Un viaggio tra memoria e umanità con immagini inedite del 2001, tra documentario e video di famiglia
"Un tributo all'umanità". Kamal Aljafari definisce così il suo ultimo film, che forse è pure il primo. Si intitola "With Hasan in Gaza", apre il Concorso internazionale al Locarno Film Festival ed è il risultato del ritrovamento di tre videocassette risalenti al 2001, lasciate dal regista in un cassetto e mai più riviste.
Nel girato c'è un suo viaggio da nord a sud di Gaza. "La vita è misteriosa - dice durante la conferenza stampa -. Di tutti i momenti in cui potevano riapparire, questi nastri sono ricomparsi ora. È in questi casi che il cinema ha un significato profondo e speciale: vediamo la vita e i luoghi di un popolo che viene cancellato. Ho passato l'ultimo anno guardando sullo schermo queste vite", di cui "non conosciamo il destino". Ed è questo il tributo.
Il suo, insomma, è un film "ritrovato", a metà tra il documentario e il video di famiglia. La ragione della visita in compagnia di Hasan era la ricerca di un compagno di cella incrociato nel 1989 durante i sette mesi del regista in prigione. Una storia che racconta attraverso alcune riflessioni impresse sullo schermo. Minuto dopo minuto appaiono bambini che scherzano e vogliono essere ripresi a tutti i costi, gruppi di persone che giocano a carte, ma anche un uomo finalmente in spiaggia con i propri figli dopo anni di carcere. Si sentono i bombardamenti, gli spari di notte. Alcune donne portano Aljafari dentro le case con le finestre ricoperte di sacchi di sabbia: "Non si può vivere così", dice una di loro, "chi vivrebbe in questa casa? Ci hanno bombardato mentre parlavano di cessate il fuoco". E l'altra aggiunge: "Non abbiamo dormito una sola notte qui dal primo giorno dell'intifada" (nel 2000 era cominciata la seconda). All'orizzonte, dall'altro lato delle mura, si vedono le bandiere israeliane, gli insediamenti.
"Quando si vede Gaza c'è sempre gente in stato di isteria, ci sono immagini di violenza - commenta Aljafari - ma la vita ordinaria (non quella attuale, perché ora siamo in uno stato di emergenza, di non esistenza, anzi) è un'altra", che include "una ricca cultura di musica e poesia, che io ho voluto condividere". Alle immagini di 24 anni fa, con la collaborazione di Simon Fisher Turner e Attila Faravelli, Aljafari ha perciò associato melodie palestinesi. "Mentre viaggiavo in auto a Gaza le persone ascoltavano continuamente canzoni dalla radio - ricorda - e molte di queste celebravano la vita, l'amore, l'esserci".
Aljafari con quest'opera riflette sul tema della memoria e di ciò che è stato perso nel corso dei conflitti. "È incredibile come funziona la memoria, quando ho visto per la prima volta le immagini non sapevo nemmeno di cosa si trattasse", afferma in una lettera al collega Alessandro Gagliardo, tra i documenti condivisi insieme al film, le parole sono durissime. "Quando ho scoperto i nastri un anno fa, a luglio 2024 - scrive - Gaza era bombardata non-stop. Già allora gli esperti dicevano che la quantità di bombe cadute era equivalente a un'atomica. Ora, un anno dopo, è l'equivalente di sei bombe atomiche. In ogni paese del mondo dovrebbe esserci un museo dedicato al genocidio palestinese", pure "in quelli complici che hanno sostenuto i criminali e fornito loro le bombe: Stati Uniti, Germania, Italia e molti altri".