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Riforma Efas, i costi per il Cantone quadruplicano: da 57 milioni a 190-240

Il Cantone ha fatto le sue stime con i dati aggiornati. Prima della votazione la Confederazione aveva presentato numeri basati su dati del 2019

In sintesi:
  • Nel 2028, con l'avvio della prima fase, si stimano 100 milioni di spesa invece di 15
  • De Rosa: ‘Vogliamo che la conferenza dei direttori cantonali si attivi con Berna’
Consiglio di Stato e commissione parlamentare ‘Gestione e finanze’: ‘Siamo preoccupati’
(Ti-Press)
6 maggio 2025
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Sono nerissime le nubi all'orizzonte per quanto riguarda l'impatto economico della riforma Efas, il finanziamento uniforme delle cure, votata e approvata dalla popolazione (sia a livello svizzero che ticinese) lo scorso 24 novembre. Per il Cantone, che ha fatto le sue previsioni sugli ultimi dati disponibili, gli importi sono sostanzialmente quadruplicati. Si passa dai 17 milioni di spesa stimati nel 2028, quando entrerà in vigore la prima fase della riforma, ai 100 milioni della nuova stima. Nel 2032, quando la riforma entrerà pienamente a regime, la spesa sarà di circa 190-240 milioni di franchi per il Cantone. Una cifra lontanissima dai 57 milioni stimati inizialmente e presentati dalla Confederazione alla popolazione durante la campagna per il voto.

Insomma, c’è da essere «preoccupati per delle cifre che sono molto, molto superiori rispetto a quanto si pensava», afferma il presidente della commissione parlamentare ‘Gestione e finanze’ Fabrizio Sirica. Commissione che ha sentito questa mattina in audizione il Consiglio di Stato ed è quindi stata informata delle nuove stime elaborate dai Servizi dell'Amministrazione cantonale.

Ma da dove arriva questa enorme differenza? «Durante la campagna le cifre riportate dalla Confederazione erano quelle di uno studio del 2022 che si basava su dati del 2019», spiega interpellato da ‘laRegione’ il direttore del Dipartimento sanità e socialità (Dss) Raffaele De Rosa. «Sappiamo bene quanto i costi sanitari siano cresciuti nel frattempo in maniera consistente in Svizzera, e in Ticino in particolare». Il Consiglio di Stato, e De Rosa in particolare, si era infatti detto contrario alla riforma in fase di campagna segnalando che i costi sarebbero stati superiori a quelli stimati da Berna. «Ora vogliamo chiedere attraverso la conferenza dei direttori e delle direttrici della Sanità, a nome quindi dei Cantoni, che l'Autorità federale possa aggiornare i dati. Si tratta di un tema federale – rimarca De Rosa – e c’è stata una votazione federale. È quindi importante che i cittadini e i Cantoni possano avere dei dati aggiornati da parte di Berna sul reale impatto della riforma Efas». Preoccupano l'esplosione dei costi a carico del Cantone, ma non solo. «Siamo in un contesto in cui i costi per i cittadini aumentano e la Confederazione intende scaricare ulteriori oneri sui Cantoni. Per il Ticino vorrebbe dire 30-40 milioni di spesa aggiuntiva ogni anno». Tornando a Efas, «è una tegola in più – commenta senza giri di parole il direttore del Dss –, per il Cantone aumentano gli esborsi, ma, allo stesso tempo, non vengono attribuiti gli strumenti necessari per pilotare il sistema e incidere quindi anche sulla spesa. È un elemento che il Consiglio di Stato aveva fatto notare durante la campagna di avvicinamento al voto».

Cos’è Efas

Con la riforma del finanziamento uniforme, Efas, tutte le prestazioni dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie – a prescindere che siano dispensate in regime ambulatoriale, stazionario o nelle case di cura – saranno finanziate secondo la stessa chiave di ripartizione. Gli assicuratori malattia pagheranno un massimo del 73,1% dei costi di tutte le prestazioni, i cantoni un minimo di 26,9%. Ora non è così. Il regime ambulatoriale (quello sul quale si punta e che è cresciuto di più negli ultimi anni) è pagato interamente dalle casse malati, mentre quello stazionario da casse malati (nella misura del 45%) e cantoni (55%). Anche le cure di lunga durata, come case anziani e spitex, sono cofinanziate: circa 54% dalle casse malati e 46% dai cantoni. La speranza della riforma è quella di incentivare il passaggio alle cure ambulatoriali, senza che i premi aumentino ancora di più.

Ps e Lega tirano dritto con le iniziative

“Ve lo avevamo detto” commenta ironicamente tramite un comunicato il sindacato Vpod, che si era fermamente schierato contro la riforma. “Alla fine dei conti, la promessa di semplificare il sistema si sta rivelando un aggravio per le finanze pubbliche. Chiediamo – scrive la Vpod – massima trasparenza sulle nuove stime di spesa e misure immediate per proteggere i servizi pubblici da ulteriori tagli”. Contrario era l'Mps, «E pensare che quando in Gran Consiglio avevamo proposto il sostegno al referendum c’era chi rideva...», aggiunge il deputato Giuseppe Sergi.

Comunque sia, la riforma Efas porterà un aggravio importante ai già malandati conti del Cantone. Conti che, come noto, potrebbero subire un altro colpo se dovessero essere approvate le iniziative popolari di Ps e Lega sulle quali si esprimeranno i cittadini probabilmente in settembre. Quella del Ps chiede di limitare al 10% del reddito disponibile i costi di cassa malati e costerebbe oltre 300 milioni di franchi. Quella leghista vuole rendere integralmente deducibili i premi e farebbe mancare al Cantone una cinquantina di milioni (e altrettanti ai Comuni). «La nostra iniziativa è chiara, si vuole fare in modo che il ticinese chiamato a pagare in maniera obbligatoria i premi di cassa malati abbia anche il diritto di dedurli dalla dichiarazione delle imposte. È un principio semplice: non si devono pagare le tasse su soldi che non si hanno in tasca». Tira dritto il coordinatore della Lega Daniele Piccaluga, senza ripensamenti dopo la notizia di ieri dell’aumento dei costi di Efas. Nessuna giravolta nemmeno in casa socialista. «La questione di fondo – ricorda il capogruppo del Ps e membro della Gestione Ivo Durisch – non cambia. Ed è il costante aumento dei costi sanitari, dovuto anche e soprattutto al progressivo invecchiamento della popolazione. Il Partito socialista era diviso e io ero fra quelli contrari a Efas, in quanto non la ritenevo e non la ritengo una soluzione. Dal mio punto di vista la soluzione è una sola: la sanità deve diventare uno dei compiti dello Stato ed è lui che la deve finanziare e che deve vigilare bene sui suoi attori, in primis medici e ospedali». L’attuale sistema, sottolinea Durisch, «non è più ammissibile: i cittadini non possono continuare a sostenerlo con i premi di cassa malati, in costante crescita. Ripeto, la sanità deve essere uno dei compiti principali dello Stato e la nostra iniziativa del 10 per cento va in questa direzione». Siamo però alle solite: le finanze del Cantone non godono di buona salute, tanto per restare in tema, e l’impatto stimato della vostra iniziativa sulle casse pubbliche sarebbe sonoro: 300 milioni di franchi… «Gli sgravi fiscali, che hanno inciso negativamente sulle finanze del Cantone, non li abbiamo proposti o decisi noi», afferma perentorio Durisch.

‘Parsimonia anche sugli sgravi’

E a proposito di alleggerimenti, questa mattina in Gestione è stato firmato il rapporto di minoranza, stilato dal capogruppo socialista, che invita il plenum del Gran Consiglio ad aderire all’iniziativa parlamentare, depositata nel 2017 dallo stesso Durisch a nome del gruppo Ps, la quale chiede di estendere il principio della parsimonia, oggi applicato solo alla spesa, agli sgravi fiscali. Questo previa modifica della Legge sulla gestione e sul controllo finanziario dello Stato, per la precisione del suo articolo 5. Il cui primo capoverso reciterebbe: “Prima di procedere a una spesa o a una riduzione/soppressione di un ricavo devono essere esaminate la sua necessità e la sopportabilità dei costi o dei minori ricavi diretti e indiretti che ne derivano”. Dunque, si spiega nel rapporto, “ogni riduzione di entrata, come nel caso degli sgravi fiscali, deve essere oggetto di attenta valutazione, esattamente come accade per una nuova spesa pubblica”. Per la minoranza (Ps e Verdi) “è fondamentale chiedersi se la rinuncia a una parte del gettito sia davvero necessaria e, soprattutto, se sia sostenibile rispetto alla disponibilità complessiva di risorse pubbliche. Non è accettabile introdurre agevolazioni fiscali di cui beneficiano soggetti non prioritari, mentre si rischia di dover tagliare servizi essenziali”. Altrettanto fondamentale per Durisch e cofirmatari, è “quantificare in modo accurato gli effetti finanziari, non solo per il Cantone ma anche per i Comuni, che potrebbero derivare da modifiche della Legge tributaria”. Secondo la minoranza, il principio di parsimonia, che “impone un uso oculato e giustificato delle risorse pubbliche”, va applicato anche “alle riduzioni d’imposta, incluse quelle sotto forma di sgravi o aliquote ridotte” per “evitare agevolazioni che non rispondono a bisogni reali o prioritari”. Peraltro, scrive Durisch, “anche gli sgravi fiscali sono spese”. E aggiunge: “Nella recente accezione di spesa pubblica vengono considerate anche le agevolazioni fiscali. Le cosiddette spese fiscali sono definite come tutte le deviazioni mirate dal sistema fiscale ordinario che comportano una riduzione del gettito e perseguono obiettivi di politica pubblica, analogamente a una spesa diretta. Vi rientrano deduzioni, esenzioni, crediti fiscali, regimi speciali e anche le aliquote d’imposta ridotte applicate a specifiche categorie di contribuenti, settori economici o attività. Queste misure, pur essendo tecnicamente parte della legislazione fiscale, sono considerate spesa pubblica occulta, poiché lo Stato rinuncia volontariamente a parte delle sue entrate per favorire determinati comportamenti o sostenere gruppi mirati”. Lo scorso mese dalla Gestione è uscito il rapporto di maggioranza contrario all’iniziativa socialista. Redatto da Maurizio Agustoni, è stato sottoscritto da Plr, Lega, Udc e Centro.