Da oltre dieci anni l’associazione accompagna genitori e bambini in un percorso speciale. Ma oggi c’è l’incognita del blocco delle adozioni internazionali
Un ponte tra storie e vite: è questa la missione dell’associazione Il Ponte, nata nel 2012 per accompagnare famiglie adottive in un percorso fatto di emozioni, legami e nuove possibilità. Il sodalizio senza scopo di lucro di Porza è stato fondato da un gruppo di professionisti nel campo dell’adozione con un unico obiettivo: diventare un punto di riferimento per chi desidera avvicinarsi al mondo dell’adozione e della genitorialità in tutte le sue forme. A parlarci de ‘Il Ponte’ sono Gabriella Rossini, cofondatrice, e Roberta Bruno, membro attivo dell’ente.
“Il Ponte è ciò che mette in relazione unità che sono tra loro distanti e distinte, rendendo possibili passaggi e congiunzioni altrimenti impensabili”, si legge sul sito dell’associazione. Questo concetto, spiega Bruno, racchiude la prima missione del gruppo, ovvero «creare un legame tra due sponde: tra la storia originaria del bambino e quella dei genitori adottivi, tra la nuova famiglia e la realtà che lo accoglie. Quando si parla di adozione, si parla anche di perdita e di rottura. Il bambino adottato, infatti, vive inizialmente un forte sradicamento: da una realtà nota, anche se difficile, a una sconosciuta. Costruire un ponte vuol dire dare senso a questa ‘cesura’ fra un prima e un dopo, creando legami forti e possibilità per il futuro». Come raccontano le due interlocutrici, non si tratta solo di accompagnare i bambini, ma prima di tutto di aiutare le coppie a trasformare la loro esperienza, spesso legata all’impossibilità di avere un figlio biologico, in un nuovo progetto di vita.
Pedagogista, formatrice in ambito adottivo, Rossini racconta di come sia nata l’associazione. «Il nostro obiettivo iniziale è stato quello di creare uno spazio di incontro e riflessione sul tema con le coppie che avevano intrapreso il percorso adottivo». In seguito, su stimolo dell’autorità cantonale che chiedeva delle formazioni obbligatorie per le coppie e per i neo genitori adottivi, abbiamo sviluppato ulteriormente i nostri progetti, creando dei percorsi ad hoc. Infatti, come spiegato dalla stessa cofondatrice, l’ente si impegna nel seguire le coppie nel lungo percorso di preparazione e dell’attesa e le famiglie adottive nel loro nuovo ruolo genitoriale. Il focus è centrato sulla trasformazione della coppia, passando dal ripiego al progetto, sull’elaborazione del lutto della sterilità, sull’accoglienza di un bambino speciale, nato da altri, sulla sua integrazione e, elemento di grande importanza, sulla costruzione del legame affettivo che è uno dei cardini per la nascita della nuova famiglia. Ma ad arricchirsi, grazie a un team multidisciplinare, sono stati anche i formati, che privilegiano metodi interattivi e persino modalità ludiche per favorire la riflessione e il confronto.
A Rossini e Bruno si affiancano anche altre figure professionali, come la psicologa e la psicomotricista. Quest’ultima, lavora «senza utilizzare il linguaggio, ma piuttosto con il gioco come strumento di comunicazione, che porta con sé una forte implicazione emotiva». Il ruolo della psicologa è quello d’ascolto e di aiutare a elaborare i pensieri, le emozioni, le paure. Le emozioni sono infatti centrali nella genitorialità e come sottolinea Bruno, «quando incontriamo ‘nostro’ figlio per la prima volta, dopo tanta attesa, ci rendiamo conto di non avere parole, ma di essere travolti dalle emozioni nostre e da quelle di un bimbo di fronte a due sconosciuti. Con tutte queste emozioni dobbiamo fare i conti e dobbiamo capirle». Il tema dell’ascolto e dell’ascolto delle emozioni è dunque ancora una volta fondamentale non solo nell’ambito dell’adozione, ma della genitorialità a tutto tondo. E questo vale anche per temi come l’inserimento scolastico, la pubertà, l’adolescenza, i conflitti familiari e altri che sono aperti a tutti i genitori, così come i gruppi di parola, dove affrontare, guidati da un professionista, anche i momenti più impegnativi».
Uno degli aspetti più gratificanti secondo le due interlocutrici è vedere la soddisfazione delle famiglie per quanto appreso durante il loro cammino. «È davvero bello quando le persone seguite, anche se confrontate con delle difficoltà, rinnovano la loro scelta, forti di aver intrapreso il percorso dell’adozione con consapevolezza e amore» osserva Rossini, aggiungendo: «Si tratta di un processo che non riguarda solo la coppia adottiva, ma che coinvolge poi anche i bambini». Per questo sono stati messi a punto dei laboratori che uniscono genitori e figli, focalizzandosi sulla costruzione della comune storia familiare. Tra le altre proposte, anche la creazione di album di racconti visivi e sensoriali, che combinano immagini, odori e piccoli oggetti significativi per il bambino e i suoi genitori. Questo approccio permette ai genitori di esplorare e condividere le origini del bambino in modo creativo, facilitando il dialogo sulle sue radici e l’integrazione nella nuova famiglia. «Lavorare sulle narrazioni aiuta a costruire un ponte tra il passato del bambino e la sua nuova realtà, a rafforzare i legami e a costruire una comune storia familiare», ribadisce Bruno.
Adottare non è solo dare un’opportunità a un bambino meno fortunato, bensì è un percorso reciproco, l’opportunità di costruire legami che durano una vita, diventare famiglia. È importante ricordare che nel percorso dell’adozione si parte da un punto diverso e, afferma Roberta Bruno, «la costruzione del legame affettivo per una famiglia biologica comincia già nel momento in cui l’embrione si sviluppa nel grembo materno. In questo caso partiamo con un gap temporale che dobbiamo colmare». Questa peculiarità però non esclude denominatori comuni. Che si tratti di famiglie ‘tradizionali’, adottive, ricostituite, monoparentali o omogenitoriali, la genitorialità oggi affronta sfide simili: dall’equilibrio tra lavoro e vita familiare, al dialogo con i figli in crescita. «È nella diversità che troviamo la ricchezza – valuta Bruno –. E anche questi incontri sono un’opportunità reciproca. Si parte dunque dalla genitorialità come esperienza declinata in tutti i modelli che abbiamo oggi, in modo tale da aiutarsi ad affrontare le sfide educative che sono le sfide di tutti».
E parlando di adozioni, non si può non toccare la novità emersa lo scorso 29 gennaio, quando il Consiglio Federale ha deciso di proporre la fine alle adozioni internazionali sulla base della “constatazione di un gruppo di esperti secondo cui anche una profonda revisione del sistema attuale non sarebbe sufficiente a evitare ogni rischio di pratiche irregolari”. Secondo l’Esecutivo nazionale, dunque, questa decisione sarebbe “l’unico modo di proteggere da pratiche irregolari i bambini”. Non è dello stesso avviso Rossini, che afferma di essere contraria a questa decisione, spiegando che «siamo preoccupati che sia stata presa una decisione così drastica. Piuttosto la Confederazione dovrebbe mettere in atto delle normative adeguate di controllo per quello che riguarda i Paesi adottanti, senza arrivare ad abolire l’adozione internazionale. Normative anche per un potenziamento della preparazione delle coppie e un adeguato accompagnamento delle famiglie adottive». Inoltre questa decisione, rappresenterebbe una potenziale spinta a intraprendere «corridoi alternativi» per diventare genitori, rivolgendosi magari a uteri in affitto o pratiche non limpide. Insomma la procedura di cessazione delle adozioni internazionali non solo renderebbe la pratica dell’adozione accessibile a «pochi eletti», ma andrebbe a cozzare con la convenzione dell’Aia sull’adozione. In merito, spiega Rossini che «l’adozione per principio non è dare un bambino a una coppia ma è dare una famiglia a un bambino che non ne ha, permettergli di crescere in un contesto armonioso. Questo è l’aspetto più importante».
Ancora nel 2025 dunque c’è bisogno di riconoscere e comprendere la cultura dell’adozione, ma come è possibile farlo? «Nella sua specificità, quello che cerchiamo di fare è di creare situazioni e momenti di incontro su temi educativi che coinvolgano le famiglie in generale», risponde Bruno. E indipendentemente dall’esito delle consultazioni sul piano federale, l’associazione Il Ponte continua e continuerà a creare ponti tra storie, esperienze e generazioni. Per chi volesse conoscere meglio questa realtà, è possibile visitare il sito www.associazioneilponte.ch, scrivere una mail all’indirizzo associazioneilponte@hotmail.com o telefonare allo 079 331 35 19.