La Città presenta Preventivo 2026 (disavanzo: 4,2 milioni) e Piano finanziario 2026-33, con dismissioni da 306 milioni. La Sinistra: ‘Inaccettabile’

«La nostra dignità è stata calpestata da un Consiglio di Stato (CdS) probabilmente nel panico, che non rispetta l’autonomia dei Comuni e dei cittadini dei Comuni». È un Michele Foletti «arrabbiato» quello che ha aperto la conferenza stampa di presentazione del Preventivo 2026 e del Piano finanziario 2026-33 della Città di Lugano. Nel mirino del sindaco, il Cantone, reo di aver ulteriormente aumentato la partecipazione degli enti locali alle finanze cantonali.
La posizione fortemente critica di Lugano nei confronti della perequazione intercomunale non è nuova. Già nel 2023 sia il Municipio sia il Consiglio comunale (Cc) hanno evidenziato il record raggiunto di contributi che partono dal Ceresio. Allora erano 108 milioni, due anni dopo siamo a 129. Se ci aggiungiamo i contributi fissi ma di respiro locale, si arriva al 41,5% del totale della gestione corrente delle cosiddette spese di trasferimento: quasi 210 milioni di franchi su circa 500 di spese totali previste nel 2026. Oltre 5,5 milioni in più rispetto al Preventivo 2025: dai contributi al Cantone per oneri Avs, e Ai e altri ambiti sociali (+3,8 milioni) al finanziamento delle case per anziani (+2,2 milioni), dalle attività di sostegno alle famiglie (+1,4 milioni) a quelle per la comunità tariffale (+1,2 milioni), dai contributi di livellamento (+1,2 milioni) a quelli alle associazioni sportive (+0,7 milioni). Viceversa, diminuiscono i contributi Spitex (-1,6 milioni), quelli per i trasporti (-0,6 milioni) e quelli dovuti alle misure di risanamento (-2,3 milioni).
Il bilancio globale, è dunque sfavorevole per il Comune. «Chiaramente non è un problema solo per Lugano – osserva il sindaco –. Ma questo non è il modo di fare. Il Cantone non può venire a rapinarci e alla fine guadagnarci solo lui. In Svizzera i tre livelli istituzionali hanno pari dignità e la nostra è stata calpestata. Siedo in Municipio dal 2013 e una situazione così scorretta non l’ho mai vista. Generalmente, a inizio settembre nell’ambito della piattaforma Cantone-Comuni si preannunciano le novità che toccheranno i Comuni dovute al Preventivo cantonale. Quest’anno non è stato fatto, ma le abbiamo apprese da una letterina ricevuta il 2 ottobre. Sono aumentati i costi di partecipazione alle spese sociali, col tetto massimo del gettito fiscale passato dal 9 al 10,2%, come quelli del trasporto pubblico regionale. La situazione è dirompente, perché nei prossimi anni bisognerà inserire anche l’impatto delle iniziative popolari approvate il 28 settembre scorso (le due cantonali sulle casse malati e quella federale sul valore locativo, ndr). In queste condizioni diventa difficile portare documenti seri al Cc e ai cittadini. Qualcosa a livello istituzionale si sta rompendo». Conseguenza? «Lugano non ha sottoscritto, e non intende farlo, la dichiarazione di intenti sottoposta dal Cantone ai Comuni a inizio settembre nei rapporti fra i due livelli istituzionali. Ci sentiamo presi in giro».
Dopo essersi accodato alle dichiarazioni del sindaco, il capodicastero Finanze Marco Chiesa è passato a presentare il Preventivo. A cominciare dal disavanzo d’esercizio, poco sopra ai 4,2 milioni. Un netto miglioramento rispetto ai quasi 24 milioni di rosso del Preventivo 2025. «Prima della lettera del Cantone, era previsto un altro risultato, migliore – ribadisce il municipale –. È stato fatto un forte lavoro sulle spese e sui ricavi, lavorando su quel 50% circa di gestione corrente sul quale c’è autonomia, e abbiamo avuto anche una bella sorpresa». Il riferimento è proprio ai ricavi: il settore del trading pare che stia andando particolarmente bene e si sono registrate sopravvenienze fiscali straordinarie «che dovrebbero però rientrare nella normalità». Un risultato ottenuto anche grazie alla riduzione (-31, riportando il totale di dipendenti comunali a 1’550) di unità lavorative, pur senza licenziare. Nettamente migliorato, ma ancora basso per un Comune, il grado di autofinanziamento: dallo 0,2% all’8,2%.
Ma il 2026 è l’anno del boom degli investimenti. Tutto previsto: dei 262 milioni totali, oltre 200 – tra Arena sportiva, Palazzetto dello sport, Maglio e Cornaredo Sud –, sono dovuti al Polo sportivo e degli eventi (Pse). Conseguenza di questa forte crescita è, ma anche qui si sapeva, l’adeguamento del moltiplicatore d’imposta di 3 punti percentuali: si andrà all’80% per le persone fisiche e all’85% per quelle giuridiche. «Sfido chiunque a dire che siamo in crisi, continueremo a investire e a rinnovarci» sostiene Chiesa. Tuttavia, Pse escluso, gli investimenti sono effettivamente in calo rispetto alla media degli anni precedenti e così sarà sulla carta anche per gli anni a venire. Questo emerge dal Piano finanziario 2026-33. Stranamente lungo, di solito sono quadriennali. «Sì, è più esteso perché ci aspettano sfide impegnative e per affrontarle saranno necessarie due legislature, i primi risultati li vedremo dal 2029», spiega Chiesa. E proprio nel 2029-30 effettivamente è previsto il picco del debito pubblico: circa 1’350 milioni di franchi, ovvero il 279% dei ricavi.
«Se lasciassimo correre senza intervenire, avremmo più di 1,5 miliardi di debito nel 2033 – ancora il municipale democentrista –, ma i debiti fanno le gambe corte». Aumentano gli interessi da pagare ed espongono la Città a un rischio di svalutazione da parte di Moody’s. Agenzia di rating che, precisa il direttore della Divisione finanze Giacomo Orlandi, «ha un occhio vigile sui conti del Comune (e proprio domani dovrebbe dare il proprio parere sul Piano finanziario, ndr), ma non ci detta la linea». Si tratta dunque di una scelta politica: «Non vogliamo una Città che investe, indebitandosi. Fuori dalla Svizzera, ci sono istituzioni talmente indebitate che sono in crisi. Non vogliamo che le conseguenze delle nostre scelte siano pagate dalle prossime generazioni. Stiamo allestendo una politica lungimirante. Spazi per maquillage non ce ne sono più, la Città va riformata per essere più efficace ed efficiente. Va ripensata l’organizzazione dei servizi, per garantire la medesima qualità allo stesso costo. Pensando anche a una nuova forma dei dicasteri».
Scopo del Piano è dunque ridurre il debito, e contenere la gestione corrente. Se per quest’ultima si prevedono risparmi di 13,8 milioni, a fronte dei 10 chiesti dal Cc e ipotizzati dal Municipio – e che diventeranno 22,9 dal 2027 –, a fare la parte del leone nella manovra sono le dismissioni: in totale si prevede di ricavare 306 milioni. «Sono dei beni che si intende rivalorizzare – valuta Chiesa –. Non vogliamo vendere per far cassa nella gestione corrente, il patrimonio della Città rimane intatto: vendiamo beni per investire in altri beni. E sono delle scelte fatte in modo tale da non far rinunciare nulla ai cittadini». Una ventina in totale, tra i quali spiccano nei sei che da soli costituiscono circa 280 milioni di incassi: la Casinò Lugano Sa (9,7 milioni), l’ex casa per anziani Castagneto di Castagnola (14,2 milioni), il sedime dell’Usi (96,6 milioni), un comparto di via al Chioso (16,1 milioni), il palazzo ex Dogane di via della Posta (48,4 milioni), la partecipazione in Alpiq Sa (104,4 milioni). «Non saranno più questi beni qui a costituire il patrimonio della Città, ma altri come ad esempio la Città della Musica di Besso o la sede del Dsu. Abbiamo una visione chiara, e questo ci differenzia dal Cantone», chiosa Chiesa. La parola ora passa al Cc, che dovrà analizzare i due messaggi. E le discussioni non mancheranno.
O meglio, sono già iniziate. A cominciare dalle critiche sollevate dalla Sinistra. «I soli strumenti che questo Esecutivo sembra mettere in campo di fronte a una situazione finanziaria difficile sono tagli ai servizi – osserva Nina Pusterla –, blocco alla progettualità e al sostegno della crescita della Città, vendite di propri beni mascherate dall’imbarazzante quanto sbagliato termine rivalorizzazione». La capogruppo si dice preoccupata in quanto il Piano finanziario sarebbe «un atto di terrorismo psicologico che agisce oggi ma non pensa a domani».
Critiche arrivano anche da destra, ma in senso opposto. «L’Udc si oppone fermamente all’aumento di moltiplicatore del 3% – ci dice la capogruppo Raide Bassi –. Chiediamo a tutto il Municipio un maggior coraggio nel contenimento della spesa pubblica evitando di mettere ulteriormente le mani in tasca ai cittadini e alle imprese». Elogi invece al Piano finanziario: «Finalmente la Città dispone di una visione di lungo termine e di un quadro chiaro e coerente delle proprie politiche finanziarie. È un passo importante verso una pianificazione più responsabile e trasparente. Il picco d’indebitamento previsto nel 2029 desta comprensibilmente preoccupazione, ma ciò che offre fiducia è la proiezione di miglioramento entro il 2033: dopo la tempesta, il sereno». E sereno sembra anche Lukas Bernasconi, capogruppo leghista: «L’approccio di dismettere alcuni asset per garantire la sostenibilità degli investimenti futuri è condivisibile. A condizione che i proventi derivanti dalle vendite siano destinati esclusivamente agli investimenti e non impiegati nella gestione corrente».
Seppur con sfumature diverse, anche le prime impressioni del Centro sono positive. «Il deficit appare contenuto e poteva risultare ancora meglio se il Cantone non avesse riversato ulteriori oneri sui Comuni – le considerazioni di Lorenzo Beretta Piccoli –. È significativo constatare come alcune voci di spesa, tradizionalmente in costante aumento, presentino ora un segno negativo rispetto al Preventivo 2025. Non siamo evidentemente ancora là dove la Commissione della gestione auspica, ma perlomeno il trend sembra essere stato invertito». Il capogruppo centrista accoglie favorevolmente il fatto che non si prevede di alzare ulteriormente il moltiplicatore dopo il 2026 sebbene sia necessario «capire meglio l’impatto delle votazioni del 28 settembre e della prevista diminuzione degli investimenti a partire dal 2028». E le dismissioni? «Non abbiamo preclusioni di principio, ma bisognerà discuterne caso per caso».
Sono tre le aree politiche che invece per il momento preferiscono non esprimersi compiutamente. Verdi e Plr per mancanza di tempo e informazioni (i primi) e per volontà di discuterne nel partito (i secondi). Più critico il capogruppo di Avanti con Ticino&Lavoro Dario Petrini, che giudica l’Esecutivo «irrispettoso verso il Legislativo» in quanto i due messaggi municipali sarebbero stati spediti ai consiglieri comunali «appena mezz’ora prima della conferenza stampa», impedendo loro dunque di esprimersi, e sottolineando la «scarsa trasparenza e comunicazione del Municipio».
Ma sui conti non si sono espressi solo i capigruppo. Come ormai da tradizione sui grossi temi, il municipale socialista si è smarcato dal resto dell’Esecutivo. In una nota, Raoul Ghisletta definisce il Piano finanziario “ingiusto, inaccettabile e ingannevole” perché “impone misure di risanamento per 23 milioni di franchi all’anno (pari al 10% della spesa gestibile da parte della Città), che in gran parte ricadranno sulla cittadinanza”. Ghisletta sottolinea che questa è una “tendenza pericolosa a calare i tagli dall’alto” e un attacco “alla qualità di vita nei quartieri perché ci sarà un declino della progettualità”, nonché alle “realtà socialmente e culturalmente attive in città”. Inoltre, la così definita dal Municipio ‘rivalorizzazione’ sarebbe solo “la vendita dei gioielli di famiglia”, per coprire “prestiti contratti per gli investimenti recenti” come “i 240 milioni nel Pse”. Richiamando una mozione di sette anni fa del Ps, che invitava a moderare un debito che allora era la metà di quello odierno, lamenta “alcuna assunzione di responsabilità politica” sul problema del debito pubblico.