La maggioranza della Giustizia e diritti propone di mantenere la competenza attuale del tribunale ma con un compromesso. La minoranza per la norma vigente
“Limitazione” dei motivi di ricorso ed “eliminazione” dell’effetto sospensivo allo stesso. È la soluzione di compromesso che la maggioranza della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ propone al plenum del Gran Consiglio per mantenere l'odierna competenza del Tribunale cantonale amministrativo, che il governo vorrebbe ridimensionare, nelle contestazioni in materia di assunzioni e nomine nell’ambito del pubblico impiego. Competenza sancita dall’articolo 89 della Legge sulla procedura amministrativa. La norma vigente stabilisce al primo capoverso che: “Se il Tribunale cantonale amministrativo giudica l’assunzione o la nomina di un dipendente illegittima, esso lo accerta nella propria sentenza; di conseguenza l’assunzione o la nomina vengono annullate e gli atti sono rinviati all’autorità di nomina per una nuova decisione”. E al secondo che “Il Tribunale cantonale amministrativo non può obbligare l’autorità competente ad assumere o nominare un candidato escluso”. Nel rapporto redatto dal liberale radicale Matteo Quadranti – firmato oggi da Plr, Ps e, seppur con riserva, dalla Lega – si suggerisce l’inserimento nell’articolo 89 di due capoversi: “Il ricorso contro una decisione di assunzione o di nomina non ha effetto sospensivo” e “I motivi di ricorso sono, a titolo esaustivo, i seguenti: manifesto mancato rispetto delle condizioni formali e sostanziali del bando di concorso o estromissione del ricorrente per motivi discriminatori legati segnatamente al sesso, allo stato civile o alla sua origine”.
La disposizione attuale, segnatamente il primo capoverso, è in vigore da inizio 2021, dopo il via libera nel giugno 2020 del Gran Consiglio a un’iniziativa parlamentare depositata nel 2017 (primo firmatario l’allora deputato socialista Raoul Ghisletta, sindacalista della Vpod). Contrario il Consiglio di Stato. Il quale, nonostante il voto del legislativo, non si è arreso. Nel febbraio del 2023 è infatti tornato alla carica, chiedendo, con relativo messaggio, il ripristino della norma che c’era fino al 2020. Ovvero: “Se il Tribunale cantonale amministrativo giudica l’assunzione o la nomina di un dipendente illegittima, esso lo accerta nella propria sentenza”. Stop.
L’Esecutivo giustifica il ripescaggio della precedente disposizione con il numero esiguo di ricorsi inoltrati con la nuova norma: cinque ricorsi nel periodo 2021-2022, a fronte di centinaia di assunzioni. Cinque ricorsi, peraltro, respinti dal Tram. “L’argomento del numero ridotto di casi non era stato ritenuto significativo nella prima tornata di dibattito parlamentare (quella del giugno 2020, con il sì all'iniziativa, ndr) e non lo è nemmeno ora – scrive Quadranti –. Il numero resta ridotto sia con la vecchia che con la nuova norma”. Insomma la maggioranza commissionale ritiene che il voto parlamentare del 2020 “vada tutelato”: non sarebbero emersi elementi convincenti “tali da dover sovvertire del tutto” la disposizione in vigore dal 2021. Tuttavia si vuole tenere conto anche delle “esigenze” del governo. Da qui la soluzione di compromesso prospettata, quella cioè di “un inasprimento delle condizioni di ricorso". E quindi “eliminazione dell'effetto sospensivo al ricorso”, affinché il candidato prescelto non debba comunque aspettare “la trafila degli eventuali ricorsi per essere nominato ed entrare in carica”. E “limitazione dei motivi di ricorso, pena l’irricevibilità, che saranno dati al ricorrente solo se quest’ultimo, sulla base di indizi concreti, potrà validamente sostenere che il concorrente prescelto non rispettava manifestamente le condizioni formali e sostanziali del bando di concorso, oppure ch’egli è stato estromesso per motivi discriminatori legati segnatamente al sesso, allo stato civile o alla sua origine”. Limitando i motivi di ricorso, continua il documento stilato da Quadranti, “dovrebbe risultare più semplice e rapido ritenere un ricorso inammissibile se fosse pretestuoso”.
Per quale motivo la Lega ha sottoscritto il rapporto di maggioranza con riserva? «Ne vogliamo ancora discutere in seno al gruppo parlamentare – afferma Sabrina Aldi –. Si tratta di vedere se la soluzione di compromesso sia sufficiente alla luce dell'iniziativa popolare per la riduzione del numero di dipendenti statali».
Dalla minoranza della commissione, invece, arriva un doppio no: sia al messaggio del Consiglio di Stato, sia alla proposta di compromesso portata avanti dalla maggioranza.
Con ordine. Nel rapporto di Sara Demir (Centro) e Roberta Soldati (Udc) si fa anzitutto a pezzi la richiesta governativa di tornare allo status quo prima della modifica del 2020: “In primo luogo è importante rilevare che, per stessa ammissione del governo, le procedure di ricorso in materia di assunzioni e nomine risultano essere oltremodo limitate”, premettono. Di conseguenza, “il fatto che il numero di ricorsi sia contenuto e quand’anche in futuro non ci dovessero essere variazioni importanti, ciò non costituisce e non deve costituire un impedimento per eliminare il carattere sanzionatorio della norma e riportarlo a mero accertamento dell'illegittimità della decisione”. Sotto questo profilo, quindi, “non si ritiene che vi sia alcuna necessità né, tantomeno, urgenza di intervenire a modificare una norma che il parlamento ha deciso di adottare, sostanzialmente, all'unanimità nella scorsa legislatura”.
Il carico pesante arriva subito dopo: “La prospettiva per cui un'assunzione o una nomina ritenuta illegittima da parte di un'autorità giudiziaria possa rimanere, di fatto, valida esplicando i suoi effetti come se nulla fosse è assolutamente inaccettabile”, attaccano Demir e Soldati. Perché? Perché “oltre a privare di qualsiasi legittimità il candidato scelto, una simile eventualità è pure suscettibile di minare in maniera inaccettabile la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Ancorché al candidato selezionato in esito a una procedura irregolare possa anche non dover essere attribuita alcuna responsabilità personale diretta per l'illegittimità della sua nomina, inevitabilmente se confermato in carica, ogni sua azione o decisione rischia di finire per essere ritenuta illegittima o, comunque, poter essere rimessa in discussione”.
Demolito il messaggio del Consiglio di Stato, il rapporto Demir-Soldati va giù pesante anche col rapporto di maggioranza di Quadranti: “Al di là del fatto che una nomina illegittima deve necessariamente poter essere annullata (ci mancherebbe altro!), la scelta di privare di effetto sospensivo questo genere di ricorsi è suscettibile di permettere l'entrata in carica di un candidato prima della crescita in giudicato della decisione di nomina e, quindi, ancora nell'incertezza circa il fatto se egli disponga effettivamente dei requisiti e/o se fosse effettivamente il candidato migliore”, si legge infatti nel testo. Questo modo di procedere, altra bordata, “non è evidentemente accettabile ed è suscettibile di nuocere gravemente all'immagine dello Stato”.
Bocciatura totale anche per la limitazione delle contestazioni proponibili, perché “sarebbe suscettibile di svuotare di qualsiasi portata pratica il diritto di ricorso in materia di nomine. Un passo che, in uno Stato di diritto che si pretende evoluto come il nostro, non si giustifica in alcun modo”.