Alexander Muhm in Ticino per incontrare i collaboratori toccati dalle misure, rassicura. Il personale? ‘Tutto ricollocato’
La strada ferrata del traffico merci in Svizzera appare decisamente in salita. Il deficit allineato dalle Ferrovie è milionario – nel 2024 le perdite sono state conteggiate in circa 76 milioni di franchi – e rallenta la corsa della rete di trasporto. In più una concorrenza serrata (soprattutto della gomma), in crescendo dopo la liberalizzazione nel 1999, sta mettendo alle strette il sistema. Agli occhi delle Ferrovie non restava che cambiare paradigma e approccio. Una soluzione ormai obbligata per l’uomo del traffico merci delle Ffs, Alexander Muhm; il quale lo ha fatto capire a chiare lettere: «O ci si trasforma o il sistema si autodistrugge». Il Ceo di Cargo è sbarcato in Ticino lunedì con una parola chiave: «Riorientamento». Certo la transizione, che prende il ‘là’ dal traffico combinato, non sarà indolore, visto il tributo in posti di lavoro – 65 in Svizzera, 40 in Ticino entro fine anno – e la riduzione del numero dei terminali, che a sud del Gottardo tocca Cadenazzo e Lugano-Vedeggio. Muhm ne è ben consapevole. Giunto a sud per incontrare il personale toccato dalle misure di riorganizzazione e fare il punto della situazione, lo ha ribadito all’ombra della stazione di Bellinzona. Rimarcando altresì che si farà di tutto per contenere gli effetti sul piano sociale e ambientale.
Da una parte, si conferma, ci si è prodigati per trovare delle soluzioni alternative per tutto il personale e dentro i confini cantonali; dall'altra si punta a trasbordare il più possibile merci su rotaia. «Per noi è importante», dichiara Muhm. In effetti il timore, soprattutto nel Mendrisiotto, è che la chiusura dell’autostrada viaggiante tre anni prima del previsto e il nuovo modello adottato dalle Ffs – determinato a spostare tutto il traffico merci sulla direttrice nord-sud, Dietikon-Stabio – riversino in autostrada migliaia di camion in più, venendo meno al patto stipulato con il popolo. Preoccupazioni a cui darà voce questo venerdì la manifestazione indetta dal Comitato dei contrari alla ristrutturazione della rete del trasporto combinato (fronte sindacale, politica attiva, associazionismo ambientalista e autorità comunali), pronto a resistere.
Il taglio, quanto a posti di lavoro, ci sarà: in Ticino, come detto, si perderanno 40 impieghi. Nessuno però, ha tenuto a scandire lo stesso Muhm, sarà licenziato. «Due terzi di questi collaboratori – spiega Roberta Cattaneo, direttrice Ffs-Regione Sud – hanno ricevuto una proposta e l’hanno accettata. Saranno ricollocati a livello cantonale nelle Divisioni infrastruttura e viaggiatori e in alcuni casi andranno in pensione. Nelle prossime settimane, invece, ai rimanenti sarà sottoposta una offerta per il passaggio a Tilo. In alternativa, sarà data la possibilità di un impiego volontario – lo sottolineo – e temporaneo nella Svizzera tedesca o romanda, dove vi è bisogno di personale specializzato. D'altro canto, il Ticino è e rimane una regione importante per le Ferrovie, che continuano a investirvi e da Airolo a Chiasso danno lavoro a 2'200 persone». Come datore di lavoro, richiama da parte sua Muhm, «ci assumiamo le nostre responsabilità e ci atteniamo al Ccl».
Le Ferrovie, insomma, affermano di continuare a credere "fortemente" nella causa del traffico merci. Al di qua del Gottardo ci si chiede però se il nuovo sistema di Cargo avrà la capacità di tenere la clientela agganciata alla rotaia. Il Comitato contrario allo smantellamento paventa 100mila Tir in più sulle strade all'anno. «Noi ne stimiamo 70mila – precisa Muhm – e ci prefiggiamo, con l'Ufficio federale dei trasporti, di tenere sulla ferrovia almeno il 50 per cento dei clienti nel traffico combinato non accompagnato. Sia chiaro, è un rammarico assistere alla chiusura dell'autostrada viaggiante, ma non dipende da noi. Da parte nostra stiamo cercando di fare tutto il possibile per mantenere e trasferire quella mole di traffico merci su rotaia, che è la via più intelligente, senza dimenticare che ci muoviamo in un sistema obsoleto». Il responsabile di Cargo, quindi, mette sul tavolo delle garanzie. Resta da capire se basteranno a rassicurare il fronte dei contrari.
Sta di fatto che, ormai, è deciso, le merci viaggeranno sulla rotta Dietikon-Stabio, appoggiandosi al terminale privato al Punto Franco. La fase test entrerà nel vivo nel 2026. E sarà un passaggio cruciale. Se l'esperimento avrà successo, ribadisce Muhm, non solo il modello verrà ampliato al resto della Svizzera, ma l’asse nord-sud sarà destinato a diventare la via più veloce per trasferire le merci – che in Ticino, si annota, percorreranno più chilometri su rotaia – sino al confine italiano. Stabio infatti è stato scelto proprio per la sua vicinanza alla frontiera. Messo alla prova dei fatti, si capirà, dunque, se il terminal locale, così come è, è in grado di assorbire il traffico previsto – 2 treni di giorno e altrettanti di notte nelle due direzioni – e permettere lo sviluppo futuro della rete o se necessiterà di interventi infrastrutturali. Al momento, ci confermano, le trattative con la proprietà, la Società magazzini generali Sa, sono ancora in corso. A questo punto ci si proietta verso il 2040, con il traguardo, si rammenta, di fare di questa direttrice una via redditizia.
E per quanto riguarda gli altri due terminali, ‘accantonati’ dalle Ffs? «Non verranno chiusi, a differenza di quanto si sente dire – si sottolinea –. L'infrastruttura rimane delle Ferrovie, la gestione, per quanto riguarda Cadenazzo, passerà alla Posta – la trattativa si è conclusa, ndr –, che in futuro è intenzionata ad affittare il terminale e a condurlo in autonomia». Lugano-Vedeggio potrebbe poi seguire un destino simile: si attendono interessati, si lascia intendere. Quanto alle Ffs, fa presente Muhm, qualora un cliente richiedesse quelle destinazioni, su richiesta si prenderà in considerazione la cosa, «se il trasporto ha senso». Come dire che l'aspetto economico continuerà ad avere un peso importante; a maggior ragione puntando all'autosufficienza.
Alle officine di Chiasso, per contro, si potrà continuare a dormire sonni tranquilli. Di chiudere non se ne parla, chiariscono i vertici. «L'impianto di servizio, con i suoi 45 collaboratori, è un fiore all'occhiello per il Ticino e continuerà a essere il centro di competenza per locomotive e carri merci, operando per Cago e le Divisioni infrastruttura e viaggiatori. Non solo, in futuro si effettueranno ulteriori investimenti». Si parla di 6 milioni fra il 2026 e il 2031.