I fiduciari di Paradiso, legati alla Visibilia di Daniela Santanchè, accusati di truffa, appropriazione indebita, amministrazione infedele e riciclaggio
Sono stati arrestati la presidente e il direttore della Wip Finance Sa di Paradiso. Si tratta, come indicato da Ministero pubblico e Polizia cantonale in una nota congiunta, di una 48enne svizzera e un 39enne italiano entrambi residenti a Lugano. A riportare la notizia, nel frattempo rimbalzata sulle principali testate, è stata il giornale italiano ‘Il Fatto Quotidiano’. I due fiduciari sono indagati per truffa, appropriazione indebita, amministrazione infedele e riciclaggio di denaro.
Al Ministero pubblico è giunta una segnalazione la scorsa primavera e, stando a nostre informazioni, dell’inchiesta si starebbe occupando la procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti. Una segnalazione presentata da Giuseppe Zeno, azionista di minoranza della società editrice Visibilia, che pubblica tra gli altri la rivista di gossip ‘Novella 2000’. Visibilia è di proprietà della ministra italiana del turismo Daniela Santanchè, da mesi sotto processo per falso in bilancio. Il legame con la società di Paradiso? Un accordo di compravendita secondo il quale la Wip Finance avrebbe dovuto acquistare il 75% della società che controlla Visibilia – grazie a 2,7 milioni messi sul tavolo da clienti anonimi – è saltato all’ultimo, dopo che sempre Zeno ha sollecitato l’intervento dell’Autorità di vigilanza sui mercati finanziari. E proprio la Finma a metà marzo ha di fatto commissariato la società, nominando un avvocato per indagare negli affari della fiduciaria, vietandole di accettare nuovi fondi e bloccandone i valori patrimoniali.
I dettagli delle accuse come detto non sono al momento noti. Le autorità inquirenti ticinesi precisano che “gli accertamenti sono finalizzati a comprendere se sussistano i presupposti di natura penale nell’ambito di una estesa attività di raccolta e gestione di fondi (investimenti finanziari) in Svizzera e all’estero”. Sulla stampa italiana e sul ‘Cdt’ sono emerse diverse ipotesi negli ultimi mesi, in particolare sui legami di cinque società che i due arrestati amministravano dal Ticino e che sarebbero, assieme a decine di altre, collegate all’inchiesta Moby Dick: una truffa carosello sull’Iva da 1,3 miliardi, dovuta a commercio di prodotti elettronici senza che l’Iva venisse versata ma appunto occultata. Nell’enorme raggiro, anche cosche mafiose e camorristi. La maxi inchiesta ha portato agli arresti di decine di persone in diversi Paesi europei e non solo, ma i due fiduciari ticinesi non risultavano sin qui indagati, pertanto non è noto se i fermi siano da ricondurre a queste indagini oppure a quelle condotte in seguito alla segnalazione di Zeno.
Certo è che negli scorsi giorni si è proceduto a perquisizioni e sequestri di materiale, sia cartaceo sia informatico ed è altrettanto certo che la Giudice dei provvedimenti coercitivi Ursula Züblin ha già confermato le misure restrittive nei confronti dei due arrestati. Ulteriori atti istruttori verranno valutati nei prossimi giorni in base anche all’esito delle verifiche e degli accertamenti.