Emergono gli aspetti principali dell’accordo tra Municipio di Lugano e associazione Alba. Tra questi, anche la disponibilità a discutere di nuovi spazi
Un risarcimento agli autonomi, ma anche l’accenno a proseguire il dialogo per nuovi spazi, dopo che la storica sede del Centro sociale occupato autogestito (Csoa) Il Molino è stata abbattuta tra le polemiche nel maggio del 2021. Dopo che è stata data la notizia della decisione del procuratore generale Andrea Pagani di dissequestrare le macerie dell’ex Macello, ne ha riferito ieri il ‘Cdt’, emergono ora gli aspetti più rilevanti dell’accordo tra le parti – Municipio e associazione Alba, in rappresentanza dell’autogestione –, all’origine del dissequestro ordinato dal pg.
Da noi interpellato, Pagani spiega: «Dato che l’associazione Alba ha ritirato la querela per l’ipotizzato reato di danneggiamento, reato perseguibile a querela di parte, è venuta meno la necessità di mantenere in essere il provvedimento coercitivo del sequestro delle macerie, come previsto dall’articolo 267 capoverso 1 del Codice di procedura penale». Capoverso 1 secondo il quale “se il motivo del sequestro viene meno, il pubblico ministero o il giudice dispone il dissequestro e restituisce gli oggetti o i valori patrimoniali agli aventi diritto”. Aggiunge il pg: «Rimangono invece sul tavolo i reati perseguibili d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta relativa all’abbattimento dell’ex Macello».
Stando a nostre informazioni, gli avvocati delle due parti – Elio Brunetti per l’Esecutivo e Costantino Castelli per Alba – hanno sottoscritto una clausola di confidenzialità, sembrerebbe voluta dal Municipio, in vigore, pare, fino a metà novembre. Ben oltre la crescita in giudicato della decisione presa da Pagani sulle macerie. In ballo, infatti, sembrerebbe esserci la variante di Piano regolatore approvata a inizio luglio dal Consiglio comunale (Cc) e sulla quale c’è ancora tempo per inoltrare ricorso. Ma ci torneremo. Di stretta attualità oggi è l’accordo sul ritiro delle querele di parte, contro ignoti e contro la capodicastero Sicurezza e spazi urbani Karin Valenzano Rossi, presentate dall’associazione nel 2021 per danneggiamento e altri reati.
Pomo della discordia sono i numerosi oggetti di appartenenza dei molinari rimasti vittima delle ruspe. Come parte dell’accordo, sempre stando a nostre informazioni, in cambio del ritiro delle denunce l’associazione avrebbe ottenuto il pagamento di un importo, stimato in oltre 30’000 franchi. Una cifra inferiore rispetto alle pretese, ma ritenuta evidentemente congrua dalle parti. Ma non solo. Tra le clausole dell’accordo ci sarebbe anche un punto politicamente significativo. La disponibilità a concedere all’associazione degli spazi per le proprie attività a titolo gratuito per un periodo limitato di tempo, invece del pagamento di denaro. Nulla di vincolante, in quanto oltretutto per poi arrivarci servirebbe un ulteriore accordo a parte.
L’intesa prevede che il Municipio possa discutere di quest’opzione ed eventualmente arrivare con una proposta entro novembre. Niente di concreto quindi, e vista la scarsità di spazi in città è facile che alla fine a spuntarla sia la somma di denaro concordata, ma è pur sempre una mano tesa alla controparte in un contesto di lunga contrapposizione. Certo, non propriamente disinteressata. A spingere dietro al Municipio c’è un attore importante: l’Università della Svizzera italiana. L’Usi gestirà infatti lo stabile residenziale del Campus Matrix, il progetto di riqualifica del comparto dell’ex Macello votato nel lontano 2018 e che non prevede il coinvolgimento dell’autogestione, e che è un po’ la madre delle polemiche sul tema nell’ultimo decennio. Tuttavia, visti i ritardi accumulati negli anni in primis a causa del controverso abbattimento e delle sue conseguenze legali, il progetto di riqualifica rischia non solo di invecchiare da un punto di vista architettonico ma anche e soprattutto di costare parecchio di più rispetto ai 26,5 milioni di franchi. Aspetti sottolineati dal Cc a inizio luglio e dal sindaco stesso, che nel suo intervento aveva dichiarato che la Città stava già discutendo del diritto di superficie con la Fondazione dell’Usi, ma che l’iter era bloccato e non si poteva procedere fintanto che le macerie non sarebbero state dissequestrate. Ora, grazie al ritiro delle denunce, il pg ha potuto dunque autorizzare il dissequestro.
A quasi un lustro dai fatti, in riva al Cassarate finalmente qualcosa si smuove dunque. Al momento solo dal côté civile, ma mancherebbe poco anche per quanto riguarda l’inchiesta principale: quella penale. Ricordiamo, nel giugno del 2021 i Verdi hanno sporto una denuncia che ha portato all’apertura di un’inchiesta per abuso di autorità, violazione delle regole dell’arte edilizia e infrazione alla Legge federale sull’ambiente e danneggiamento. Indagini condotte piuttosto velocemente dal pg Pagani, che entro fine anno ha emanato un decreto di abbandono. L’associazione Alba – firmataria a inizio anni Duemila della convenzione con Città e Cantone che ha ufficializzato l’insediamento del Csoa all’ex Macello – ha tuttavia ricorso e a metà 2023 la Corte dei reclami penali le ha dato ragione, ritenendo lacunosa la prima inchiesta.
Pagani ha dunque riaperto l’incarto conducendo stavolta indagini a tappeto, con numerosi interrogatori e assunzioni di prove. Fra questi, anche il consigliere di Stato Norman Gobbi, sentito come persona informata sui fatti. L’ultima persona interrogata, stando a nostre informazioni, sarebbe stata sentita la scorsa estate su richiesta dell’avvocata Maria Galliani, patrocinatrice del vicecomandante della Polizia cantonale Lorenzo Hutter. Quest’ultimo risulta tuttora formalmente indagato, come pure Valenzano Rossi, in seguito alla denuncia sporta a suo nome da Castelli, ma ormai solo per i reati perseguibili d’ufficio. Una decisione del pg è attesa dunque in tempi relativamente brevi. Quale che sia, sono già emersi nel corso degli ultimi anni alcuni aspetti che hanno contribuito a rendere ancor più controversa la demolizione. A cominciare dalla questione tetto: per mesi le autorità hanno detto che si è deciso di procedere con le ruspe per una questione di sicurezza, dato che il tetto dello stabile sarebbe stato pericolante. In realtà, durante le indagini bis, sarebbe emerso che il tetto dell’edificio utilizzato dal centro sociale sarebbe stato oggetto di lavori e che a essere stato pericolante sarebbe stato un altro tetto. Altro punto controverso, con la versione fornita pubblicamente dalle autorità che si sarebbe rivelata essere poi diversa dalla realtà dei fatti, è la pianificazione dell’operazione Papi, nome in codice dell’abbattimento. Anche in questo caso, diverse volte è stato detto che la decisione di demolire sarebbe stata presa in urgenza. Tuttavia, la demolizione sarebbe stata preparata almeno tre mesi prima, come uno degli scenari possibili, prevedendo anche di contattare in maniera discreta imprese edili private.
Nell’attesa delle conclusioni del pg, il Municipio potrà ora – ricorsi permettendo – dar finalmente seguito allo spostamento delle macerie. In queste sono stati rinvenuti amianto e idrocarburi policiclici, non tali fortunatamente da pregiudicare la salute della cittadinanza ma a sufficienza da richiedere uno smaltimento speciale. Di che tipo, lo spiegherà il Municipio nel messaggio che dovrà preparare e che conterà anche i costi della rimozione: certamente alcune centinaia di migliaia di franchi.