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Agli alpeggi ticinesi restano troppe forme in cantina

Diversi formaggi in esubero dalla scorsa stagione. Schiavuzzi (Stea): ‘Acquistare locale è un contributo culturale e territoriale al nostro patrimonio’

‘Meglio spendere un franco di qualità piuttosto che dieci di quantità’
(Ti-Press)
28 luglio 2025
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«Il mercato del formaggio d’alpe sta attraversando un periodo di contrazione. Alcuni alpeggi hanno in cantina anche tra le duecento e le quattrocento forme di formaggio della scorsa stagione». Non naviga in acque tranquille il settore lattiero-caseario e, come ci spiega Bruno Schiavuzzi, membro di comitato della Società ticinese di economia alpestre (Stea), nonché coordinatore del progetto ‘Eccellenze alpestri’, sono diversi i fattori dietro a questa contrazione: «Da un lato, sul mercato ci sono davvero molti prodotti, il che disperde le scelte dei consumatori. Dall’altro, c’è l’aspetto culturale legato all’acquisto di prodotti non di rado più costosi, ma dietro la cui produzione c’è tutto un mondo. A questo si lega poi la situazione congiunturale, che tocca quindi direttamente il borsellino del cittadino».

Un settore cardine dell’economia ticinese

Incentivare all’acquisto di formaggio d’alpe, rimarca quindi Schiavuzzi, è cruciale per diverse ragioni. In primis, «per sostenere l’agricoltura e i produttori. Il mercato del latte e dei prodotti lattiero-caseari – illustra – è in difficoltà. Si tratta di un settore importante della nostra economia, che se non sta bene ha delle conseguenze a catena su altri ambiti». In secondo luogo, prosegue, «comprare il formaggio d’alpe vuol dire anche contribuire a mantenere i pascoli e i sentieri puliti. In estrema sintesi, se l’alpeggio chiude, anche tutto quello che sta attorno, come il pascolo e il paesaggio, di conseguenza cambia». E lo fa in peggio. L’abbandono negli anni 60 di alcune zone adibite all’allevamento o all’agricoltura ha per esempio gettato in Italia le basi per il ritorno del lupo. Fenomeno che ha conseguenze impattanti anche in Ticino, come visto di recente, con le difficoltà annesse e connesse nella gestione dei branchi transfrontalieri. Certo, osserva Schiavuzzi, «quello del lupo è un ulteriore problema che si aggiunge alle nostre altre preoccupazioni. Acquistare del formaggio locale aiuta anche ad avere qualche franco in più da consacrare, tra le altre cose, alla protezione dei pascoli».

‘Un grande lavoro a monte’

Secondo Schiavuzzi, non andrebbero poi solo «incentivati i ‘ticinesi doc’, bensì tutti i cittadini. In Svizzera – rileva – una quota importante della popolazione è straniera o di origine straniera. Condividere anche con i nuovi venuti questa cultura non può che essere un arricchimento, in ogni senso». Da non trascurare, l’aspetto economico. «Questo non si discute, è vero che il formaggio d’alpe può essere più caro e che le tasche dei cittadini sono sempre più leggere», ammette Schiavuzzi. Che però sottolinea: «A mio modo di vedere è tuttavia meglio spendere un franco di qualità piuttosto che dieci di quantità. E questo proprio perché, come abbiamo visto, dietro a una forma di formaggio c’è tutto un universo». In altri termini «acquistare locale è un contributo culturale e territoriale al nostro patrimonio». In tal senso, consiglia, «è importante laddove possibile fare la spesa a casa nostra, favorendo un’economia locale a tutela di tutta la filiera». Filiera che a sua volta tutela il territorio: «Siamo tutti molto fieri delle nostre montagne, delle nostre valli e dei nostri alpeggi. Ma spesso non ci si rende conto del lavoro che c’è a monte per mantenere questa situazione».

Che fare dunque? «Attualmente – mette in luce – siamo nell’ambito di un progetto di sviluppo regionale attraverso cui vogliamo, per così dire, fare più rumore affinché il formaggio d’alpe ticinese Dop venga acquistato su più mercati e attraverso più canali. Un marketing forte che si svilupperà per i prossimi due-sei anni». Il tutto in parallelo al progetto ‘Eccellenze alpestri’ che – grazie alla collaborazione tra Stea, Unione contadini ticinesi, Cantone, Confederazione e Cetra Alimentari – sostiene gli alpeggi promuovendo la vendita di prodotti fuori dai confini cantonali e all’estero. Progetto che si regge sulla cantina di affinamento, presso la Cetra Alimentari a Mezzovico. «Stiamo uscendo quest’anno dalla fase di prova, a cui seguirà la promozione vera e propria dei formaggi», conclude Schiavuzzi.

Il tema dell’invenduto, conferma il presidente della Stea Alex Farinelli, «è stato affrontato in seno al comitato». E aggiunge: «Non abbiamo ancora i dati globali, ma che ci sia dell’esubero della stagione passata è un’impressione che si sta delineando». E ora? «Adesso dobbiamo capire se si tratti di una tendenza e quindi, come fronteggiarla, oppure se è più un’oscillazione nella produzione e nelle scelte dei consumatori». A ogni modo, «bisogna spingere più che mai sul mercato, Svizzera interna compresa, ma anche e soprattutto sensibilizzare la popolazione ticinese, nostro sbocco principale. A volte ci si dimentica che sostenere la filiera ticinese comporta tutta una serie di benefici, essendo tra i settori cardine dell’economia cantonale». A preoccupare Farinelli, anche il lupo. I fronti caldi, insomma, sono diversi.