Valle di Muggio, Val Mara e Val d’Intelvi hanno unito le forze nel segno di Interreg. Nei piani il recupero di sentieri e un servizio su chiamata
La sfida è di quelle stimolanti e sta tutta in un acronimo, MoSVIM. Che sciolto suona Mobilità Sostenibile della Valle Intelvi e del Mendrisiotto. Nella regione da lago (di Como) a lago (di Lugano) hanno avuto una idea: percorrere nuove vie della mobilità transfrontaliera nel nome della sostenibilità, mettendo al centro i diritti della cittadinanza. Unite le forze sotto il cappello di Interreg, Valle di Muggio, Val Mara e Val d’Intelvi hanno messo in campo un progetto, determinato a migliorare gli spostamenti e l’accessibilità alle zone periferiche e a rinsaldare i legami tra le popolazioni a cavallo della frontiera, superando le attuali lacune dell’offerta di trasporto. Gli attori istituzionali locali, sulla stessa lunghezza d’onda, hanno messo le fondamenta dell’operazione, mercoledì, a San Fedele Intelvi, in occasione della presentazione ufficiale del dossier, di cui, per il versante ticinese, sarà ente di riferimento l’Associazione dei Comuni del Generoso. Mentre al di là del confine si farà capo alla Regione Lombardia, al suo fianco l’Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste, la Comunità montana Lario Intelvese e il Comune Centro Valle Intelvi. La parola chiave, da subito, è stata pragmatismo: il processo avverrà, infatti, per gradi, di concerto tra i protagonisti sul terreno.
Fiorenzo Scettrini, coordinatore regionale dell’Associazione dei Comuni del Generoso, non nasconde la sua soddisfazione. Davanti a sé ha un preciso piano d’azione. Il tema della mobilità verrà affrontato su vari livelli, ma soprattutto si prediligerà, ci spiega, «un approccio che ha modalità e finalità differenti, così come gradi di impatto diversi. Si lavorerà a 360 gradi sul tema della mobilità, tenendo presente tanto le nostre esigenze che quelle sul versante italiano». Partito in veste formale a gennaio, il dossier conterà tre sottoprogetti. «Sul lato elvetico – illustra il coordinatore – ci siamo focalizzati su tre ambiti. L’intervento iniziale prevede il recupero di tre percorsi escursionistici transfrontalieri, con una ricaduta concreta sul territorio in chiave prevalentemente turistica. Il primo si snoda in Valle di Muggio, dall’Alpe Sella all’Alpe Squadrina; il secondo sentiero ricalca quello originario che collega Scudellate con Erbonne; mentre il terzo unisce l’agriturismo dell’Alpe Gotta, in Italia, alla Costa del Bové sopra Arogno, dove è in previsione la realizzazione di una riserva forestale. In questo modo si metteranno in rete i due versanti, valorizzando itinerari e attrattori naturalistici e turistici».
La seconda area d’azione ridarà lustro, annuncia Scettrini, al ponte pedonale che collega Scudellate a Erbonne. «Un manufatto realizzato tra il 2004 e il 2005, sempre grazie a un progetto Interreg e all’alleanza dell’Associazione dei Comuni (l’allora Regione Valle di Muggio) con la Comunità montana. Questo ponte, che ha 20 anni, viene riconosciuto come una infrastruttura di collegamento importante per la rilevanza notevole che ha per due comunità storicamente molto vicine. Sul lato svizzero ci occuperemo della progettazione, in collaborazione con la parte italiana, che a sua volta si farà carico della realizzazione vera e propria».
Infine, ci si lancerà in una nuova avventura. «L’ultima fase del progetto – ci fa notare Scettirini – andrà in un’altra direzione e si focalizzerà sull’ideazione e l’implementazione del concetto di mobilità su chiamata, con l’intento di ovviare un po’ a problematiche comuni a tutte le zone periferiche legate alla difficoltà di spostarsi. In effetti, i collegamenti con i mezzi pubblici, pur presenti che siano, spesso non coincidono con le esigenze della popolazione, soprattutto anziana. Non inventiamo nulla, la Valle Verzasca ha già sviluppato (dal 2021, ndr) un modello di trasporto personalizzato – Verzasca mobile, ndr –, che ha riscosso un buon successo nella popolazione locale, quindi l’idea c’è sembrata molto buona. Certo, si tratta di due realtà distinte, ma la nostra intenzione è studiare un concetto su chiamata complementare al trasporto pubblico, sfruttando il più possibile delle sinergie con quanto già viene organizzato nella regione. Esistono, infatti, entità che offrono servizi simili. Ciò che ci preme – ribadisce il coordinatore – è realizzare un servizio che sia il più possibile in linea con le esigenze della cittadinanza, facendo tesoro dell’esperienza verzaschese e sfruttando i punti di forza, cercando di limitare quelli che possono essere i punti deboli. E penso in particolare alla sostenibilità finanziaria dell’opera.
E sull’altro lato della frontiera? «Anche la Val d’Intelvi svilupperà un modello simile in autonomia – conferma Scettrini –. Sarà importante coordinarsi: se da un lato ci si indirizza verso la popolazione locale, dall’altro si pensa al turismo. Puntiamo infatti a una fruizione sostenibile del territorio, limitando l’utilizzo dei mezzi privati per evitare fenomeni puntuali di traffico intenso o parcheggi selvaggi».
L’ambizione è di trovare una via momò alla mobilità su chiamata. Non ci si limiterà, di fatto, a traslare semplicemente l’iniziativa dalla Verzasca alle valli del Mendrisiotto, rende attenti il coordinatore. «Partendo dal principio, si cercherà una soluzione il più possibile aderente alla nostra realtà. Dovremo riflettere bene e approfondire le potenziali sinergie con quanto già esiste, così da sviluppare un ‘prodotto’ funzionale per la regione – ribadisce –. Del resto, si sono riconosciute le potenzialità come le esigenze di lavorare sulla mobilità nelle zone periferiche, magari con approcci innovativi, uscendo un po’ dagli schemi: bus o auto».
Al di qua del confine, in ogni caso, si è ben consapevoli che ci si dovrà dare da fare a reperire i finanziamenti necessari, partendo da un budget di poco più di 190mila franchi, mentre sul lato italiano la disponibilità supera i 980mila euro. «L’incognita c’è. Ma è comunque una sfida che abbiamo voluto raccogliere, sicuri che ci sarà un bel potenziale per questo progetto. Insomma, abbiamo lanciato un sasso. Vedremo cosa riusciremo a concretizzare nei prossimi anni.
Nel frattempo, si sono effettuati i primi sopralluoghi. «L’intento – ci illustra Scettrini – è di iniziare nel corso dell’estate col porre le basi per la progettazione dei vari interventi, così da arrivare, se ci si riesce, in coincidenza con la prossima stagione autunno-inverno ad avviare alcune opere, che si spera di poter concretizzare già nel 2026. L’arco temporale a disposizione va, infatti, dal 2025 al 2027». Nel caso della mobilità su chiamata sarà prevista, annota ancora, «una fase di test di 2 anni per verificare l’efficacia del servizio, la sua utilità e soprattutto la sostenibilità finanziaria, che è un tema molto sentito. Abbiamo in programma dei workshop con le autorità e la popolazione locale proprio per capire le esigenze e quali forme sono più idonee nel nostro caso».