Luganese

Furti e carte di credito rubate, 55enne rischia l’espulsione

L’imputato avrebbe commesso i reati per pagare dei debiti. Arrestato l’ultima volta in seguito a minacce di morte nei confronti della moglie

Danno totale, furti compresi, di oltre 120’000 franchi
(Ti-Press/Archivio)
10 novembre 2025
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Rubava carte di credito e di debito dalle bucalettere di abitazioni, per prelevare denaro o effettuare acquisti. Inoltre, ha commesso una quarantina di furti a danno di privati o negozi. Il danno economico totale, fra i due reati, sarebbe di oltre 120’000 franchi. Queste, in estrema sintesi, le accuse nei confronti di un 55enne kosovaro domiciliato a Lugano e comparso oggi alle Assise criminali. Lunga la lista delle ipotesi di reato: abuso per un impianto per l’elaborazione di dati aggravato, furto aggravato, truffa aggravata, minaccia, ripetuta violazione di segreti privati, ripetuto danneggiamento, ripetuta violazione di domicilio, ripetuta guida senza autorizzazione, contravvenzione alla Legge federale sul trasporto di viaggiatori.

Profondo disagio sociale

Il contesto è quello di un profondo disagio sociale. Incarcerato a inizio anni Novanta a causa del suo impegno nell’indipendentismo kosovaro, fugge e arriva in Ticino nel 1993. Ottiene lo status di rifugiato politico nel 1998 con lo scoppio della guerra del Kosovo, effettua una serie di lavori: dal cameriere al muratore. Tuttavia, come sottolineato dal procuratore pubblico Claudio Luraschi, l’ultimo impiego risale al 2010: da allora, a causa di un incidente su un cantiere, ha vissuto dapprima di assistenza sociale e poi dell’assicurazione invalidità. Ai problemi finanziari, si aggiungono quelli di salute: inizia a soffrire di depressione, subisce numerosi ricoveri e tenta più volte il suicidio.

È nel 2020 che inizia a delinquere, utilizzando il maltolto per restituire un debito che ammontava ad alcune decine di migliaia di franchi. Soldi ricevuti da suoi connazionali, «persone poco raccomandabili che esercitavano su di lui una forte pressione intimidatoria» ha detto il suo difensore, l’avvocato Loris Giudici. Il giocattolo si rompe a fine 2021, quando una società si accorge di transazioni sospette tramite una Visa e contatta la Procura. Il 55enne trascorre due mesi in carcere nel 2022. Viene rilasciato, ma nel 2024 ci ricasca. Inizia infatti a giocare d’azzardo, a Campione d’Italia e a Como, s’indebita nuovamente e ricomincia a delinquere.

Nel frattempo, la moglie chiede la separazione e poche settimane dopo, siamo al maggio di quest’anno, l’imputato ha un’esplosione di rabbia: la minaccia («ti picchio», «ti ammazzo»), obbligandola a rinchiudersi in bagno. Mentre lei chiama la polizia, lui inizia a brandire un coltello da cucina, che fortunatamente non arriverà a usare, e a picchiare sulla porta. Proprio a causa di quest’episodio viene arrestato di nuovo e da allora si trova in regime di carcerazione di sicurezza alla Stampa. «Non volevo farle male, ma solo spaventarla», si è giustificato incalzato dal presidente della Corte Curzio Guscetti (affiancato dalle giudici a latere Renata Loss Campana e Giovanna Canepa Meuli).

Più credibile lui o le vittime?

In seguito al secondo arresto emergono ulteriori fatti, precedenti al primo fermo. Ad esempio, la sospetta truffa nei confronti di una donna del Locarnese, conosciuta alla Clinica psichiatrica cantonale di Mendrisio. L’accusato l’avrebbe convinta, talvolta addirittura accompagnandola, a prelevare e a dargli oltre 11’000 franchi, approfittandosi del suo labile stato mentale. Sempre a Mendrisio ha poi conosciuto un’altra vittima. Si tratta di un uomo al quale, secondo l’accusa, avrebbe sottratto oltre 14’000 franchi – tutti i suoi risparmi – utilizzandone illecitamente la Maestro. Soldi che, secondo la difesa, il 55enne avrebbe invece ricevuto in cambio di prestazioni sessuali, consensualmente. E proprio questi due casi sono le principali contestazioni, sebbene entrambe le vittime si siano costituite accusatrici private, per il resto l’imputato è praticamente reo confesso.

Luraschi e Giudici hanno insistito prevalentemente sulla credibilità o meno dell’imputato – le cui versioni non sono ritenute lineari dal pp – e dei due accusatori contestati. «Proprio nei loro confronti la colpa è particolarmente grave – per Luraschi –, ma lo è in generale: ha commesso decine di danni patrimoniali in periodi brevi e ravvicinati, si configura l’aggravante del mestiere. Ha agito così nonostante l’ingente aiuto sociale statale ricevuto negli anni». «Non lo ha fatto per vivere al di sopra delle proprie possibilità – la replica dell’avvocato –, ma per ripagare i debiti. Non è un mago del crimine né un criminale senza scrupoli, ma una persona fragile, come attestano i numerosi ricoveri».

Il nodo dell’espulsione

E proprio la lieve scemata imputabilità constatata dalla perizia psichiatrica condotta in carcere è fra le poche attenuanti riconosciute dall’accusa. Perizia secondo la quale soffre di disturbi di personalità misti e avrebbe un rischio di recidiva elevato, parlando di violenza nei confronti della moglie. Pertanto Luraschi ha chiesto alla Corte una pena di ventun mesi sostituita da un trattamento terapeutico stazionario in una struttura chiusa, oltre all’espulsione per sei anni. Per la difesa la pena non deve superare l’anno e il trattamento andrebbe condotto in un istituto a regime aperto, mentre andrebbe considerato il caso di rigore sull’espulsione. «Lo status di rifugiato politico è anacronistico per una persona di etnia albanese, oggi, in Kosovo – ha sottolineato Luraschi – e la sua paura di ritorsioni da parte del Partito democratico del Kosovo (il 55enne sarebbe riconducibile alla Lega democratica del Kosovo, i due principali partiti di destra del Paese sono rivali, ndr) appare infondata. Inoltre, è in corso la separazione e la moglie ha ottenuto la custodia della figlia». «Il rapporto con la figlia verrebbe però pregiudicato se venisse espulso – la replica di Giudici – e verrebbe privato delle cure di cui necessita. Conseguenze sproporzionate per un uomo fragile e malato». Domani la sentenza.