Riconosciuta anche l'aggravante della banda per tre di loro. Saranno espulsi dalla Svizzera per almeno cinque anni
«Sono venuti in Svizzera per commettere delle rapine, non per fare sopralluoghi». La Corte delle Assise criminali di Mendrisio, presieduta da Amos Pagnamenta, non ha creduto alla versione fornita dai quattro imputati coinvolti – a vario titolo – in cinque episodi tra Novazzano e Balerna, tra ottobre e dicembre 2024. Due le rapine portate a termine, tre quelle fallite. Ai due principali responsabili – un 34enne e un 43enne – sono state inflitte pene di 4 anni e rispettivamente 3 anni e mezzo, più 8 anni di espulsione per entrambi. Per gli altri due imputati – una 60enne coinvolta negli ultimi due tentativi e un 31enne, l’autista dell’episodio nel quale sono stati intercettati alla dogana di Novazzano Marcetto –, il giudice ha stabilito pene sospese: 16 mesi (con sospensione di 2 anni) e 6 anni di espulsione per lei, 12 mesi sospesi e 5 anni di espulsione per lui.
Il gruppo, secondo la Corte, ha agito in maniera organizzata e reiterata, seppur in modo approssimativo. La difesa ha chiesto che alcuni episodi venissero derubricati ad atti preparatori, ma la Corte ha respinto: «Non si è trattato di sopralluoghi: oggi basta Google per vedere tutto. Già solo il fatto che si siano presentati davanti al distributore dimostra un tentativo. La chiusura del locale prova, semmai, la loro disorganizzazione». I viaggi dalla provincia di Vicenza al Ticino – ha rimarcato il giudice – erano motivati da un chiaro intento criminale. Bocciata anche la tesi dell’accordo con una presunta cassiera complice: «Nessun elemento concreto ha suffragato tale versione», che la Corte ha ritenuto «un tentativo di attenuare le responsabilità dirette degli imputati».
Gli avvocati – Riccardo Maiolo, Stefano Stillitano, Claudia Solcà e Sebastiano Paù-Lessi – hanno sostenuto che i quattro ecuadoriani residenti in Italia non fossero ben organizzati e che quindi non si potesse applicare l’aggravante della banda. Ma la Corte ha accolto la richiesta della procuratrice Veronica Lipari: «In più occasioni è emersa una divisione dei ruoli ben definita. Chi entra, chi tiene la pistola, chi sta fuori e chi si siede davanti per ingannare i funzionari di dogana, era tutto definito». Secondo la Corte, tutti sapevano come muoversi in quella zona, «che bazzicavano più di chi ci abita». Solo per l’autista dell’ultimo episodio non è stata considerata l’aggravante della banda, in quanto «non è stato possibile capire se sia stato coinvolto in altri episodi».