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‘È stato il racconto autentico di un vissuto reale’

Un figlio accusa il padre. La Corte delle Assise correzionali condanna l'uomo a 14 mesi parzialmente sospesi per atti sessuali con fanciulli

I fatti, riemersi l’anno scorso, risalgono a diversi anni fa
(archivio Ti-Press)
6 giugno 2025
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‘Vuoi un gelato?’. Una domanda forse normale posta da un padre a un figlio in tenera età. Un «ricattino», così lo ha definito diversi anni dopo la vittima, ancora oggi minorenne, che gli ha causato «un trauma». Una domanda forse innocua, si diceva, che ha portato il padre alla condanna per atti sessuali con fanciulli, atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere e pornografia. Quello esaminato dalla Corte delle Assise correzionali è stato un processo indiziario. Da una parte un padre che ha sempre respinto ogni addebito. Dall'altra il figlio che lo ha accusato di averlo costretto a praticargli del sesso orale dopo «il ricattino» del gelato. Un unico episodio avvenuto tra le mura domestiche mentre i due stavano facendo il bagno assieme. La giudice Monica Sartori-Lombardi ha ritenuto «del tutto credibile e spontaneo» il racconto «autentico e di un vissuto reale» del ragazzo e condannato il padre a 14 mesi di detenzione. La pena è stata per metà sospesa per un periodo di prova di 3 anni. Per la Corte «la prognosi non è del tutto negativa: si è trattato di un unico episodio datato nel tempo e il rischio di recidiva stabilito dalla perizia può essere attenuato con norme di condotta e la continuazione della misura terapeutica che sta già seguendo». Come stabilito da una perizia, all'uomo è stato riscontrato un disturbo della personalità sessuale. Oltre alle cure, per l'uomo sono stati stabiliti il divieto assoluto di contattare il figlio e l'interdizione a vita di effettuare attività con minorenni. La procuratrice pubblica Chiara Buzzi ha chiesto una condanna a 20 mesi, senza opporsi a una sospensione condizionale di almeno tre anni. L'avvocato Andrea Rigamonti si è invece battuto per il proscioglimento dell'uomo e la sua immediata scarcerazione.

‘Mai avuto contatti sessuali’

L'imputato ha come detto sempre negato ogni addebito. «Fino alla separazione i rapporti con mio figlio erano buoni – ha detto in aula –. Dopo ogni tanto andavo a trovarlo di nascosto a casa dei nonni. Non avrei potuto se non con dei diritti visita, ma ho deciso di non rispettarli». I due avevano anche «piacevoli» contatti telefonici. «Non ha mai manifestato problemi: una volta mi ha detto che doveva fare un percorso e, dopo averne parlato con sua madre e la terapeuta, gli ho detto che per me andava bene». L'uomo ha aggiunto di «non sapere se il percorso fosse legato a questa fantasia che gli è venuta». Rispondendo alla domanda diretta su precedenti contatti sessuali con il figlio, l'imputato ha citato unicamente l'applicazione di una crema nelle parti intime e un suo intervento a seguito di un ‘incidente’ con il costume da bagno in vacanza. Riguardo all'episodio in vasca, ha raccontato che «capitava che facessimo il bagno o la doccia assieme, ma quello che ha detto non è assolutamente vero». Dopo che il bambino gli ha posto una domanda specifica «non è più successo, a meno che non ci fosse la mamma presente, e io rimanevo all'esterno della vasca. Anche quando andavamo in piscina, c'era sempre un adulto». Perché, ha voluto sapere la giudice, il bambino si sarebbe inventato tutto? «Mio figlio ha imparato a raccontare bugie», ha risposto. Per poi aggiungere che «è un problema della mamma perché siamo in lotta dato che non ho mai versato gli alimenti».

‘Nessuna vendetta contro il padre’

Nella sua requisitoria, la procuratrice pubblica ha evidenziato che «il tempo trascorso rafforza la credibilità della vittima: un fatto coerente con lo sviluppo psicologico e psicoaffettivo del ragazzo che, all'epoca dei fatti, non poteva collocare un episodio che è comunque rimasto impresso nella sua mente in modo indelebile». Quando l'autunno scorso il ricordo è emerso «le persone che gli erano accanto gli hanno creduto e lo hanno supportato nella denuncia. Forse non ci sono tutti i dettagli, ma è normale perché è trascorso del tempo, ma non ha ingigantito l'accaduto». Il ragazzo ha infatti «sempre parlato unicamente dell'episodio riportato nell'atto d'accusa. Non ci sono astio o vendetta nei confronti del padre, che ha sempre visto prima e sentito anche se non ne era proprio felice». Per l'accusa la credibilità dell'imputato è invece «pari allo zero».

‘La restituzione della dignità’

“Tu mi credi?”. L'avvocato Sandra Xavier, si è sentita porre la domanda quando ha conosciuto il ragazzo, che si è costituito accusatore privato. «Per il mio piccolo patrocinato, l'unica vittima, oggi non è solo il giorno del giudizio, ma quello della restituzione della sua dignità». Per la legale «non c'è dubbio alcuno: l'imputato ha certamente avuto comportamenti abusanti nei confronti del figlio almeno, e sottolineo almeno, in un'occasione». Oltre a chiedere un indennizzo di cinquemila franchi per torto morale – somma che la Corte ha approvato – la patrocinatrice si è chiesta «se una pena sospesa possa davvero bastare visto che dopo mesi di carcere non ha capito nulla».

‘Siamo di fronte a un'ingiustizia’

Nella sua arringa difensiva, l'avvocato Andrea Rigamonti ha evidenziato che «raramente mi sono confrontato con un caso come questo dove l'autorità ha esercitato all'unisono una ricerca di verità, che verità non è, nei confronti di un imputato con un'inchiesta che si fonda su tre paragrafi». Per la difesa «siamo di fronte a un'ingiustizia». L'imputato, anche per sua stessa ammissione, «è un uomo difficile con cui relazionarsi è molto complicato. Ma bisogna scindere tra l'avere a che fare con una persona irascibile e il fargli fare mesi di carcere». Anche la difesa ha puntato sull'esame della credibilità, definendo quella della famiglia della vittima «con grosse ombre alla luce di un clima di forte fastidio nei confronti dell'imputato». Le dichiarazioni rilasciate sul figlio «hanno invece sempre trovato la conferma di familiari».

‘Ha agito per puro egoismo’

Il padre ha alle spalle due condanne per pornografia e molestie sessuali. «I fatti – ha aggiunto la giudice – si sono svolti nel periodo in cui l'imputato aveva un ampio consumo di pornografia. Il tentativo di addossare le responsabilità alla moglie è stato banale». La colpa dell'uomo è quindi stata «grave» sia dal punto di vista oggettivo che da quello soggettivo. «Anche se è stato un unico episodio, non ha pensato alla sofferenza di suo figlio – ha concluso Monica Sartori-Lombardi –. Ha agito per puro egoismo e per soddisfare le sue bieche pulsioni sessuali».