Fondazione Diamante e promotori della petizione che ha raccolto 5'112 firme si sono incontrati. Nessun passo indietro, ma dialogo aperto col Municipio
L'Uliatt non riaprirà. La decisione presa dalla Fondazione Diamante per il ristorante che ha gestito a Chiasso per 16 anni, e che ha cessato l'attività prima delle feste di Natale, “è definitiva”. La Fondazione non ha quindi fatto un passo indietro nonostante le 5'112 firme raccolte da una petizione. Spazi e risorse di Chiasso saranno riconvertiti verso la produzione artigianale. La decisione è stata ribadita giovedì nel corso di un incontro tra i rappresentanti della Fondazione e i promotori della petizione (lanciata da Moreno Colombo, Stefano Tonini, Daniele Raffa, Tiziana Grignola, Edo Cavadini e Luigi Rigamonti). “Il colloquio ci ha permesso da un lato di comprendere le ragioni di una scelta tanto dolorosa – sottolineano i promotori –. Dall'altro ha lasciato l'amaro in bocca per la decisione definita irrevocabile. I firmatari e tutti i clienti affezionati hanno diritto a una spiegazione, peraltro molto chiara nel comunicato stampa della Fondazione”. Resta comunque uno spiraglio aperto: la Fondazione si è infatti detta “disponibile” ad aprire un dialogo con il Municipio di Chiasso in vista di “possibili future attività volte a promuovere progetti inclusivi sul territorio”.
Come successo nell'ottobre scorso, quando ha annunciato la chiusura dell'Uliatt, la Fondazione ha “nuovamente spiegato” le sue ragioni con un comunicato stampa. Le ragioni che hanno portato alla chiusura del ristorante sono, si legge, di “natura socioeducativa”. L'Uliatt “era ubicato all’interno di una struttura socioeducativa in cui la maggior parte dei collaboratori a beneficio di una rendita AI lavora in ambito artigianale”. La necessità di garantire una ridistribuzione più equilibrata delle risorse educative disponibili “ha portato alla decisione di rinunciare all’attività di ristorazione, concentrando in futuro le attività sulle produzioni artigianali legate alla lavorazione di legno e cornici”. La Fondazione sottolinea che “l’approfondita riflessione” che ha preceduto la decisione “è volta a garantire a tutti i collaboratori presenti in struttura un adeguato accompagnamento”. In un contesto formativo-educativo “questo rappresenta un elemento determinante e indispensabile, coerente con gli scopi primari perseguiti dalla Fondazione e con il mandato assegnato dallo Stato”. Senza entrare nel merito degli aspetti socioeducativi, i promotori evidenziano che “da parte nostra resta il rammarico per la perdita di un punto di incontro tanto apprezzato da tutti, un luogo di integrazione, serenità e consapevolezza”.
La Fondazione sottolinea di “comprendere e condividere il rammarico degli affezionati avventori per la perdita di un luogo di ritrovo pubblico apprezzato”. L'Uliatt è quindi chiuso, ma presenza e impegno del laboratorio L’Idea a Chiasso sono confermati, “senza alcuna riduzione del numero di posti attribuiti”. Non vi è quindi, si sottolinea, “nessuna volontà di smantellamento della presenza della Fondazione a Chiasso (e tantomeno nel Mendrisiotto, dove negli ultimi anni la Fondazione ha investito risorse importanti nelle strutture di Riva San Vitale e di Mendrisio, entrambe rinnovate e potenziate)”. I rappresentanti della Fondazione hanno altresì ricordato ai promotori della petizione “l’importante crescita di attività e proposte” a livello cantonale. Negli ultimi 25 anni il numero di utenti e collaboratori a beneficio di una rendita AI è passato da 386 a oltre 630, accompagnati in una ventina di strutture. Una crescita possibile “grazie al dinamismo e alla capacità di adattamento, che in diverse occasioni ha richiesto di riorientare o trasferire strutture e attività”.
I promotori della petizione si definiscono “fieri di aver dimostrato la vicinanza di tanti cittadini ai ragazzi e agli educatori che con impegno e determinazione, senza mai dimenticare un sorriso, hanno tenuto in vita L’Uliatt”. Il ristorante “è svanito e non abbiamo altra possibilità se non accettare le scelte della fondazione, che privano Chiasso di un luogo irripetibile”. Resta comunque la speranza che, “grazie all’imprescindibile intervento delle autorità comunali, si possa, in collaborazione con altre associazioni presenti sul territorio, progettare un nuovo ritrovo dove l’interazione, l’inclusione, la vicinanza siano realmente fruibili da chiunque”.
Come anticipato, la Fondazione Diamante ha voluto confermare la “disponibilità a discutere e approfondire con il Municipio di Chiasso – unico legittimo partner istituzionale – possibili future attività volte a promuovere progetti inclusivi sul territorio”. Iniziative che “andranno attentamente valutate, tenendo in debita considerazione obiettivi e mandato della Fondazione, specificità ed esigenze degli utenti”, così come “i limiti operativi e finanziari” che le recenti decisioni politiche “hanno peraltro pesantemente ridotto, riducendo i margini in precedenza disponibili per avviare nuovi progetti che, per loro stessa natura, comportano anche rischi aziendali ed economici”. Da noi contattato, il sindaco di Chiasso Bruno Arrigoni «prende atto di questa possibilità. Lo spiraglio per poter fare qualcosa, magari con qualche altra associazione o fondazione già attiva sul territorio, rimane. Martedì prossimo porterò il tema in Municipio per approfondire se vi siano iniziative da portare avanti e capire come muoverci, magari creando un gruppo di lavoro dedicato».