Approvata una mozione che propone un credito di 2 milioni a favore della stampa. Isabella (Centro): ‘Aiuto vitale’. Bühler (Udc): ‘Tocca ai lettori’
I media locali devono essere sostenuti finanziariamente. È quanto pensa la maggioranza del Gran Consiglio – 45 voti a favore, 31 contrari e 5 astenuti – che ha accolto una mozione presentata nel 2020 dall’ex deputato del Centro Lorenzo Jelmini. Il tema passa quindi sul banco del Consiglio di Stato, che dovrà allestire “in tempi brevi”, come richiesto dalla maggioranza del parlamento, un messaggio governativo attraverso il quale suddividere un credito quadriennale di 500mila franchi l’anno.
Ad aprire il dibattito in aula, presentando la proposta, è il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni: «A livello internazionale vediamo che dove c’è una difficoltà di finanziamento i media si concentrano nelle mani di pochi grandi editori che hanno mezzi finanziari importanti. Questo limita il dibattito pubblico». Aggiunge Agustoni: «Quella svizzera è una democrazia semidiretta. I cittadini intervengono costantemente nelle decisioni politiche. Per questo motivo è ancora più importante che il cittadino elettore e votante abbia la possibilità di informarsi in maniera plurale e di qualità». D’altra parte, conclude il capogruppo del Centro: «I principi della libertà di stampa e dell’importanza di informarsi correttamente sono anche inseriti nella nostra Costituzione federale agli articoli sedici e diciassette».
Argomenti che non hanno convinto nove dei diciassette membri della commissione parlamentare ‘Economia e lavoro’. Maggioranza della commissione (sostenuta da Plr, Lega, Udc e Partito comunista) che raccomandava di respingere la mozione. «Sono abbonato a entrambi i quotidiani ticinesi e credo fortemente nel lavoro dei giornalisti», afferma il relatore del rapporto di maggioranza Alain Bühler (Udc). «A sostenere i giornali devono però essere i lettori, non i contribuenti. Ci sono parlamentari favorevoli a questi aiuti che non sono abbonati ai nostri quotidiani. Comincino prima loro, e poi chiamino alla cassa i cittadini. Anche perché – prosegue Bühler – i sussidi nascono, crescono e corrono. Quello che oggi si propone come un credito transitorio rischia di diventare una spesa fissa». Altra criticità: «L’indipendenza della stampa. È un gioco pericoloso perché quando un finanziatore diventa abituale nasce il sospetto ed erode la fiducia». Il deputato democentrista riconosce che la stampa svizzera e ticinese stia attraversando un momento difficile, «non si può ignorare il fatto che i lettori della carta stampata siano sempre meno. Questo contributo sarebbe solo un antidolorifico che non risolve il problema. Ora gran parte del dibattito pubblico scorre online e tocca agli editori trovare soluzioni alternative. Un aiuto ai media scritti sarebbe inoltre discriminatorio verso chi informa i cittadini tramite altri vettori».
Parte da un principio il centrista Claudio Isabella, relatore del rapporto commissionale di minoranza che però, come detto, ha ottenuto la maggioranza dei consensi in parlamento grazie al sostegno di Centro, Ps, Verdi, Avanti con Ticino&Lavoro, Mps, Verdi liberali e Più Donne: «Non c'è libertà senza verità e non c’è democrazia senza informazione. Oggi il tema non riguarda solo la carta stampata ma la voce del territorio, la democrazia e la nostra identità». Dai principi alla realtà: «I numeri sono impietosi: Giornale del Popolo chiuso, laRegione e Corriere del Ticino che riducono i posti di lavoro. Calano abbonati e pubblicità. C’è il rischio che il Ticino perda la possibilità di crescere e informarsi». Argomenta Isabella: «Senza informazione locale e giornalismo di prossimità la nostra democrazia si impoverisce. Non è solo una questione di numeri ma di qualità. I primi a saltare sarebbero approfondimenti e giornalismo di prossimità». Il deputato del Centro ricorda come la spesa proposta rappresenti lo 0,01% del budget cantonale. «Altri Stati e anche altri Cantoni conoscono già il finanziamento diretto della stampa. Si potrebbe inoltre sfruttare il Fondo Swisslos». Una proposta, questa, avanzata da un atto parlamentare di Amalia Mirante (Avanti con T&L).
Su questo aspetto il Consiglio di Stato ha fatto sapere che sono in corso approfondimenti giuridici per capire se il sostegno ai media possa essere messo a carico del fondo. Un’operazione che permetterebbe di non gravare sulla spesa corrente del Cantone. Motivo per cui il Plr aveva chiesto un rinvio del dossier in commissione per valutare nel dettaglio le possibilità di finanziamento. Rinvio che il parlamento ha rifiutato.
Dal canto suo il governo, dopo aver riconosciuto le difficoltà e l’importanza del settore, ha ricordato tutte le misure già messe in campo. Tra queste «progetti con le scuole e sensibilizzazione con enti pubblici e parapubblici sull’importanza delle inserzioni pubblicitarie», spiega il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta. «Il tema è inoltre sul tavolo della politica federale. Dobbiamo quindi tenere conto di quanto decide Berna e della situazione finanziaria ticinese».
Per Yannick De Maria «i media sono la nostra agorà moderna, luoghi di dibattito e confronto. Senza dimenticare che le grandi piattaforme oggi assorbono gran parte della pubblicità online, è quindi difficile finanziarsi se non ci sono regole eque». D'altro avviso Omar Balli (Lega) «gli editori devono rispondere delle proprie scelte. Sono liberi di scrivere quello che vogliono ma devono trovare sul mercato gli strumenti per sostenersi». Secondo Marco Noi (Verdi): «I contrari sono incoerenti, visto che poi sostengono crediti anche più sostanziosi destinati ad altri settori privati». Controbatte Raide Bassi (Udc): «Il popolo si è già espresso a livello federale. Un segnale politico che deve essere rispettato».
Intanto, attraverso una nota, l’Udc ha fatto sapere di “valutare il ricorso al referendum sul futuro messaggio che il Consiglio di Stato sarà chiamato a presentare al parlamento”. La comunicazione dei democentristi si aggiunge alle numerose prese di posizione del ‘Mattino della domenica’ che si è già più volte detto pronto a presentare un referendum in caso di approvazione della mozione da parte del Gran Consiglio.