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Incidente mortale a Grancia: ritorna in aula il dolore di quella notte

Archiviato il reato di omicidio colposo, le parti hanno dibattuto sulla durata della pena. Gli avvocati difensori hanno chiesto una condanna sospesa

Un fatto ancora indelebile nei ricordi di molti
(Rescue Media)
7 maggio 2025
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«Dopo quell’incidente non mi sentivo più una persona, ero svuotato. Non posso pretendere di soffrire come i famigliari della ragazza morta, o come il ragazzo che è stato in coma diverso tempo, ma per almeno un anno non sono riuscito a costruire nulla nella mia vita». Quanto discusso oggi alla Corte d’appello e revisione penale è il seguito di una vicenda dovuta al ribaltamento dell’auto guidata dal 25enne imputato. In primo grado la Corte delle Assise criminali – per l’incidente capitato nei parcheggi del Centro commerciale Lugano Sud a Grancia nel febbraio 2021 – lo aveva condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo. Una durata della pena ritenuta eccessiva dai due avvocati difensori, Anna Grümann e Paride De Stefani, che avevano presentato ricorso invocando attenuanti non considerate e contestando alcuni reati minori.

‘Tutto ciò si poteva evitare’

Di fronte alla Corte, presieduta da Giovanna Roggero-Will – a latere Rosa Item e Francesca Lepori Colombo – non è stato rievocato il dramma di quella notte, ma sono stati esaminati aspetti collaterali alla vicenda, tra cui l’eventuale carcerazione dell’imputato. Durante l’interrogatorio, il giovane ha dichiarato di essere pronto ad assumersi le proprie responsabilità, aggiungendo: «Non è l’idea di andare in carcere che mi spaventa, ma la vita che avrei dopo. Finché studio all’università riesco a concentrarmi, ma una volta fuori fatico a convivere con questa storia. Ora non ho più i flashback, ma continuo a portarmi dietro i sensi di colpa».

Secondo la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, il 25enne è «un ragazzo giovane e dotato di una spiccata intelligenza; tuttavia, ciò non giustifica le sue azioni. Si potrebbe dire “è stata una bravata”, ma si è trattato di un gesto che ha causato la morte. La strada scelta non era un circuito, e l’auto non era adatta a quell’uso sportivo, come confermato anche dalla perizia. Tutti i passeggeri di quel veicolo hanno rischiato la vita». Lanzillo ha ribadito la gravità della colpa e ha chiesto la conferma della pena emessa in primo grado: «Questa condanna è un segnale: la legge non può essere elusa, neppure da un giovane. La giustizia è memoria e responsabilità, affinché quanto accaduto non si ripeta. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare con un minimo di responsabilità».

Luisa Polli, legale del passeggero rimasto invalido e costituitosi accusatore privato, ha sottolineato: «Siamo di fronte a una tragedia. Questo processo è più di un luogo di giustizia. È un luogo della memoria, per dare un senso a quanto accaduto. La vita del mio assistito non sarà più quella di prima: ora ha limitazioni funzionali di una certa rilevanza ed è poco più che ventenne». Polli si è allineata alla posizione di Lanzillo, ribadendo che il suo assistito «oggi chiede solo giustizia». Demetra Giovanettina, patrocinatrice dei parenti della 16enne deceduta, ha chiesto la conferma della condanna richiamando quanto emerso nel primo processo sui presunti motivi che avrebbero spinto l’imputato a guidare in modo pericoloso: «Dopo un periodo depressivo, per lui guidare era diventata una forma di cura. Le corse spericolate erano una valvola di sfogo, un’espressione del suo disagio. Il lutto della famiglia della vittima non cesserà, ma questo processo lo riacutizzerà».

‘La sentenza di primo grado è lacunosa’

Per i difensori dell’imputato, si tratta di un procedimento che ha scosso il cantone e non solo, ma la sentenza di primo grado presenta delle lacune, chiedendo una pena massima di 24 mesi interamente sospesi. «Non era stato considerato il contesto pandemico, né il fatto che nessuno gli avesse mai chiesto di rallentare. Anzi, i passeggeri hanno partecipato attivamente alla situazione di pericolo» ha osservato De Stefani. Il legale ha inoltre ribadito la richiesta «di valutare l’attenuante del suo sincero pentimento». A queste parole, in aula si è levato un momento di tensione da parte di alcuni familiari, che hanno fatto notare come l’imputato non li abbia mai contattati per porgere le proprie scuse.

Dal canto suo, Grümann si è invece espressa su alcuni reati minori in questa vicenda, come quello di lesioni colpose nei confronti del passeggero rappresentato da Polli, sostenendo che questi aveva espresso il proprio «consenso». Ha inoltre obiettato sul reato di esposizione a pericolo della vita altrui, sottolineando che il giro era stato effettuato di sera, quando il centro commerciale era chiuso. Al termine del dibattimento, l’imputato ha tenuto a chiedere scusa alle famiglie coinvolte e a chi era presente quella notte. La sentenza sarà inviata alle parti nelle prossime settimane.

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