente sarà più interessato a venire verso la Svizzera piuttosto che andare verso Luino che dista tre chilometri e mezzo, anche solo per andare a cercare un minimo di vita». Da questo punto di vista, si porrebbe il problema di sicurezza, continua Marchesi, «perché non sappiamo che persone arriveranno. Poi c’è la questione dell’Accordo di Dublino, sospeso unilateralmente dal governo italiano dal 2022: questo vuol dire che la Svizzera non potrà rimpatriare le persone che arriveranno e che saranno in attesa di una risposta sulla richiesta di asilo. Potrebbero avere la tentazione di fare richiesta di asilo anche in Svizzera e senza i presupposti per il rimpatrio verso il Paese di provenienza, rimarrebbero nel nostro Paese». Il sindaco ha prospettato queste questioni al prefetto.

‘Valico non presidiato potenziale pericolo’

Marchesi insiste: «Il valico non è più presidiato e potrebbe rappresentare un pericolo per i passaggi illegali. In qualità di consigliere nazionale, nella prossima seduta del Parlamento federale, solleciterà il governo svizzero per capire come intende muoversi. Se il centro di accoglienze dovesse essere confermato a livello federale ci attendiamo che siano prese delle contromisure, tipo una chiusura notturna del valico di confine, per limitare il potenziale pericolo a tutela delle legittime preoccupazioni della popolazione di Tresa e della frazione di Fornasette». Dal canto suo, la sezione Plr di Tresa si è detta soddisfatta della decisione delle autorità competenti di creare il tavolo di lavoro congiunto. Sì, perché sin dall’emergere di questa possibilità, il partito ha ritenuto doveroso farsi per primo portavoce delle legittime apprensioni della popolazione, “evidenziando i rischi connessi a una simile destinazione d’uso per la struttura proprio a ridosso del confine. La posizione isolata della ex caserma, l’assenza di un presidio doganale fisso, la saltuaria presenza delle forze dell’ordine, il forte rischio di un aumento di reati connessi alla presenza di migranti, e la vulnerabilità già riscontrata in passato nelle zone di confine rendono infatti a nostro parere questa scelta particolarmente inopportuna”.