Con due mozioni i consiglieri nazionali del Centro Fonio e Durrer chiedono un giro di vite sulla prevenzione e maggiori responsabilità per gli operatori
Giovani, e non solo giovani, sempre più nelle grinfie dei social network. Con tutto ciò che a volte comporta: disinformazione, bullismo, finendo, nei casi più gravi, con veri e propri reati. Per i consiglieri nazionali del Centro Giorgio Fonio e Regina Durrer è ora di dire basta, e soprattutto è ora che sia il Consiglio federale sia le piattaforme digitali si assumano le loro responsabilità perlomeno nella tutela di adolescenti e bambini. Lo chiedono con due mozioni, depositate ieri a Berna, con le quali si sollecita un giro di vite di quelli seri ma accompagnato da una presa di coscienza riguardo al vero contendere: il bisogno di prevenzione.
La prima mozione, scritta da Fonio e cofirmata da Durrer, incarica il Consiglio federale di pensare all’introduzione a livello legislativo “di misure per ridurre i rischi sistemici derivanti dai grandi operatori di piattaforme digitali. In particolare, il Consiglio federale dovrebbe introdurre un sistema che obblighi gli operatori di piattaforme digitali che traggono profitto dall’uso da parte di minorenni a partecipare ai costi delle misure di prevenzione e protezione di bambini e giovani in rete”. A tal fine, suggeriscono i due deputati al Nazionale, “potrebbe essere istituito un fondo vincolato, destinato specificamente a finanziare misure per promuovere la competenza mediatica, misure tecniche di protezione, nonché offerte di consulenza e sostegno”.
Il discorso è chiaro: “Il rapporto con le grandi piattaforme digitali rappresenta una delle grandi sfide del nostro tempo. Già oggi – ricordano Fonio e Durrer –, in diverse parti del mondo, sono in corso sforzi per rafforzare la regolamentazione e la responsabilità delle grandi piattaforme. L’Unione europea ha creato con il Digital Services Act (Dsa) un quadro normativo completo che riguarda in particolare le piattaforme online molto grandi (Very Large Online Platforms, VLOPs). Queste piattaforme come YouTube, TikTok o Instagram contano più di 45 milioni di utenti nell’Ue”. E da noi che aria tira? Mica buona, dal momento che “la pubblicazione del progetto preliminare di regolamentazione delle piattaforme in Svizzera, annunciato dal Consiglio federale, continua tuttavia a subire ritardi. Misure specifiche di protezione per le piattaforme con utenti minorenni, come previsto dal Digital Services Act europeo, non sono però incluse in esso”.
Anche perché non si scappa, pure in Svizzera le VLOPs “traggono notevoli profitti dalla raccolta e dall’utilizzo di dati personali dei loro utenti, in particolare dei minorenni. Generano enormi ricavi pubblicitari grazie a modelli di business basati sui dati, mentre i costi sociali sotto forma di misure di protezione, prevenzione e sensibilizzazione sono sostenuti da privati o da enti pubblici. Un contributo o una partecipazione finanziaria da parte di queste aziende sarebbero pertanto non solo giustificati, ma necessari per garantire una ripartizione equa degli oneri”.
E, come detto, “un fondo per la protezione dei minori e dei giovani nei social media potrebbe, ad esempio, essere alimentato da un contributo obbligatorio delle grandi piattaforme digitali, calcolato in base ai loro ricavi pubblicitari, al numero di utenti o alla quantità di dati utente raccolti. I fondi sarebbero vincolati all’utilizzo per misure di prevenzione e protezione di bambini e giovani nello spazio digitale”.
Nella seconda mozione, invece, scritta da Durrer e cofirmata da Fonio, la richiesta al governo è di obbligare le grandi imprese di piattaforme digitali “ad analizzare regolarmente in che misura i loro prodotti e le loro tecnologie amplificano rischi per la società, come la diffusione di contenuti illegali o pericolosi, violazioni dei diritti fondamentali o effetti negativi sulla salute pubblica e, sulla base di tali analisi, attuare misure mirate per ridurre questi rischi”. Questo perché “è opportuno, in Svizzera, creare disposizioni volte da un lato a limitare gli effetti negativi delle grandi piattaforme sulla società e, dall’altro, a garantire una protezione sostenibile dei minorenni nello spazio digitale”. A ‘laRegione’, è proprio Durrer a spiegare che «TikTok, Instagram e le altre piattaforme devono finalmente assumersi le loro responsabilità. Deve esserci più prevenzione sugli effetti negativi che hanno sulla società e sui giovani in particolare».
In Ticino, lo ricordiamo, il Centro è pronto a raccogliere le firme per proibire i cellulari nelle scuole dell’obbligo. Insomma, le regole attuali – possibilità di averlo con sé spento in cartella – non bastano. Al comitato cantonale del 18 aprile dove è stata comunicata la notizia, lo stesso Fonio – che è vicepresidente del partito ticinese – aveva affermato di come si tratti di “un tema delicato, le conseguenze negative tra i giovani aumentano, e l’approccio del Dipartimento educazione, cultura e sport non ha funzionato. È giusto che sia il popolo a decidere quale linea bisogna adottare ora”. Aggiungendo che “il numero di giovani che hanno un uso problematico degli smartphone è praticamente raddoppiato negli ultimi anni. La tecnologia può essere un’arma a doppio taglio e bisogna intervenire prima che la situazione sia fuori controllo”.
Tesi sostenuta, per giovani e non solo giovani, anche da Ingrado, il centro di competenze specializzato nei problemi dovuti alle dipendenze. In un recente comunicato stampa è stato netto: “L’utilizzo compulsivo della rete può interferire significativamente con la vita lavorativa e sociale, diventando un vero e proprio disturbo. Non esiste un limite di tempo specifico che definisca la patologia; ciò che la caratterizza è l’uso eccessivo di internet a discapito delle attività quotidiane e la difficoltà a disconnettersi nonostante le conseguenze negative”.