Sostenuta all’unanimità dalla ‘Giustizia e diritti’ la proposta di Roberta Soldati (Udc). Pressing sul governo a fare di più per arginare il fenomeno
In Ticino è necessaria una legge ad hoc, una legge sulla violenza domestica. A esserne convinta è la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ che oggi ha firmato – all’unanimità – il rapporto della socialista Daria Lepori e del centrista Fiorenzo Dadò. Rapporto che chiede al Gran Consiglio di accogliere quindi l’iniziativa parlamentare della deputata Udc Roberta Soldati e cofirmatari depositata nel 2022. Il tutto con l’invito al Consiglio di Stato di presentare, entro il 25 novembre, il relativo progetto di legge.
Riavvolgiamo il film. L’iniziativa preavvisata favorevolmente dal rapporto sottoscritto dalla ‘Giustizia e diritti’ sollecita il governo a confezionare/proporre – sull’esempio dei Cantoni Neuchâtel, Ginevra e Zurigo – una base legale che “disciplini” il fenomeno della violenza domestica. Lo scopo, ricordano Lepori e Dadò, è di “definire in un’unica legge i principi già espressi nel Piano d’azione cantonale contro la violenza domestica che coinvolgono i vari Dipartimenti e che sono attualmente sparsi in diverse leggi”. Un solo testo normativo. Che “permetterebbe di coordinare le rispettive competenze e attività di intervento secondo un obiettivo comune”. L’auspicio degli iniziativisti è che la nuova legge definisca “chi siano le persone coinvolte, anche indirettamente, come i figli che convivono con episodi di violenza, e che in essa trovino spazio le disposizioni sul sostegno alle strutture specializzate per le vittime e per gli autori, sulla prevenzione contro la recidiva e sulla promozione della giustizia riparativa”. Di più. Per gli iniziativisti, nella normativa dovrebbe anche figurare “la definizione della politica di prevenzione e informazione, volta a coinvolgere gli allievi delle scuole obbligatorie e post obbligatorie, affinché siano adeguatamente informati sia su questa problematica sia sulle misure di sostegno presenti sul territorio per affrontarla”, nonché “la formazione degli specialisti e delle altre figure, a vario titolo, coinvolte”.
La violenza domestica, si rimarca nel rapporto, “è una piaga anche in Svizzera e in Ticino”. E i dati parlano chiaro. “Lo scorso anno – si legge nel rapporto di attività 2024 della Polizia cantonale – sono stati registrati 982 interventi e procedure in ambito familiare”. Il Consiglio di Stato, osservano i correlatori, non ha però ancora ritenuto di rispondere con un messaggio all’atto parlamentare di Soldati e “considera parzialmente evasa la richiesta” con il progetto di riforma della Legge sulla polizia presentato nel 2023. E sottolineano: “Per la commissione ‘Giustizia e diritti’ ciò denota un approccio al fenomeno non in linea con gli impegni presi dal Consiglio di Stato con la Roadmap della Confederazione e dei Cantoni e con il suo Piano d’azione cantonale contro la violenza domestica”. Paragonando l’attuale articolo 9 della Legge sulla polizia a quanto proposto con la revisione totale della stessa, nel rapporto della ‘Giustizia e diritti’ si afferma che l’unico cambiamento concernerebbe il “periodo di giorni cui alla vittima è assicurato l’allontanamento dal domicilio, che passerebbe da dieci a trenta. Per il resto non vi sono modifiche o aggiunte”. Una proposta valutata comunque positivamente dai commissari. Che tuttavia rimproverano: “La sola modifica di questo aspetto nella Legge sulla polizia non evade quanto richiesto dagli iniziativisti e, anche a detta delle persone che si occupano dell’accompagnamento alle vittime, non è sufficiente”.
Dati: Polizia cantonale
A differenza delle altre leggi cantonali di polizia, quella ticinese avrebbe, stando ai relatori, diverse lacune. Tra queste, elenca il rapporto commissionale: “non dà una definizione di violenza domestica”, “parte dall’assunto che la persona vittima e la persona autrice di violenza facciano parte di una comunione domestica”, “non introduce una differenziazione di approccio nel caso in cui la persona autrice di violenza sia minorenne”, “prevede unicamente l’allontanamento e non il divieto di contatto o il divieto di accedere a un’area” e “non esplicita il dovere della polizia di fornire i dati sui casi di violenza domestica al servizio preposto, non precisa che questi dati vadano pubblicati e servono a valutare l’efficacia delle misure attuate in questo ambito”.
«In commissione siamo convinti che quella di una legge ad hoc sia una via senz’altro utile da seguire, del resto altri Cantoni si sono già mossi in questa direzione – dice il leghista Alessandro Mazzoleni, da oggi presidente della commissione –. Il fatto che il rapporto favorevole all’iniziativa parlamentare sia stato sottoscritto all’unanimità costituisce un segnale politicamente forte. Intendiamoci, non è che in Ticino manchino gli strumenti per cercare di arginare il fenomeno della violenza domestica, ma con questa legge specifica verranno rafforzati». La palla passa ora al Gran Consiglio.