Ieri è stata annunciata la chiusura dello stabile di Cadempino e l’avvio della fase di consultazione. Sono 123 i lavoratori toccati, la metà residenti
Luxury Goods International in Ticino, cala il sipario. Ieri, durante un incontro con i dipendenti, è stata annunciata la chiusura dell’ultimo stabile dell’azienda a Cadempino. Una decisione che, dopo un lungo periodo di ridimensionamenti e riorganizzazioni, segna il completo disimpegno del gruppo Kering dal Ticino. A essere colpiti, 123 collaboratori, dei quali circa la metà residenti.
L’apertura della fase di consultazione, rileva da noi raggiunto il vicesegretario regionale dell’Ocst Paolo Coppi, «è stata annunciata ieri e si concluderà alla fine del mese di aprile». Fase di consultazione che, non nasconde il sindacalista, «è volta a mettere in atto una disdetta collettiva per tutti i restanti dipendenti. Si parla di oltre centoventi licenziamenti che verranno attuati gradualmente entro il 2026». L’importante quota di residenti si spiegherebbe con le numerose ristrutturazioni già avviate negli scorsi anni che prevedevano la possibilità del trasferimento in Italia. In altre parole, molti frontalieri avrebbero negli anni scelto questa strada, lasciando in fondo alla procedura di riorganizzazione – in termini temporali – i lavoratori residenti.
La storia del gruppo Kering, multinazionale francese del lusso che controlla marchi come Gucci e a cui fa capo Luxury Goods International (Lgi), in Ticino è quasi trentennale. Il primo stabile di Lgi venne infatti aperto proprio a Cadempino nel 1997. L’inizio della fine risale però al 2018, anno in cui i primi dipendenti di Lgi erano stati trasferiti a Novara. Segue nel 2019 l’accordo con il fisco italiano. Lo scorso dicembre il gruppo Kering aveva inoltre venduto la sede logistica di Luxury Goods Logistics (Lgl) di Bioggio per puntare su Sant’Antonino. Sede di Sant’Antonino poi lasciata vuota da Lgl – trasferitasi nel frattempo in Italia – e dove, da inizio anno, si è insediata la società statunitense Gxo Logistics che, per conto del colosso tedesco Zalando, gestisce i pacchi di resi. In merito, commenta Coppi, «Lgi e Lgl prima del 2018 impiegavano per il gruppo Kering anche un migliaio di persone. Visto il graduale disimpegno di Kering nel nostro cantone, il caso di queste ultime centoventi persone porta a dire che la storia del gruppo in Ticino si chiude qui».
Cosa si prospetta dunque per le persone coinvolte? «Diversamente dalle tornate precedenti – osserva il vicesegretario regionale –, in questo caso a governare il processo sono direttamente i brand del gruppo». E chiarisce: «Per i 123 dipendenti sarà difficile prevedere un trasferimento, proprio perché le eventuali posizioni alternative non verranno aperte in Italia a Novara, o meglio non solo, ma in Francia a Parigi piuttosto che in Inghilterra». Insomma, rendere plausibile un trasferimento è complicato. Non solo. «Le posizioni disponibili – prosegue Coppi – saranno molto probabilmente meno, dato che il settore del lusso sta attraversando un periodo di contrazione delle vendite». Il tutto, rimarca, «rende dunque difficile negoziare una ricollocazione all’interno della società». Ricollocamento che l’Ocst, puntualizza Coppi, «chiederà comunque». E constata: «Anche se l’azienda non ha detto ‘no’ categoricamente al ricollocamento, considerato l’elevato numero di residenti, come sindacato bisognerà concentrarsi molto sul migliorare il più possibile le misure di accompagnamento all’uscita dei lavoratori».
In questo contesto difficile, c’è comunque un aspetto di cui tenere conto, evidenzia Coppi: «Va riconosciuta la validità del quadro contrattuale in essere. Lgi è firmataria del Contratto collettivo di lavoro per gli impiegati di commercio». Ciò che ha permesso «l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo che si sta avviando in modo trasparente, con un dialogo attivo tra le parti». Ad aiutare, la relazione consolidata con la commissione del personale che «si sta rivelando uno strumento prezioso. L’obiettivo è capire insieme quali siano le priorità e le necessità dei lavori in questa fase di consultazione», afferma Coppi.
Non da ultimo, mette in luce il sindacalista, «con la chiusura della sede a Cadempino di Lgi ci sono oltre centoventi persone che dovranno rivedere le proprie vite professionali. Il tutto in un contesto lavorativo già difficile. Sono ormai numerosi i casi di chiusure o riorganizzazioni che colpiscono il settore dell’industria allargata in Ticino». Ed è per questo motivo che l’Ocst, si legge in una nota del sindacato, “chiede alle associazioni padronali, a partire da Ticino Moda, di aprire un confronto strutturato sul futuro dell’occupazione industriale nel nostro cantone. Il silenzio o la gestione caso per caso non sono più un’opzione sostenibile”.
«Certo, la fine delle attività nello stabile di Cadempino avrà come conseguenza delle minori entrate per il nostro Comune». Tom Cantamessi, sindaco di Cadempino, tuttavia relativizza. «Questo minor gettito – nota infatti – era in qualche modo già programmato. La vera batosta, in termini fiscali, era arrivata anni fa quando Lgi iniziò a trasferire i dipendenti in Italia. Lì la differenza delle entrate fu davvero importante. Oggi come oggi siamo più pronti». Quello di Lgi, poi, è uno stabile molto grande, preoccupa la ricerca di un subentrante? «La struttura – dice Cantamessi – è cresciuta insieme all’azienda, penso quindi che gli spazi al suo interno possano essere suddivisi. Non per forza dovrà entrare un’unica impresa». E aggiunge: «L’immobile poi si trova in un’area molto strategica, la zona è ben servita. Se un domani verrà realizzata l’uscita autostradale direttamente sulla zona industriale di Cadempino, il discorso si fa ancora più interessante. La cessazione delle attività è comunque progressiva, quindi un margine di manovra c’è». Si tratterà in ogni caso di una trattativa privata.