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Operaio morto nel cantiere, chieste tre condanne

Ripreso il processo. Parola al procuratore Moreno Capella secondo cui c'è un nesso di causalità tra l'agire degli imputati e l'evento nefasto di Paradiso

L’ingresso dell’edificio teatro del cantiere
(Rescue Media)
24 settembre 2025
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C’è un chiaro nesso di causalità diretta tra il comportamento degli imputati che sono stati negligenti e l'evento nefasto della morte dell’operaio nel cantiere dell’ex Du Lac a Paradiso nel 2021. Non ha dubbi il procuratore generale sostituto Moreno Capella. Al termine della sua requisitoria ha chiesto la condanna dei tre imputati per omicidio colposo, in subordine o in alternativa violazione delle regole dell’arte edilizia. Pertanto, l’operaio 50enne, che ha disatteso la procedura di lancio del materiale nel vano lift, merita una condanna a 8 mesi di prigione, sospesi con la condizionale per due anni. La medesima richiesta di pena è stata formulata dal procuratore nei confronti del capocantiere 54enne. Per il 58enne tecnico di cantiere, invece, quale quadro intermedio, Capella ha chiesto dieci mesi di reclusione, sospesi con la condizionale per due anni.

Imprevidenza colpevole

La colpa dei tre imputati è stata considerata grave dal procuratore, che ha rilevato una serie di omissioni da parte del tecnico e capocantiere per l’assenza di accorgimenti e sorveglianza delle misure di sicurezza. Il 54enne ha cercato di attenuare le sue responsabilità e quelle del suo superiore, ha messo in evidenza Capella, ma le sue dichiarazioni sono state smentite dai lavoratori del cantiere, in merito alle misure di sicurezza e alla procedura di lancio del materiale. Il procuratore ha sostenuto che il capocantiere abbia agito in modo approssimativo violando le norme e venendo meno ai suoi doveri di responsabile di sicurezza, per cui non poteva escludere che un incidente potesse capitare. Avrebbe perlomeno dovuto suggerire e imporre dei correttivi alla procedura, ma non lo ha fatto, comportandosi in maniera negligente. Il 58enne tecnico e responsabile del piano di sicurezza per conto del datore di lavoro, dopo aver discusso con il capocantiere si è quasi disinteressato del cantiere, ha detto Capella, sottolineando che ci sono stati oltre tremila lanci per diverse tonnellate di materiale. Ma il tecnico non ha verificato l’applicazione delle misure di sicurezza pianificate. Inoltre, secondo Capella, la posa di una porta al vano lift al pianterreno avrebbe impedito al controllore di essere colpito alla testa dall’anta gettata dal sesto piano. Il tecnico ha pertanto violato i suoi doveri e le prescrizioni legali in materia di sicurezza.

Zona di pericolo non definita con precisione

Il procuratore ha rievocato quel giorno nefasto: «Siamo al secondo giorno lavorativo dopo le vacanze natalizie del 2021, gli addetti lavorano allo smaltimento e all’eliminazione del materiale di scarto attraverso il vano lift, dal sesto piano al pianterreno, dove operava l'operaio controllore dei lanci che era pure addetto allo svuotamento del materiale e del suo trasporto verso le benne». Capella si è detto convinto che le due inchieste, quella di polizia e quella della Suva «abbiano evidenziato una serie di carenze in materia di sicurezza del cantiere, tutti sintomi di un sistema di sicurezza implementato senza la necessaria accuratezza». Il procuratore ha citato l’assenza di qualsiasi parapetto e misure di protezione al pianterreno e al sesto piano, sebbene questi elementi siano stati indicati dal tecnico. La porta del lift è stata tolta al pianterreno, per cui il materiale gettato al pianterreno usciva dal vano, come successo con l'anta che ha colpito mortalmente la testa dell'operaio, ha rilevato il pp, che ha sottolineato come non sia stata definita con precisione alcuna zona di pericolo, così come l’accesso del lift non era stato bloccato.

Carente la sicurezza e la procedura di lancio

Oltre a queste circostanze, ha aggiunto Capella, le indagini hanno accertato che la procedura di lancio doppia richiesta di autorizzazione a voce da sopra e via libera da sotto, non è stata oggetto di nessuna verifica empirica seria e nemmeno di una precisa istruzione ai lavoratori. Non emerge dagli atti che gli operai siano stati debitamente istruiti dal tecnico o dal capocantiere, hanno operato sulla base di indicazione generiche, vaghe. La comunicazione per la procedura di lancio di materiale tra lanciatore e controllore attraverso il vano lift, anche con la distanza di 18 metri (sei piani, ndr) avrebbe potuto esser messa a repentaglio durante i lavori rumorosi del cantiere. Forse non era la regola di tutti i giorni, ma questo aspetto non poteva non essere considerato. Inoltre, l’inchiesta ha accertato che in almeno due circostanze i lavoratori hanno operato senza il casco. Capella ha messo in evidenza come la perizia privata prodotta dal legale del tecnico abbia sorvolato su alcuni dettagli, in particolare in merito a quanto ha scritto la sentenza del Tribunale amministrativo federale (Taf), che ha giudicato inadeguate e insufficienti le misure di sicurezza per l’evacuazione del materiale.

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