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Paradiso, la morte dell'operaio avrebbe potuto essere evitata

Le negligenze riscontrate dalla Suva nel cantiere dell'ex Du Lac l'8 gennaio 2021 sono state confermate dal Tribunale amministrativo federale

Polizia e soccorritori sul luogo dell’incidente mortale sul lavoro
(Rescuemedia)
23 settembre 2025
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È una morte che forse avrebbe potuto essere evitata quella del 54enne operaio, colpito e ucciso da un telaio di legno lanciato dal sesto piano, mentre stava lavorando al cantiere all’ex Hotel du Lac a Paradiso l’8 gennaio del 2021. Ne è convinto il procuratore generale sostituto Moreno Capella, che ha allestito l’atto d’accusa nei confronti di tre imputati che sono comparsi oggi in aula penale per rispondere di omicidio colposo, in subordine rispettivamente violazione delle regole dell’arte edilizia. Capella chiederà infatti la condanna nei confronti dei tre uomini alla sbarra al termine della sua requisitoria, che pronuncerà domani. Del resto, a margine del processo cominciato oggi, è emerso che la Suva è intervenuta nel cantiere il giorno dell’incidente mortale e ha accertato una serie di inadempienze e di mancato rispetto delle norme di sicurezza. Inadempienze e negligenze che sono state confermate dal Tribunale amministrativo federale (Taf), che è stato interpellato dalla nota ditta attiva nell’edilizia.

Piano di sicurezza inadeguato, per il Taf

Ai tre imputati, l’operaio 50enne, il capocantiere 54enne, e il tecnico di cantiere 58enne, che al processo hanno cercato di scaricarsi vicendevolmente le responsabilità, sono state prospettate le considerazioni scritte nella sentenza del Taf, secondo la quale, ad esempio, un semplice posto di sorveglianza, come previsto dal piano di sicurezza, era insufficiente e inadeguato per controllare il pianterreno dove arrivava il materiale dai piani superiori. A domanda specifica, il 58enne ha ribattuto che lui aveva ordinato al controllore di non trasportare materiale nelle benne nei momenti in cui avvenivano i lanci ma limitarsi a verificare il vano al livello dell’ascensore. Se avesse saputo di questa modalità di agire degli operai, sarebbe intervenuto. Sollecitati in merito, sia il 50enne che il capocantiere hanno precisato che la vittima trasportava materiale nelle benne solo quando i lanci erano interrotti. In fase d’inchiesta, tuttavia, l’imputato 50enne ha affermato il contrario, ha rilevato il procuratore. Invece il tecnico di cantiere, difeso dall’avvocato Goran Mazzucchelli, ha confermato di aver elaborato il piano di sicurezza che in seguito ha discusso con il capocantiere. Sempre il tecnico ha ribadito di aver designato almeno due operai per la funzione di controllo del vano.

‘Non credo che il 50enne non fosse istruito’

La presenza di amianto nella vecchia struttura ha impedito di fare buchi nei muri e di scegliere un altro modo per evacuare il materiale. Era impossibile aprire varchi, ha spiegato il tecnico, rimaneva solo la parete ovest che era completamente chiusa: ecco perché è stato scelto il vano lift per sgomberare mobilio e altro. Come mai il 50enne non ha ricevuto alcuna istruzione? Ha chiesto il suo avvocato Niccolò Giovanettina. Il 58enne ha risposto che spettava al capocantiere il compito di spiegare e di informare gli operai, visto che lui non poteva essere presente tutti i giorni sul cantiere. Però, il tecnico non crede che il 50enne non sia stato istruito e ha contestato le dichiarazioni dell’imputato più giovane. Il 58enne è sicuro che il 50enne sia stato informato, altrimenti non avrebbe potuto lavorare. Allo stesso modo, non è nemmeno vero che non ci fosse un controllore designato come ha dichiarato il capocantiere a verbale. Tutti avrebbero dovuto indossare il caschetto per garantire la sicurezza sul lavoro, ha rilevato il 58enne. Se il tecnico fosse stato informato dell’assenza dei parapetti al sesto piano, sarebbe intervenuto a imporre il loro utilizzo. Dal canto suo il capocantiere, che è difeso dall’avvocato Andrea Gamba, ha affermato di non aver visto se erano usati, era convinto che fossero stati montati.

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