Dalla serata pubblica, con diverse testimonianze e cifre, emerge un problema che le autorità stentano a riconoscere e ad affrontare
Lugano attira sempre più ricchi e globalisti, questo è un dato di fatto. Ci si potrebbe far bastare questa faccia della medaglia e dirsi bene, avanti così. Anche perché le casse pubbliche piangono, occorre quindi risparmiare e l’arrivo di qualche miliardario alimenta il gettito. Però, la politica dovrebbe considerare tutta la società, senza limitarsi a dare uno sguardo parziale e “interessato”. Sì, perché in questo caso l’Onnipotente mercato immobiliare genera anche distorsioni ed esclusioni, mettendo sotto pressione gli inquilini più deboli, anziani, famiglie con redditi medio-bassi. Il grido d’allarme giunge dalla recente serata pubblica promossa dalla Commissione di quartiere di Pregassona.
A Lugano il costo della pigione sta diventando un problema insostenibile per tanti. Sono in aumento gli appartamenti che vengono acquistati, poi ristrutturati, e i lavori fanno lievitare il canone, oppure sono destinati ad affitti brevi come quelli di Airbnb. Il caso delle palazzine di via Vergiò a Breganzona, che sono state cedute dalla Helvetia Assicurazioni alla Monopoly District Sa, rappresenta soltanto la punta dell’iceberg. Succede che stabili da ristrutturare vengano venduti in blocco e quindi divisi in proprietà per piani a prezzi elevati, troppo alti per le famiglie che ci abitano da decenni. Il fenomeno si riproduce in maniera inquietante e colpisce gli inquilini che vivono nei quartieri urbani, pure quelli più popolari, nelle palazzine che passano di proprietà a ritmo sostenuto. Secondo alcuni si tratta di una vera e propria emergenza che purtroppo è ormai cronica e costringe i residenti meno abbienti a cambiare domicilio. Dal canto suo, la maggioranza dei partiti rappresentati in Municipio (e in Consiglio comunale) si trincera sempre dietro la scusa ideologica, dal retrogusto amaro, che vieta all’ente pubblico di mettersi in concorrenza con il privato. Ma non si tratta di fare concorrenza agli imprenditori e alle società immobiliari; basterebbe inserire qualche vincolo pianificatorio in vista dell’allestimento dei nove Piani regolatori, anche se il Piano direttore comunale non parla della questione legata agli alloggi. Però, della pressione sugli inquilini il Municipio, o meglio la sua maggioranza, pare non voglia sentir parlare.
Eppure, la politica non vuole prendere sul serio la questione più che nota in città. Se ne parla da una dozzina d’anni. Era il 2012 quando il Partito socialista, assieme all’Associazione inquilini e al sindacato Vpod, lanciò un’iniziativa popolare a livello comunale consegnando le oltre 3’000 firme necessarie, dopo lo sfratto degli inquilini di via Monte Brè 8 e 10. Poi, lo ricordiamo, in Consiglio comunale venne votato il controprogetto, ma di quei dieci milioni nel frattempo stanziati, la Città ne ha speso uno solo. Per cosa? Per risanare una parte del parco immobiliare (poco più di 300 appartamenti). Parole al vento si sono rivelati i ripetuti richiami al Municipio al rispetto dell’articolo del Regolamento comunale e del controprogetto all’iniziativa approvato nel lontano 2015 e a impegnarsi per incrementare il proprio parco immobiliare. È finita nel dimenticatoio anche l’annunciata strategia a sostegno delle organizzazioni di utilità pubblica, secondo la Legge sulla promozione dell’alloggio. A parte la palazzina a pigione moderata di via Lambertenghi e l’ipotesi di destinare i sedimi ex Spohr a Pregassona: questi due sono gli unici passi concreti in quella che viene definita promozione dell’alloggio a pigione accessibile.