Per la quinta volta, la prima fu nel 1939, verrà riproposto lo spettacolo che celebra il passato del cantone. In programma a Lugano il 12 ottobre
«Accattivante, bello, molto colorato». E con diverse novità. Riassume così Marilena Barray, dei Canterini di Lugano, la quinta versione dello spettacolo ‘Sacra Terra del Ticino’, che andrà in scena alle 16.30 del 12 ottobre al Palazzo dei congressi. Un omaggio, attraverso le canzoni popolari, al passato del cantone, andato in scena per la prima volta oltre ottant’anni fa.
«Era il 1939, in occasione delle Giornate ticinesi dell’Esposizione universale di Zurigo – ricorda Domenico Prandi –. Allora, spiravano già venti di guerra in Europa, c’era la volontà di cementare lo spirito patriottico svizzero e fu uno spettacolo grandioso». Le versioni successive (a Lugano nel 1980, a Mendrisio nel 2009, e di nuovo a Lugano e Zurigo nel 2015) sono state poi ritoccate, più ridotte nelle dimensioni, e anche quest’anno ci sono delle novità. Ad esempio, ci saranno più canzoni e più gruppi musicali coinvolti. Cinque in totale: i citati Canterini di Lugano, i Vus da Canöbia, i Piccoli Cantori di Pura, la Filarmonica di Agno e il Gruppo Mandolinistico di Gandria.
«In parte è un ritorno alle origini – spiega il maestro Alessandro Benazzo, al quale è affidata la direzione artistica –. Ad esempio, sappiamo che già nel 1939 aveva partecipato un gruppo di mandolini, ma non sappiamo di preciso in quali tratti. Eppure si tratta di un elemento importante della tradizione musicale ticinese, per questo siamo contenti di questa novità». I centocinquanta esecutori interpreteranno i cinque capitoli nei quali è divisa l’opera, musicata da Giovan Battista Mantegazzi su testi di Guido Calgari, e saranno accompagnati in scena – altra novità – da comparse in costume, «un elemento che aiuterà a conferire uno spirito tradizionale e locale» all’evento, aggiunge Barray.
‘Sacra Terra del Ticino’ «potrebbe sembrare démodé, nostalgica. Noi lo riproponiamo perché ci riporta a un Ticino più familiare, ci ricorda la nostra storia, chi siamo e da dove veniamo – osserva Prandi –. È un bel momento di meditazione e confronto fra tempo di allora e odierno, utile per le nuove generazioni ma non solo». «Ed è un evento che dà l’occasione di mantenere vive le nostre tradizioni, da un punto di vista musicale e non solo» gli fa eco Michele Alippi, del comitato organizzatore. E non è detto che, dopo questa rappresentazione ticinese, l’opera non venga riproposta anche in altre città svizzere. «L’edizione attuale – svela Benazzo – è stata ideata e preparata in modo da essere facilmente replicabile in diversi contesti. Ci piacerebbe portarla anche nel resto della Svizzera, magari a Berna che è la capitale e ha un valore simbolico particolare».