Ticino

‘Lo studio Polizia ticinese? Macchinoso e lacunoso’

Così il presidente dell'Associazione delle polcom. Il vicesindaco di Losone: ‘Il documento non dice in maniera comprensibile cosa oggi non va’

Nel pomeriggio a Losone l’assemblea dell’Apcti
(Ti-Press)
2 2025
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Il termine è il 15 ottobre, quando scadrà la consultazione. Ma intanto il documento continua a incassare critiche da municipi e vertici delle forze dell’ordine locali. In prevalenza critiche. Che suonano, pur con tutti i distinguo possibili, come una bocciatura. Quella dello studio ‘Polizia ticinese’, dal nome del progetto annunciato nel giugno di dieci anni fa in Gran Consiglio dal titolare del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi. Obiettivo: “migliorare” la collaborazione fra la Polcantonale e le polcomunali, passando da una chiara ripartizione dei compiti. L’ulteriore conferma che lo studio elaborato dal gruppo di lavoro istituito a suo tempo dal governo non suscita entusiasmo è arrivata nel pomeriggio dall’assemblea dell’Apcti, l’Associazione delle polizie comunali ticinesi, svoltasi a Losone.

Dove il vicesindaco e responsabile del dicastero sicurezza Fausto Fornera ha aperto gli interventi. La premessa: «Il documento non è tutto da buttare, ci sono aspetti su cui si può dialogare. Contiene però punti critici». Poi la bordata: «Il peccato originale è che questo studio non dice in maniera chiara e comprensibile cosa non va». Andiamo bene... Peraltro la comunale di Losone e quella di Stabio sono a rischio secondo i (nuovi) parametri proposti dal documento. Tra questi: minimo tredici agenti più il comandante. I due corpi di polizia dispongono di organici numericamente inferiori. «L’efficacia e l’utilità di una polizia comunale vengono percepite quando questa non c’è più», ha avvertito Fornera.

‘Miglioramenti, non rivoluzioni’

A rincarare la dose ci ha pensato il presidente dell’Apcti. «Partiamo da una constatazione: l’apparato pubblico che si occupa della sicurezza in Ticino funziona – ha sottolineato Orio Galli –. Lugano per esempio è da dieci anni la città più sicura della Svizzera. In dieci anni abbiamo scalato la classifica e siamo passati dagli ultimi ai primi posti per ciò che concerne la sicurezza cantonale». Questo «è il risultato del lavoro della Polizia cantonale, ma anche delle polizie comunali: sicurezza di prossimità, presenza, conoscenza di persone e territorio, interventi rapidi». Ricorda Galli: «I Comuni, nostri datori di lavoro, avevano chiesto con il sondaggio dell’Associazione comuni ticinesi il mantenimento delle polcom e una migliore distribuzione dei compiti, che specializzi le polizie comunali nella sicurezza di prossimità». Insomma «non una rivoluzione».

Richiamando l’assetto vigente, derivante dalla Lcpol, la legge sulla cooperazione tra la Cantonale e le comunali varata dal Gran Consiglio nel 2011, il presidente dell’ApcTi ha insistito: «Nessuno ha mai detto che il sistema attuale non funziona. Anzi, funziona bene. I Comuni e i cittadini lo confermano». Ergo: «Le polcom non sono il problema. Sono la soluzione. Il problema semmai è che qualcuno fa finta di non accorgersene».

‘Perché rimescolare le carte?’

Oggi, ha continuato Galli, «le polizie comunali, con poli e strutturate, garantiscono la copertura ventiquattro ore su ventiquattro. E funziona. Allora perché rimescolare le carte? Perché aumentare le fasce di copertura minima obbligatoria? Perché gonfiare le dimensioni di alcuni corpi di polizia e cancellarne due come quelli di Losone e Stabio? E soprattutto, se lo scopo era contenere i costi, il rischio è per contro un loro aumento a carico dei Comuni. Il decreto Morisoli è chiaro: non si devono risolvere i problemi finanziari cantonali spremendo ancora i Comuni. Eppure qui sembra succedere proprio questo».

Tirando le somme, sarebbero tre, stando al presidente dell'Associazione delle polizie comunali, i punti dello studio che «non convincono». Il primo: «Un testo complesso, macchinoso, con tabelle incomprensibili». Il secondo: «Fasce orarie imposte dalla Polcantonale che bloccano la pianificazione del lavoro di prossimità». Il terzo: «Nessun dato oggettivo sui costi».

Galli, con il comandante della polizia della città di Lugano Roberto Torrente, è nel gruppo di lavoro designato dal Consiglio di Stato e coordinato dal segretario generale del Dipartimento istituzioni Luca Filippini. Evidentemente al suo interno lo studio partorito, e posto da Gobbi in consultazione sino alla metà di questo mese, non fa l’unanimità... Il presidente dell’Apcti ha comunque tenuto a precisare che quello dell’associazione «non è un no al progetto ‘Polizia ticinese’, tuttavia questo studio è troppo complesso e poco trasparente. Necessita di chiarezza». E ha osservato: «La vera innovazione non è cambiare a tutti i costi. È migliorare ciò che funziona. E costruire così il futuro della sicurezza cantonale».

Assenti Gobbi e Zali. Presente Marchesi

All’assemblea non c’erano gli interlocutori cantonali (istituzionali) del dopo accrocchio in governo. L’Apcti li aveva invitati, ma i consiglieri di Stato leghisti Norman Gobbi e Claudio Zali, e il responsabile del gruppo di lavoro Filippini, hanno declinato l’invito per impegni pregressi inderogabili. Galli: «Peccato, sarebbe stata un’occasione preziosa per un confronto diretto». Ha raccolto invece l’invito Piero Marchesi. «La polizia unica? Resto convinto che il sistema attuale, con la Cantonale e le polizie comunali, funziona», ha detto il consigliere nazionale dell’Udc e sindaco di Tresa rivolgendosi alla sala: «Dobbiamo certamente rimuovere i doppioni. Ma dobbiamo ridurre anche la burocrazia per avere meno agenti negli uffici e sempre più poliziotti sul territorio,.fra i cittadini. Per rafforzare ulteriormente anche la sicurezza di prossimità».