Il Tribunale d'appello dice no alla sua trasformazione in una Uaa. ‘Nessun reale progresso sul piano dell'indipendenza finanziaria e gestionale’
Sì all’autonomia amministrativa e finanziaria del potere giudiziario ticinese; no però all’autonomia che ha in mente, proponendo di testarla, il Consiglio di Stato. Ed è un no netto quello che il Tribunale d’appello esprime nel declinare l’invito del governo ad aderire al progetto pilota per la trasformazione dello stesso Tribunale in una Unità amministrativa autonoma (Uaa), in applicazione della LUaa, la Legge, del 2015, sul finanziamento tramite il budget globale e il mandato di prestazione delle Unità amministrative autonome.
La proposta dell’Esecutivo risale al 6 agosto. La risposta dei vertici della massima autorità giudiziaria cantonale è datata 11 settembre. “La Commissione amministrativa del Tribunale d’appello si è recentemente riunita per discutere la proposta e dopo attento e approfondito esame ha risolto all’unanimità di non aderire alla medesima”, scrivono al Consiglio di Stato il presidente e il segretario generale del Tribunale, rispettivamente il giudice Giovan Maria Tattarletti e Alessandro Simoneschi.
I motivi del rifiuto sono esposti in un paio di pagine. “Innanzitutto – afferma nella lettera il Tribunale d’appello richiamando fra l’altro il messaggio governativo del 2012 sull’allora progetto di legge – rileviamo che il Legislatore ha voluto esplicitamente escludere dal campo di applicazione della LUaa ‘tutti i settori della magistratura, per i quali si potranno ulteriormente valutare eventuali maggiori spazi di manovra così come prospettato in seno al gruppo di lavoro Giustizia 2018’”. Tant’è che, osserva l’autorità giudiziaria, l’articolo 2 della legge considera Unità amministrativa autonoma ‘l’organismo integrato nella struttura di un Dipartimento’. Il che, si annota nella missiva, “non è certamente il caso delle autorità giudiziarie”. Anche dal primo capoverso dell’articolo 12, aggiunge il Tribunale, “si deduce chiaramente che la LUaa è stata concepita esclusivamente per i servizi dell’amministrazione cantonale”.
Non solo. “L’eventuale assoggettamento alla LUaa di un’autorità giudiziaria si rivelerebbe oltretutto in contrasto, per molteplici aspetti (si vedano in particolare gli articoli 9 e 10 lettera a della LUaa), con il principio della separazione dei poteri, sancito dall’articolo 51 della Costituzione cantonale”, evidenzia il Tribunale d’appello. Il quale, citando a un certo punto ancora il messaggio del 2012, rincara: “A prescindere dal fatto che la soluzione prospettata si colloca dunque al di fuori del quadro normativo attualmente vigente e risulta incompatibile con il principio della separazione dei poteri, occorre anche considerare che, in base a una nostra valutazione, la stessa non appare suscettibile di apportare reali progressi sul piano dell’autonomia finanziaria e gestionale, in particolare sia perché la relativa e residua autonomia di cui dispongono le Uaa nel ‘procedere ad assunzioni temporanee in un’ottica di una maggiore flessibilità nella gestione del personale’ non garantirebbe, anche in presenza di una seria e oggettiva disamina circa i propri bisogni di personale, passi avanti rispetto alla situazione attuale sotto il profilo della dotazione durevole di eventuali risorse supplementari, sia perché l’analisi dei preventivi e dei consuntivi del Tribunale d’appello degli ultimi tre anni ne esclude la fattibilità, non sussistendo crediti residui da riportare sugli esercizi successivi con relativo versamento a favore di un eventuale conto di capitalizzazione ai sensi degli articoli 6 cpv. 1 e 7 cpv. 1 della LUaa”.
La stoccata al governo (post arrocchino). “Stando così le cose, il Tribunale d’appello – conclude la missiva – ritiene pertanto preferibile investire le limitate risorse a sua disposizione collaborando con la Commissione giustizia e diritti del Gran Consiglio, come richiestoci da quest’ultima con scritto dello scorso 30 giugno, all’elaborazione di una specifica iniziativa parlamentare, volta a introdurre le basi legali necessarie ad assicurare al Potere giudiziario ticinese un’effettiva e sostanziale autonomia amministrativa e finanziaria, sulla scorta di quanto già avviene sul piano federale e in numerosi altri Cantoni”.
Quello dell’autonomia finanziaria, gestionale e amministrativa della giustizia è infatti uno dei capitoli della risoluzione allestita nel 2024 dalla commissione parlamentare, allora presieduta dal deputato del Centro Fiorenzo Dadò. Risoluzione, che il Gran Consiglio ha approvato in ottobre, contenente l’auspicio che il varo del relativo messaggio da parte del Consiglio di Stato “avvenga entro la fine del mese di giugno 2025”: il messaggio “dovrà permettere di creare la necessaria base legale costituzionale, prendendo spunto dai modelli attualmente adottati dagli altri Cantoni e individuandone uno adeguato alla realtà del Cantone Ticino”. Del messaggio non risulta al momento esservi traccia.
La ‘Giustizia e diritti’, prosegue il documento accolto dal parlamento, “si riserva, in ogni caso, di presentare un’iniziativa parlamentare sul tema”.