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Il traffico combinato viaggerà lungo la rotta di Stabio

Dal 2026 Ffs Cargo si concentra sulla direttrice fra Dietkon e il terminale, privato, del Mendrisiotto. Si tratta di un passaggio ‘fondamentale’

Il Punto Franco a Stabio: oggi i riflettori sono puntati lì
(Ti-Press/Archivio)
25 giugno 2025
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La rotta del traffico merci nord-sud farà di Stabio un nuovo polo di riferimento della rete su rotaia. Per il Sottoceneri che crede nella strada ferrata e nella necessità di continuare a trasferire camion dall’autostrada alla ferrovia questa strategia annunciata dalle Ffs potrebbe continuare ad alimentare la speranza. Soprattutto in un periodo di cattive notizie. Sarà davvero così? Prima, infatti, è arrivato l’annuncio che entro l’anno l’autostrada viaggiante di RAlpin – di cui sono azioniste pure le Ferrovie federali svizzere – finirà in soffitta, e con tre anni di anticipo sui piani. Poi Ffs Cargo un mese fa ha fatto sapere che il sistema del traffico combinato verrà riorganizzato e che i terminali di Cadenazzo e Lugano Vedeggio chiuderanno. Per il Ticino ciò si traduce in 40 posti a tempo pieno in meno e il rischio di ritrovarsi più Tir sulle strade. Chi ha fatto due conti prevede che già nel 2026 il numero di mezzi pesanti in transito attraverso le Alpi possa superare il milione. Sul fronte sindacale si parla già, prove alla mano, di smantellamento definitivo di un sistema in cui si è investito per anni.

La protesta sale dal basso

Gli scenari prospettati hanno fatto sobbalzare, non a caso, politici e Comuni del Mendrisiotto, una regione che non solo ha avuto da sempre nel settore ferroviario un importante datore di lavoro, ma che combatte ogni giorno con il traffico e le colonne di ‘bisonti’ sull’A2. Tanto che da Ustra, l’Ufficio federale delle strade, è calato il progetto, contestato e ancora sub judice, di creare un’area di sosta fra Coldrerio e Balerna. A far sentire subito la loro voce sono stati, da un lato, i rappresentanti dell’AlternativA a Mendrisio, dall’altro, i Municipi di Chiasso, Balerna, Coldrerio e Morbio Inferiore. Esecutivi che si sono rivolti direttamente al Dipartimento federale dei trasporti e al suo direttore Albert Rösti, sollecitando un intervento presso i vertici ferroviari al fine di “correggere al più presto la rotta” a fronte di “un imperdonabile e irrecuperabile errore strategico” (quello dei tagli di personale). La preoccupazione per il destino stesso di Cargo, insomma, è palpabile. E la speranza dell’area progressista è che il Distretto faccia “fronte comune”.

A contare su una mobilitazione dal basso, del resto, è pure il Sindacato del personale dei trasporti (Sev), il quale per primo ha scritto al Consiglio di Stato e si è appellato ai Municipi ticinesi proprio per riuscire a suonare un campanello d’allarme e a “bloccare questa deriva tossica per il nostro cantone”. Il governo ha reagito concedendo udienza al Sindacato - l’incontro con i consiglieri di Stato Claudio Zali e Christian Vitta è fissato per domani, giovedì -; i Comuni, ci conferma il segretario sindacale Thomas Giedemann, stanno rispondendo alla spicciolata, anche se, annota, c’è pure chi ha declinato l’invito (come Breggia, Cadempino e Taverne). Prese di posizione di cui le Ffs, come ci fa sapere il portavoce Patrick Walser, «prendono atto, informando regolarmente il Consiglio di stato e la deputazione ticinese in merito ai cambiamenti in atto presso Ffs Cargo». Di sicuro potrebbe rivelarsi strategica pure la riunione, annuale, che a breve, ci conferma il direttore del Punto Franco Roberto Sala, vedrà allo stesso tavolo i responsabili del terminale e delle Ferrovie per parlare della programmazione futura.

Solo tre parole: ‘Suisse Cargo Logistics’

La strategia delineata per Ffs Cargo, d’altro canto, è chiara e sta in tre parole ‘Suisse Cargo Logistics’, documento sul tavolo dal 2022. Quanto ai concetti chiave inseguono la riduzione dei costi – si parla di 60 milioni di franchi in meno entro il 2033 – e di un “trasporto merci redditizio”. Come dire che ciò che non lo è viene eliminato, insieme agli esuberi. Anche se le Ferrovie – che oggi a livello cantonale impiegano circa 2’200 persone – assicurano che in Ticino “non vi saranno licenziamenti”. L’aspirazione finale? “Rendere Ffs Cargo Svizzera finanziariamente autonoma”. Un obiettivo ambizioso che cambia del tutto l’approccio alla politica del traffico merci. Sullo sfondo resiste, a fatica, il patto stretto nel 1994 con il popolo grazie all’Iniziativa delle Alpi: mettere un tetto annuo di 650mila camion attraverso l’arco alpino. Traguardo mai raggiunto: nel 2024 i passaggi sono stati 960mila.Tant’è che Pro Alps di recente ha messo nero su bianco una risoluzione all’indirizzo di Berna e lanciato una petizione. La strategia futura di Ffs Cargo, in altre parole, dà da pensare, sul piano sociale e ambientale. In passato, come ricorda Giedemann, ci si è già dovuti misurare con precedenti riorganizzazioni, poche innovazioni – tra cui proprio quella rete del traffico combinato che oggi viene smagrita – e la scelta di liberalizzare alcuni traffici interni – come i treni blocco di carburante, più redditizi – e internazionali, che hanno portato le Ferrovie stesse a investire all’estero.

L’asse nord-sud interessa

A voler vedere il proverbiale bicchiere mezzo pieno, resta il fatto che la direttrice nord-sud è assai gettonata da chi sposta le merci dalle piattaforme del Nordeuropa ai porti del sud del continente. Infatti, le stesse Ffs riservano un “ruolo chiave” al Ticino. Non per nulla, si fa notare, negli ultimi cinque anni sono stati creati 260 nuovi posti di lavoro. Non solo, nel 2023 allo scalo di Chiasso si sono investiti 12 milioni di franchi negli spazi dedicati alla manutenzione delle locomotive e dei carri del traffico merci, un settore che oggi conta una cinquantina di dipendenti. Una iniezione di fiducia su cui adesso, richiama Giedemann, pesa però una incognita per il futuro. Guardando avanti si investirà poi sulle Nuove Officine ad Arbedo-Castione. Anche qui, la spesa è lievitata, a quasi 800 milioni, e gli occupati si fermeranno a 360 (oltre a 80 apprendisti), quindi meno degli attuali, trasferendo figure professionali Oltregottardo.

Proprio la formula di ‘Suisse Cargo Logistics’, che mira a far crescere la capacità di trasferire merci su rotaia, dall’anno prossimo aprirà una nuova opportunità per il Mendrisiotto legata al traffico combinato. Sarà attivato il primo collegamento in linea; una sorta di navetta alpina che potenzierà la rotta transalpina fra Dietikon (Canton Zurigo) e, come detto, il terminale di Stabio, il cosiddetto Punto Franco di proprietà della Magazzini generali (al pari di quello di Chiasso), dunque una società privata presieduta da Marina Masoni e che nel 2019 aveva promosso un progetto per il rilancio di un nuovo polo di sviluppo economico e residenziale proprio a Stabio. Se il test avrà successo, l’intenzione, come già annunciato da Ffs Cargo, è quella di traslare la stessa esperienza sull’asse est-ovest, ampliando il terminale trimodale di Basilea. Dall’osservatorio delle Ferrovie questo nuovo concetto rappresenta una “soluzione ottimale”, che verrà perfezionata a tappe, cominciando già da quest’anno. In questo modo si prevede che dal 2030 si potrà avere un 20 per cento in più di tracce per il traffico merci ed entro il 2050 sarà possibile trasportare il 60 per cento di merci in più.

I piani delle Ferrovie

Le Ferrovie puntano, quindi, su Stabio? «Nel concetto di Suisse Cargo Logistics è previsto un grande terminal nel Sottoceneri – ci confermano dalle Ffs per voce di Patrick Walser –. Nei prossimi anni continueremo a lavorare per assicurarci i terreni necessari». Cosa significa? «Lo sviluppo di un’infrastruttura terminalistica nel Sottoceneri è previsto per la Fase II del progetto. Seguirà la realizzazione dei grandi terminali della Fase I, prevista dal 2032 al 2040. L’acquisizione dei terreni per la Fase II non è ancora al centro del lavoro attuale e sarà finalizzata nel corso della Fase I. Per il nostro nuovo servizio Stabio-Dietikon, a partire da gennaio 2026, utilizzeremo quindi l’infrastruttura del terminal esistente a Stabio con l’attuale operatore».

Rispondendo a un atto parlamentare del giugno 2013 dell’allora deputata Roberta Pantani (Lega), il consiglio federale ribadiva come “i terminali per il trasporto intermodale a Stabio danno un contributo fondamentale al trasferimento del traffico merci transalpino. La Confederazione ha quindi tutto l’interesse a creare condizioni infrastrutturali tali da consentire un esercizio ragionevole del trasporto combinato a costi realistici rispetto al trasporto di merci su gomma, anche dopo la ristrutturazione della stazione di Mendrisio e la messa in funzione della Ferrovia Mendrisio-Varese (realtà dal 2014, ndr)”. E ancora: “Nel quadro di attuazione della strategia volta a incentivare il traffico merci ferroviario sull’intero territorio nazionale, quale futuro strumento di pianificazione si prevede di introdurre un piano per i relativi impianti, che dovrà essere coordinato con lo sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria”. Di che piano si tratta? «Ffs Cargo è convinta che un’infrastruttura terminalistica funzionante nel Sottoceneri sia fondamentale per il successo del passaggio alla ferrovia. Ffs Cargo coinvolgerà nei lavori di sviluppo tutte le imprese locali della regione».

In cifre come si traduce oggi l’attività delle Ferrovie a Stabio? «L’anno scorso Punto Franco ha effettuato circa 14’600 trasbordi per conto di Ffs Cargo presso il terminal di Stabio. Tuttavia, l’operatore del terminal effettua trasbordi anche per altri operatori, ma non conosciamo queste cifre».

Il terminale fa capo, però, alla Magazzini generali-Punto Franco Sa, ovvero una società privata. Vi sono accordi particolari, che cambieranno con il potenziamento della direttrice di Stabio da parte delle Ffs? «Punto Franco è un fornitore di servizi per Ffs Cargo; il rapporto commerciale è limitato all’acquisto di servizi di ‘handling’ a Stabio ed è regolato da un contratto congiunto».

Al terminale si appoggia pure Hupac; anche in questo caso vi saranno delle collaborazioni puntuali? «Il terminal di Stabio è gestito dalla società Punto Franco Magazzini Generali. Attualmente non esiste alcuna collaborazione tra Hupac e Ffs Cargo a Stabio».

‘Una politica irrispettosa del Ticino’

«Oggi da un momento all’altro si decide di chiudere, tagliare e spazzare via anni di politiche dei trasporti e competenze in nome dei costi – dice senza giri di parole Thomas Giedemann di Sev –. Trascurando il fatto che l’economia è ciclica e prima o poi tornerà a chiedere prestazioni che Ffs Cargo non riuscirà più a soddisfare. E i clienti andranno sulla strada. Come Sev non possiamo che essere contrari allo smantellamento della rete del traffico combinato. Questo sistema – ribadisce – ha senso se esiste una rete sul territorio e non se resta un’unica direttrice nord-sud, da Dietikon a Stabio, poi ha bisogno di tempo per svilupparsi. Il traffico combinato è la risposta del futuro e il modo più semplice per trasferire le merci dalla strada alla rotaia. La scelta fatta è l’ennesima prova che non vi è una visione. Possiamo capire che avere due terminali nel Sottoceneri oggi sia oneroso, ma ci risulta incomprensibile la decisione di rinunciare a Cadenazzo, aperto nel 2012 in pompa magna e cresciuto in modo esponenziale».

E non è finita qui, rende attenti il segretario sindacale. «Ffs Cargo ha un altro progetto, ribattezzato ‘Genesis’, che poggia su tre pilastri – ci spiega –. Il primo fa riferimento alle sovvenzioni votate dal parlamento federale a favore dei carri isolati – i treni merci composti da carri di diversi speditori e destinatari, ndr –; il secondo prevede di imporre prezzi maggiorati ai clienti, mettendo in conto di perderne una parte a vantaggio della strada; il terzo fa leva, ancora una volta, sulla riduzione del personale. E qui si parla di tagliare almeno 440 posti di lavoro entro il 2030 a livello svizzero in tutti i settori, anche in quello della manutenzione del materiale rotabile: a essere messe in discussione sono quindi pure le officine di Chiasso. Pertanto all’annuncio dei 40 posti tagliati, per sempre, in Ticino potrebbero seguirne di ulteriori. Ma per Ffs Cargo il personale non deve preoccuparsi: Oltralpe c’è necessità di manodopera. Insomma i ticinesi possono riprendere a emigrare, come cent’anni fa».

Il cantone, insomma, potrebbe pagare ulteriormente pegno.