La Società svizzera impresari costruttori sezione Ticino si riunisce in assemblea: ‘Appalti pubblici in calo, Ustra e Ffs fanno la loro parte. Però...’
Il benvenuto alla conferenza stampa di bilancio annuale della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori (Ssic) è una mappetta con stampato un aforisma dell'immenso letterato inglese settecentesco Samuel Johnson: “Le grandi opere non si realizzano con la forza, ma con la perseveranza”. Non si era al pub Ye Olde Cheshire Cheese di Fleet Street a Londra, dove Johnson aveva un tavolo riservato e ora campeggia un suo accigliato ritratto, ma nella più solatia Chiasso. Non si parlava di saggi o novelle, ma del ben più pragmatico concetto di cantiere. Il discorso però è quello: serve perseveranza, da parte di tutti.
È questo l'appello che la Ssic formula alle istituzioni, invitate a darsi una mossa nello sbrigare soprattutto il dossier revisione Legge edilizia che, presentata dal governo nel giugno 2020, dorme profondamente in Gran Consiglio. Ma anche a livello di commesse pubbliche che calano, e non va bene, con una chiosa che raccoglie tutto: qui non si tratta solo di asfalto o mattone, ma son posti di lavoro. E tanti: «Il dato provvisorio vede 5'544 lavoratori sui cantieri, cui bisogna aggiungerne circa un migliaio nel personale amministrativo, e sottostanno tutti al contratto nazionale mantello dell'edilizia da cui discende quello cantonale», afferma il direttore della Ssic Nicola Bagnovini. E la massa salariale, nonostante i chiari di luna, aumenta: «Vuol dire che oltre a pagare bene i minimi, abbiamo dato aumenti reali a tutto il personale. L'anno scorso un +1,4%, che assieme al +0,5% di compensazione per il pensionamento anticipato arriva al +2%. Calano i lavoratori, ma la massa salariale resta importante: 326 milioni di franchi a circa 6mila famiglie».
Le domande di costruzione sono calate di un valore di 300 milioni di franchi. Poco? Tanto? Bagnovini usa un metro di confronto chiaro a tutti: «È l'equivalente dello stipendio annuale di 2mila persone attive nell'edilizia, considerando che i salari sono metà dell'investimento. L'evoluzione si spalma in più anni, non ci saranno 2mila persone senza lavoro, ma è per far capire di cosa si stia parlando». Il numero di licenze resta alto, «ma spesso per riattazioni o interventi in cui un'impresa fa poco».
Quindi se l'edilizia privata fa quel che può, meno male che c’è il pubblico verrebbe da dire. Sì e no. Perché certo, annota Bagnovini, «committenti come Ustra o Ffs con rispettivamente 654 e 234 milioni di franchi danno man forte a un territorio piccolo ma con cantieri e progetti di tutto rispetto, come il raddoppio del Gottardo, l'N2 Lugano-Bellinzona o le nuove officine di Castione». Ma questi grandi committenti «sfalsano un po’ le statistiche generali», considerando che a livello di appalti pubblici «la media prepandemica era di 3,28 a settimana, l'anno scorso erano 1,94 e adesso sono leggermente risaliti a 2,11». Una piccola ripresa, «ma siamo ancora a livelli molto bassi rispetto a pochi anni fa». Insomma, serve fare di più pur considerando le ristrettezze dell'Ente pubblico.
Su questo tema spinge con forza il presidente della Ssic, Massimo Cereghetti: «È essenziale evitare i cosiddetti falsi risparmi: ridurre gli investimenti pubblici significa creare un debito occulto che, nel medio-lungo termine, comporterà costi ben maggiori. La manutenzione del patrimonio pubblico, edilizio e infrastrutturale è una responsabilità che non può essere trascurata senza conseguenze». E per quanto concerne la pianificazione, va all'attacco: «L'applicazione della scheda R6 del Piano direttore introduce il rischio concreto di dezonamenti che rappresentano, di fatto, un attacco alla proprietà privata. Un approccio che crea grande insicurezza tra cittadini e investitori, e che potrebbe avere effetti estremamente negativi anche sul settore edile».
Ribadita l'importanza della formazione, con il direttore del Centro formazione professionale di Gordola Paolo Ortelli a ricordare tutta la serie di investimenti sia strutturali sia a livello di corsi che sono stati nel tempo portati avanti – «è concreto il rischio un domani di non avere i quadri che servono per mandare avanti i cantieri, la formazione è vitale» – è ancora Cereghetti a guardare al futuro e a lanciare un avvertimento ai sindacati.
Nel senso che, ricordato quanto già detto da Bagnovini sulla massa salariale comunque alzata, il presidente della Ssic va giù duro: «Desidero richiamare le organizzazioni sindacali a un senso di responsabilità comune. Abbiamo bisogno di contratti collettivi che siano chiari, moderni, comprensibili e applicabili, a beneficio tanto delle imprese quanto dei lavoratori. Per questo, l'approccio di chi vuole difendere i posti di lavoro non può essere quello di manifestare ancora prima di sedersi al tavolo per discutere».