Il governo cantonale prende posizione sul pacchetto. Si chiedono clausole di salvaguardia più rigide e una maggiore chiarezza sulla loro applicazione
Sugli accordi tra Svizzera e Unione europea ci vuole il sigillo di popolo e Cantoni. È quanto pensa il Consiglio di Stato che, rispondendo al primo giro di consultazioni sul pacchetto ‘stabilizzazione e sviluppo delle relazioni Svizzera-Ue’, si dice favorevole al referendum obbligatorio sui generis. “Considerata la portata di questo pacchetto di accordi Svizzera-Ue riteniamo necessario garantire una legittimazione politica e democratica pari a quella necessaria per una modifica costituzionale”. Quindi, aggiunge il governo: “Appare importante garantire a tutti i Cantoni il diritto di partecipare pienamente a decisioni di rilevanza istituzionale riconoscendo la necessità di una doppia maggioranza. Per questo motivo riteniamo che questo pacchetto di accordi vada sottoposto all’approvazione congiunta del popolo e dei Cantoni”.
Passando al contenuto, per il Consiglio di Stato quello messo in consultazione è un pacchetto migliore rispetto alla bozza del precedente accordo quadro istituzionale. “È positivo il cambiamento di paradigma costituito dall’approccio settoriale nei singoli accordi e l’assenza di una clausola ghigliottina”. Altro punto a favore: “La presa di coscienza che il rispetto del sistema istituzionale svizzero, della democrazia diretta e del federalismo costituiscano l’imprescindibile condizione su cui debbano fondarsi i rapporti con l’Unione europea. Solo in tal modo, nel rispetto delle procedure interne previste dal sistema politico svizzero, sarà possibile garantire un ampio consenso sul piano interno per quanto concerne il meccanismo di ripresa dinamica del diritto europeo. A questo proposito – si legge nella risposta inviata alla Conferenza dei governi cantonali – riteniamo che il ruolo e il coinvolgimento dei Cantoni nelle procedure interne di integrazione del diritto Ue vada esplicitato e rafforzato”.
Ci sono poi le note dolenti: la libera circolazione e il conseguente dumping salariale. “Le misure di accompagnamento sono fondamentali, in particolare per un cantone di frontiera come il Ticino”, sottolinea l’Esecutivo cantonale, che ricorda: “Già nel 2016 il Cantone Ticino, sin dalle discussioni sull’applicazione dell’art. 121a della Costituzione federale, si era fatto promotore dell’introduzione di una clausola di salvaguardia ‘bottom-up’ secondo il modello elaborato dal Professor Ambühl del Politecnico di Zurigo. Per questo motivo, pur salutando positivamente l’approccio della clausola di salvaguardia proposta, lo scrivente Consiglio ne auspica un meccanismo più vincolante ed efficace fondato su criteri applicabili anche su base regionale e cantonale per la sua attivazione, in modo tale da tenere in considerazione le diverse situazioni tra Cantoni”.
Il governo solleva poi più di un dubbio per quanto riguarda gli iter procedurali interni delle clausole di salvaguardia. “Se il meccanismo di applicazione a livello bilaterale è chiaro, la stessa chiarezza non è data per la procedura interna, che dal nostro punto di vista sarà centrale per l’effettiva applicazione di questo strumento. Occorre infatti essere consapevoli che attraverso la definizione delle regole di attivazione sul piano interno si definirà l’efficacia del meccanismo della clausola di salvaguardia. Pertanto si sarebbe auspicata la presentazione, insieme al rapporto esplicativo oggetto della consultazione, dei meccanismi di attuazione nazionale: si rileva invece che le misure in discussione sono presentate in via ipotetica e non si hanno indicazioni sulle tempistiche di elaborazione degli indicatori e dei valori soglia.