Sancito il tentativo di cambio di passo dopo l'impasse di Ticino2020. Gobbi: ‘Più autonomia, rispetto e soluzioni condivise’. Dafond: ‘Davvero, però...’
Rapporti tra Cantone e Comuni, inizia il secondo tempo. O meglio, questa è l'intenzione di tutti considerati da un lato «l'impasse» di Ticino 2020, il progetto di riforma dei flussi di competenze e finanziari tra i due enti fermo al palo, e dall'altro tutti i problemi che restano ancora in campo e che, giocoforza, necessitano di una ripartenza.
Il tentativo c’è. Ed è stato ufficializzato oggi a Locarno, all'incontro istituzionale tra il Cantone e i cento Comuni ticinesi, con i rispettivi sindaci, con la firma della Dichiarazione d'intenti a favore del federalismo che può essere interpretata come prima pietra di una modifica costituzionale atta a migliorare, appunto, i rapporti e ad aumentare l'autonomia dei Comuni.
Con ordine. «Quella che firmiamo – afferma davanti alla platea di sindaci il presidente del Consiglio di Stato e direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi – è una lettera d'amore al federalismo svizzero nella sua versione ticinese e che ha tre principi fondamentali». Il primo, specifica Gobbi, «è un'autonomia vera e riconosciuta». Nel senso che «si tratta di inserire nella Costituzione, in maniera chiara e operativa, il principio dell’autonomia comunale. Non si tratta solo di una dichiarazione di principio, ma di un modo per dare fondamento concreto al nostro assetto istituzionale. L’obiettivo del Consiglio di Stato – rimarca Gobbi – è duplice: migliorare il riconoscimento e chiarire meglio la ripartizione dei compiti, secondo i principi di sussidiarietà ed equivalenza fiscale». Insomma, «è giunto il tempo di passare dalle parole ai fatti: perciò proporremo al Gran Consiglio e poi al Popolo ticinese una modifica costituzionale che va in questa direzione».
Il secondo principio della Dichiarazione è all'insegna di «un dialogo strutturato e continuo». Il presidente del governo infatti rileva che «la Piattaforma Cantone-Comuni è stata un’esperienza di crescita per tutti i partecipanti: un’esperienza che ha fatto il suo tempo. Oggi serve un vero spazio politico di confronto, a cadenza regolare e con uno spirito di franchezza: il modello al quale ci ispiriamo è la Conferenza dei governi cantonali. Vogliamo un organo che dia ai Comuni una voce autorevole e univoca nei rapporti con il Cantone: solo così possiamo rafforzare la fiducia reciproca e costruire insieme soluzioni condivise». E quindi, «per rendere ancora più operativo questo dialogo, è mia intenzione proporre al Consiglio di Stato di introdurre una novità concreta: in ogni Dipartimento sarà designato un referente stabile per i rapporti con i Comuni. Una figura che fungerà da punto di contatto, capace di accompagnare le pratiche, chiarire i nodi e dare continuità al confronto quotidiano».
Il terzo principio è, invece, «un impegno morale e simbolico, per evitare il muro contro muro». Quindi, assicura Gobbi, «la nostra promessa è che questa dichiarazione non resti soltanto un atto simbolico. Quel che seguirà è un percorso concreto e operativo: il Consiglio di Stato redigerà un messaggio all’attenzione del Gran Consiglio per proporre una modifica della Costituzione cantonale, che rafforzi in modo chiaro l’autonomia dei Comuni». Il percorso descritto, riprende Gobbi, «è istituzionale, politico e morale: lo stiamo imboccando perché sentiamo che è giusto dare nuovi strumenti ai Comuni, consolidare la collaborazione e il dialogo tra i due livelli di governo e rafforzare il federalismo ticinese, un federalismo che funzioni davvero, vicino alle persone e rispettoso dello spirito dei luoghi e delle regioni».
A margine dell'incontro, è lo stesso Gobbi che, parlando alla stampa, sottolinea come «sia importante porre le basi per poter rilanciare un dialogo che negli ultimi tempi è diventato un po’ stanco: per me, in questo anno alla presidenza del governo, è fondamentale porre nuove basi per il futuro, e questa modifica costituzionale che proporremo chiarirà il ruolo e la funzione dei Comuni garantendogli il rispetto istituzionale che meritano». La traduzione di tutto questo è spedire in soffitta Ticino2020? «Come ho già avuto modo di dire è un po' in impasse, per vincoli posti dal Consiglio di Stato ma anche dai Comuni – risponde Gobbi –. Comuni che dovranno fornire delle richieste di recupero di autonomia operativa. Ticino2020 rimane comunque un esercizio di carattere istituzionale ma anche finanziario, che ha permesso di chiarire i relativi flussi ma anche di capire dove sono le aderenze dei livelli istituzionali, penso all'erogazione dei servizi nell'ambito degli anziani».
A cambiare sarà anche la Piattaforma di dialogo Cantone-Comuni, spiega ancora Gobbi. «Chiediamo che entrambi gli enti si diano una struttura più solida, che permetta di consolidare le prese di posizione. Il modello cui ci ispiriamo è quello della Conferenza dei governi cantonali che, pur avendo accenti differenti, trovano posizioni da inoltrare al Consiglio federale». Stringendo, conclude il presidente del governo, «vogliamo normalizzare i rapporti a beneficio della popolazione, dare stabilità istituzionale tra gli enti è un elemento che ci deve contraddistinguere».
Il presidente dell'Associazione dei Comuni ticinesi (Act), Felice Dafond, dal canto suo sottolinea come «siamo enti pubblici che dobbiamo dialogare nell'interesse dei cittadini, che lo sono sia del Comune dove risiedono sia del Cantone. Ricordando che il Comune non è uno sportello del Cantone». Inoltre, per Dafond, «il dialogo serve per trovare soluzioni a problemi che abbiamo: ben vengano quindi le parole rispetto, condivisione, solidarietà... ma poi bisogna anche concretizzarle». Da parte dei Comuni, ci si aspetta «sicuramente maggior rispetto perché i nodi da sciogliere sono molti: partendo dalle competenze, dal chi fa cosa, chi porta una responsabilità e chi la paga. La perequazione intercomunale oggi ha parametri poco trasparenti, e tanti temi devono innestare un'altra marcia. Penso soprattutto alle Polizie comunali, al territorio, alla prossimità». Ticino2020 è in soffitta? È morto? «Possiamo chiamarlo come vogliamo, possiamo declinare come vogliamo i nomi: ma i problemi restano, vanno affrontati e risolti», chiosa Dafond.