Le sfide in Ticino, e non solo, sono molteplici. Ne discutiamo con due esperti: ‘Una pianificazione coerente è essenziale per creare ambienti sostenibili’
«Una pianificazione territoriale coerente è essenziale per creare ambienti sostenibili, inclusivi e resilienti, capaci di rispondere efficacemente alle sfide attuali e future». È su questo cardine che si regge il lavoro di Nicolò D’Andrea, pianificatore territoriale e urbanista, e di Alfonso Di Sabato, architetto e urbanista. A livello territoriale sussistono in effetti diversi aspetti che, in maniera non sempre evidente, sono strettamente legati tra loro. Ed è precisamente per questa ragione che è fondamentale una «pianificazione integrata che consenta di coordinare le trasformazioni del territorio, evitando interventi disorganici che possono compromettere l’equilibrio tra insediamenti umani e ambiente naturale». Insomma, «senza una visione d’insieme coerente, sia le aree rurali che gli habitat urbani rischiano di subire impatti negativi, con conseguenze ambientali ed economiche significative». Quella dell’urbanista, evidenziano tuttavia D’Andrea e Di Sabato, «è una figura ancora poco presente e riconosciuta nel Canton Ticino». E osservano: «Sebbene iniziative come i Pa (Piani di agglomerato, ndr) e i Pac (Piani di azione comunale, ndr) rappresentino segnali positivi di un cambiamento in atto, c’è ancora ampio margine per rafforzare una visione strategica integrata».
Negli anni in Ticino si sono susseguiti diversi Pa e Pac. Come sono cambiati nel tempo esigenze e ambiti di intervento sul territorio?
D’Andrea: Nel corso degli anni, i Pa e i Pac in Ticino si sono evoluti per rispondere a esigenze sempre più complesse legate alla mobilità, alla qualità della vita urbana e alla tutela ambientale. Inizialmente, l’attenzione era principalmente rivolta alla mobilità veicolare e alla gestione del traffico. Tuttavia, con il passare del tempo, le priorità si sono diversificate, includendo la promozione della mobilità lenta – come pedoni e ciclisti –, la qualità degli spazi pubblici e la sicurezza stradale. In altri termini, gli ambiti di intervento si sono ampliati, passando da soluzioni infrastrutturali a progetti più integrati e multidisciplinari, che considerano anche gli aspetti sociali e ambientali. L’obiettivo ora non è solo migliorare la viabilità, ma anche creare un territorio più sostenibile e adattabile, che risponda alle sfide del cambiamento climatico e della crescita demografica. Oggi, grazie a una maggiore collaborazione tra Comuni, Cantone e Confederazione, i Pa e Pac mirano a uno sviluppo coordinato e armonioso delle aree urbane e rurali, con una forte attenzione alla qualità della vita e al benessere delle persone. Questo approccio integrato ha reso questi programmi fondamentali per affrontare le sfide contemporanee e per progettare un futuro più vivibile e sostenibile per il Ticino.
Quali invece le principali sfide attuali? È difficile far combaciare sfide e risorse?
Di Sabato: All’interno del nostro studio ci occupiamo frequentemente di riqualifica dello spazio pubblico, che consideriamo una delle sfide più rilevanti dell’attualità. In particolare, in Ticino una delle questioni centrali è il rilancio dei ‘vuoti urbani’, ovvero tutti quegli spazi aperti – strade, piazze, parchi – che costituiscono l’ossatura dei centri abitati. Oggi più che mai, questi spazi necessitano di essere ripensati con maggiore attenzione alla qualità ambientale e sociale, valorizzandoli come vere e proprie infrastrutture verdi, capaci di assolvere molteplici funzioni, dal benessere alla resilienza climatica. Il cambiamento climatico, insieme all’evoluzione delle modalità di vita e di lavoro, impone una progettazione lungimirante, capace di anticipare i bisogni futuri attraverso una visione critica e ampia. Per quanto riguarda i finanziamenti, è indubbio che vi sia spesso uno scarto tra le esigenze progettuali e le risorse disponibili. Tuttavia, far combaciare sfide e budget rappresenta una parte integrante e stimolante del lavoro del progettista.
Canicola, grandine e precipitazioni massicce che possono portare ad allagamenti e frane. Come siamo messi in Ticino rispetto alla mitigazione dei cambiamenti climatici?
DS: Il tema della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici è oggigiorno al centro del dibattito pubblico e professionale. Recentemente abbiamo partecipato a un corso di specializzazione organizzato dalla Supsi, intitolato ‘La città verde/blu: progettare in chiave resiliente’. È stato particolarmente interessante osservare come la questione climatica coinvolga trasversalmente molteplici discipline: dalla pianificazione territoriale al paesaggio, dall’architettura degli spazi pubblici fino all’ingegneria civile, idraulica e ambientale. In tal senso, va detto che in Ticino la consapevolezza rispetto a questi temi sta crescendo, sia nell’opinione pubblica sia a livello istituzionale. La nozione di ‘città spugna’ per esempio, che prevede la capacità degli spazi urbani di assorbire, trattenere e restituire l’acqua in modo naturale e controllato, è stata negli ultimi anni approfondita e progressivamente adattata alle specificità del territorio ticinese. Questo concetto è diventato uno dei temi cardine dei Pa di quinta generazione, influenzando concretamente le strategie urbanistiche cantonali. A ogni modo, il Ticino presenta una condizione territoriale peculiare, che richiede soluzioni su misura. Concretamente, nelle aree urbane di fondovalle, le isole di calore rappresentano una sfida crescente: l’alta concentrazione di superfici impermeabili e la scarsità di vegetazione accentuano le temperature estive. In questi contesti, una progettazione orientata alla creazione di infrastrutture verdi, come sistemi di drenaggio urbano sostenibile, tetti verdi, parchi urbani multifunzionali e pavimentazioni permeabili, può contribuire significativamente alla riduzione delle temperature e al miglioramento del comfort climatico. Parallelamente, i territori montani e collinari, più soggetti a fenomeni estremi come frane e allagamenti causati da precipitazioni intense, necessitano di strategie di prevenzione e mitigazione basate su un approccio integrato tra ingegneria idraulica, gestione del suolo e rinaturazione dei corsi d’acqua. Anche qui, il potenziale della ‘città spugna’ si estende oltre l’ambito urbano, influenzando positivamente la gestione dell’acqua e la stabilità del paesaggio. In poche parole, il Ticino si trova oggi in una fase di transizione importante, in cui la sfida climatica viene affrontata sempre più come un’opportunità per ripensare lo spazio pubblico, migliorare la qualità della vita e costruire territori più resilienti e sostenibili.
In Ticino risulta ancora difficile muoversi con i soli mezzi pubblici, in parallelo la rete viaria è al limite. Siamo condannati a restare un’area in cui questa dualità non verrà mai superata?
DA: Negli ultimi anni, il Ticino ha attraversato una profonda trasformazione nel campo della mobilità sostenibile. Un momento cruciale di questo cambiamento è stato il 2021, con l’entrata in esercizio della galleria di base del Ceneri, ultimo tassello del progetto AlpTransit. Questa infrastruttura ha segnato una vera svolta epocale per il trasporto pubblico cantonale, riducendo significativamente i tempi di percorrenza tra i principali poli urbani – in particolare Lugano, Bellinzona e Locarno – e rendendo la ferrovia una reale alternativa all’automobile. Il miglioramento dell’offerta, con treni più frequenti, rapidi e affidabili, ha rafforzato la connettività interna al cantone, promuovendo una maggiore coesione territoriale. Non si è trattato solo della realizzazione di un’infrastruttura tecnica, ma di un cambiamento strutturale che ha modificato le abitudini di spostamento, accrescendo l’attrattività del trasporto pubblico e ponendo le basi per uno sviluppo del territorio più sostenibile, accessibile e interconnesso. Dopo aver potenziato la rete di trasporto pubblico all’interno dei principali centri, l’attenzione si sta ora spostando verso le aree suburbane e periferiche. I Pa di quinta generazione pongono questo come uno degli obiettivi prioritari: estendere e potenziare il trasporto pubblico anche nelle zone più discoste, garantendo un collegamento efficace con la rete urbana esistente. L’idea è quella di creare un sistema di mobilità più capillare e inclusivo, che offra un’alternativa concreta all’auto privata anche in quei luoghi dove oggi questa rimane spesso l’unica opzione. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, il Ticino rimane però fortemente influenzato da una radicata cultura dell’automobile. In parte, ciò è dovuto alla conformazione geografica del territorio, tuttavia, è anche una questione culturale: l’auto è spesso percepita come simbolo di indipendenza e comodità, rendendo difficile promuovere modalità di trasporto più sostenibili. Questa prospettiva ‘autocentrica’ ha avuto significative ripercussioni sullo sviluppo territoriale, influenzando in particolare la concezione degli spazi pubblici. Al di fuori dei nuclei storici, dove si riscontra una dimensione più a misura d’uomo, molte aree periferiche sono state progettate principalmente in funzione della viabilità automobilistica. Ciò ha portato alla creazione di spazi pubblici spesso frammentati e con una scarsa attenzione alla qualità urbana e alla vivibilità per i pedoni e i ciclisti. Ciò detto, si percepisce un cambiamento in atto. Le nuove generazioni sono sempre più sensibili alle questioni ambientali e dimostrano una maggiore propensione verso modalità di spostamento più condivise. In molti casi i giovani adottano un approccio multimodale, combinando il trasporto pubblico con la mobilità dolce, come la bicicletta, e facendo uso di soluzioni innovative come il car-sharing, soprattutto nei contesti urbani. Anche a livello cantonale si sta lavorando con determinazione per ampliare e migliorare le infrastrutture ciclabili e potenziare il servizio di trasporto pubblico, con l’obiettivo di rendere queste forme di mobilità non solo ecologiche, ma anche pratiche, affidabili e sicure.
Altra peculiarità del Ticino è l’essere un cantone di confine. Come influisce questa particolarità sulla pianificazione urbana?
DS: Si tratta di una condizione unica che influisce profondamente sulla pianificazione urbana e territoriale. La nostra regione si colloca lungo uno dei principali corridoi infrastrutturali d’Europa che collega Milano a Zurigo e prosegue verso il Nord Europa. Questo posizionamento strategico rende il Ticino non solo un territorio di transito, ma anche un nodo fondamentale per lo scambio economico, sociale e culturale tra la Svizzera e l’Italia, in particolare con la vicina Lombardia. Il tessuto socioeconomico ticinese è in quest’ottica fortemente interconnesso con le regioni italiane limitrofe: ogni giorno migliaia di lavoratori frontalieri attraversano il confine, contribuendo in maniera sostanziale al mercato del lavoro locale. Questo impone però una riflessione attenta sulla pianificazione della mobilità transfrontaliera: è fondamentale adottare un approccio coordinato con le autorità italiane, specialmente per quanto riguarda il trasporto pubblico su gomma e su ferro, la gestione dei flussi di traffico casa-lavoro e lo sviluppo della mobilità lenta, come piste ciclabili e percorsi pedonali sicuri e continui. Un esempio concreto di cooperazione sono i progetti Interreg Italia-Svizzera, come pure l’integrazione di orari e tariffe tra i servizi di trasporto pubblico ticinese e lombardo, essenziale per rendere più fluido il pendolarismo. Pensare di pianificare il territorio ignorando questi legami sarebbe non solo miope, ma anche inefficace. Il bacino d’utenza del Ticino si estende di fatto oltre i confini politici e amministrativi, e ogni strategia di sviluppo solida deve necessariamente fondarsi su una visione condivisa degli obiettivi, delle infrastrutture e delle modalità di gestione dei flussi.
Cantone di confine, ma anche meta turistica. Quale spazio viene dato al turismo nella pianificazione territoriale?
DA: Alla pressione quotidiana del traffico pendolare transfrontaliero si aggiunge quella stagionale legata al turismo, elemento cardine dell’identità e dell’economia ticinese. Sebbene sia una risorsa preziosa per il Cantone, la presenza turistica può generare situazioni di criticità, in particolare nei contesti naturali e paesaggistici più sensibili. Questi luoghi, spesso remoti e dalla bellezza incontaminata, non dispongono delle infrastrutture adeguate per gestire i picchi stagionali, con conseguenze visibili in termini di congestione viaria, carenza di parcheggi e aumento della pressione ambientale. Una possibile risposta a queste problematiche risiede nello sviluppo di assi cantonali di mobilità dolce, pensati specificamente per il tempo libero e lo svago. Un esempio concreto è il percorso ciclabile C31, che attraversa la Vallemaggia e si connette con la rete urbana del Locarnese. Questo tipo di infrastruttura ha il merito di promuovere forme di mobilità alternative e sostenibili, offrendo al contempo spazi di qualità tanto ai residenti quanto ai visitatori. In questo modo, si contribuisce a ridurre la dipendenza dall’automobile privata, a sgravare la rete stradale esistente e a valorizzare il territorio in chiave ecologica e accessibile. In generale, è fondamentale continuare a promuovere un’integrazione tra turismo e comunità locali, salvaguardando il territorio e valorizzando le sue peculiarità.