Dopo 46 anni nella ristorazione Antonio Cavadini, dell’Osteria Luis di Seseglio, ‘spegne i fornelli’
Era il 1979 e Antonio Cavadini, 22 anni, lavorava in Posta. Nel cassetto, figlio di esercenti, aveva già un sogno, quello di aprire un ristorante. Così con la fidanzata, Yvonne, ventenne, decide di disegnare il proprio destino. A febbraio entrano all’Osteria Rinascente di Ligornetto coronando la loro unione con il matrimonio: «Non solo per la nostra età, ma i primi tre anni sono stati duri. Nei paesi era in atto una forte rivalità soprattutto fra conservatori e liberali, di cui noi eravamo la sede. Peccato che in questo comune non erano in molti… capisce dunque bene l’iniziale giro di clientela…». A 68 anni il titolare dell’Osteria Luis di Seseglio, frazione di Chiasso, è un fiume in piena. Dopo 46 anni ha deciso di ‘spegnere’ i fornelli e godersi la pensione. Non prima di aprire la porta dei ricordi che basterebbero per riempire le pagine di un libro. La passione del resto non è mai calata. Anzi è stato proprio lo stimolo nell’affrontare nuove opportunità e… tavole. Con lui, da sempre, la moglie che l’ha seguito e sostenuto per 44 anni, e che solo da due aveva deciso di ritirarsi: «È stata fondamentale, tanto che le va riconosciuto il merito del nostro successo. È stata l’artefice, anche se spesso in molti credevano, vedendomi vestito da cuoco, che fossi io a gestire il tutto, onestamente ero solo il frontman…».
Ma continuiamo il viaggio di una lunga carriera che ha curato eventi catering di livello per centinaia di persone: «Nel 1982 abbiamo ritirato l’allora La Rampa di Chiasso. Ci aiutava mia cognata e le nostre mamme ci suggerivano le ricette. Sono stati anni bellissimi, in una cittadina in fermento. Ricordo due operai delle ferrovie nel cui tavolo facevamo sedere nostro figlio ancora bambino, scherzavano misurando la luganighetta». Anche qui, però, nella ricerca di qualcosa di ancor più stimolante, la giovane coppia, fra il 1989 e il 1996, prende in gestione la Trattoria della Pace di Seseglio: «È stata la svolta, iniziando a farci conoscere e proponendo piatti per quei tempi non scontati come il maialino al forno, prendemmo anche il premio del Micio Blu del Giornale del Popolo. All’inizio guardavo alla concorrenza e vedevo il loro posteggio delle auto pieno, noi faticavamo… Piano piano, girando la voce, perché ai tempi non c’era internet, la gente ha cominciato a venire. Dal maialino siamo passati alla cazöla, poi al capretto, alla tagliata, alle fiorentine da un chilo, che in quegli anni cucinavano solo a Firenze! Ricordo che la prima l’ho servita a quattro donne di Chiasso, mi sono detto ‘se la mangiano loro sono a posto’, e così è stato».
Da allora Cavadini è diventato famoso per la carne alla griglia: «Ci hanno proposto di andare a Londra ad aprire un ristorante e in Texas per portare i nostri gnocchi fatti in casa, questo americano avrebbe messo il capitale per farci una catena, ma erano passi coraggiosi e non ce la siamo mai sentita…». Il coraggio è arrivato per un nuovo trasloco: «Mi sono imbattuto in un ristorante sfitto. Così ho chiamato il proprietario, Cesare Valsangiacomo, e ci siamo subito accordati. Era il Ronco Grande di Pedrinate dove siamo rimasti per 5 anni. Qui arrivavano grandi personaggi. Ricordo Paulo Roberto Falcao, giocatore di calcio della Roma». Non finisce qui: «Passando da Coldrerio, noto la Locanda dei Mulini chiusa, così altro colpo, altro trasloco. Una storia incredibile lunga 15 anni. Eravamo in una dozzina fra cui un paio di cuochi a cui si è affiancato come apprendista mio figlio Alan». Non vedendosi rinnovato il contratto, Cavadini nel 2014 prende una nuova palla al balzo: l’Osteria Luis, di nuovo a Seseglio, che il 24 maggio prossimo consegnerà a una nuova società: «Ho sempre avuto una passione viscerale per il mio lavoro, ma era da circa un anno che cercavo di cedere l’attività. Il nuovo gruppo terrà i nostri quattro dipendenti e dovrebbero continuare nel solco da noi tracciato, del resto abbiamo creato negli anni un gioiellino» ci parla dell’oggi Cavadini, e di quella «ventina di piatti che la nostra clientela, non solo ticinese, ma anche comasca – ovvero una quarantina di coperti quando siamo al completo – ci riconosce e apprezza». Tanto da diventare amici (basta leggere la lunga lista di commenti al post sui social dell’imminente chiusura): «Ammetto che sono stato un oste atipico, dove il cliente non aveva sempre ragione! Nel mio essere pungente e scomodo, anche fra colleghi, mi sono fatto evidentemente ‘nemici’, tanto da essere il primo espulso, dopo 33 edizioni e con il record di piatti serviti, dalla Rassegna gastronomica del Mendrisiotto… Mi dicevano che non avrei più lavorato, invece ho lavorato più di prima! Così in GastroMendrisiotto, dove sono fondatore, in GastroTicino e GastroSuisse, sempre all’opposizione, tanto che non ne sono stato più socio». Anni di cambiamenti, come della clientela: «Mi è capitato, purtroppo sempre più spesso, di prenotazioni disattese, anche di tavoli con numerose persone. C’è meno rispetto, basterebbe una telefonata… Ma sono più le soddisfazioni, quelle di aver avuto clienti storici, affezionati, che hanno apprezzato la nostra cucina, e che ci hanno seguiti nei quarant’anni. Del resto un tempo erano più alla buona, gli bastavano cinque o sei piatti. Oggi è necessario proporre un po’ di tutto. Mantengo però un primato, sono trent’anni che servo la catalana di crostacei al vapore, ne ho venduta a tonnellate! E nessuno me l’ha mai copiata…».
A fine maggio non ci sarà una festa: «Sarebbe troppo triste… incassiamo fino all’ultimo e basta» sorride ironicamente Cavadini, che in passato è stato anche avvicinato dalla politica: «Una parentesi di un anno come consigliere comunale, poi ho capito che non avrei avuto il tempo». Una storia che definisce infinita e che lo ha visto protagonista al Nebiopoli di un carro di Carnevale in una sorta di diatriba per la gestione del Palapenz: «Ho sempre investito molto nei locali. La mattina mi sono sempre svegliato contento. Del resto, tanto ho amato il lavoro e tanto non ne sono stato succube. È capitato anche di prendermi il mio tempo e di chiudere il locale per una vacanza prolungata. La fortuna, ma anche il peccato, è che non siamo stati per tutte le tasche. La nostra è stata soprattutto una clientela del ceto medio, io le patatine fritte o il cordon bleu di maiale non li ho mai fatti, diversamente abbiamo proposto prodotti di qualità e freschi».
Poi Cavadini fa un nuovo piccolo passo indietro: «Una sera tardi, al Pace, di lunedì, mia moglie era già andata a casa e si presentano quattro persone con l’autista. Volevano mangiare e gli ho servito quattro bistecche. Prima di andarsene hanno acquistato alcune bottiglie di vino. L’ho presa come un premio per la mia disponibilità. È lì che c’è stato il clic, dai set di carta ho comandato le prime tovaglie. L’osteria è diventato un bel ristorantino di campagna, e io ho cambiato vita». Molti gli chef che ha valorizzato: da Stefano Mangili a Luca Bassan e Angelo Caironi, dallo stesso figlio, Alan Cavadini, fino a Pierre Luatti: «Mi piace ricordare la frase che mi disse un critico gastronomico, ‘signor Cavadini rimanga sempre il primo della serie B’, l’ho sempre tenuta a mente. Ma mi faccia fare un appello: ho tante ricette della vera cucina nostrana, se c’è qualcuno interessato gliele passo senza problemi». E chissà cosa farà Cavadini, la mattina del 25 maggio: «C’è Cantine Aperte, andrò a fare un giro!».