Opere dell’artista svizzero-francese in mostra da domenica 11 maggio al 7 settembre, a cent'anni dalla sua morte
Moriva nel dicembre del 1925 Félix Vallotton, e nel centenario della morte una mostra lo celebra al Museo Castello San Materno di Ascona. ‘Félix Vallotton – Un monumento alla bellezza’, presenta un totale di 55 opere dell’artista svizzero-francese. L’esposizione è inserita nel programma ‘Année Vallotton’, composto da una serie di rassegne che toccano anche il Musée Jenisch di Vevey, il Kunst Museum Winterthur e il Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna.
Curata da Harald Fiebig con il sostegno della Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten, accompagnata dal catalogo bilingue (italiano-tedesco) Wienand Verlag, l’esposizione si apre il prossimo 11 maggio per rimanere aperta sino al 7 settembre, mettendo a disposizione del pubblico dipinti, disegni e cicli grafici che spaziano dai paesaggi alle nature morte e alle figure, corpus eccezionalmente prestato da una collezione privata svizzera raramente esposta. Altre opere provengono dal Kunst Museum Winterthur. La fredda severità, il distacco finalizzato all’osservazione precisa della realtà propri di Vallotton (“Per tutta la vita sono stato colui che da dietro una finestra osserva come si svolge la vita fuori, senza farne parte”, sue parole) fanno da contraltare al monumento alla bellezza che è la sua arte, concetto che dà il titolo alla mostra. Di Vallotton, il Museo Castello San Materno documenta le sue principali fasi pittoriche a partire dagli inizi (1880-92), in cui si dedica ai ritratti che hanno quale destinataria privilegiata la borghesia del tempo “perché – come scrisse lo stesso artista alla famiglia nel 1889 – corrisponde alla mia inclinazione ed è il genere in cui ho maggiori possibilità di successo”. Si passa poi all’adesione al gruppo dei Nabis (1893-1900), al periodo di transizione (1901-08) nel quale l’oggetto della sua attenzione è il paesaggio, semplificato e sintetizzato in ampie zone di colore in base alle regole dei Nabis, fino alla stagione della maturità, quando i paesaggi diventano di interesse più ampio grazie ai suoi numerosi viaggi in Francia, Italia e altri Paesi europei. Ad Ascona vi è testimonianza della scena urbana parigina, ma l’artista svizzero ha ritratto in modo approfondito anche Perugia, con le strette vie della città nel rapporto con le verdi colline all’orizzonte.
L’apprezzamento di Vallotton come pittore raggiunse la fama relativamente all’opera grafica, riconosciuta da critici e colleghi che vedevano in lui un innovatore della forma espressiva, cui tendere. In questo senso, ad Ascona sono in mostra alcune delle sue serie grafiche più celebri: quella dedicata alle montagne, in particolare, caratterizzata dalle quelle stampe giapponesi a colori che già ebbero sugli impressionisti e i post-impressionisti grande influenza. Altrettanto attraente fu per lui la vita metropolitana parigina, che in ‘Paris intense’ (1893-1894) ha un esempio della tecnica della zincografia.
A fine XIX secolo, Vallotton si concentra sulla sfera privata della vita borghese. Torna alla xilografia e alle possibilità di contrasto del bianco e nero ancor più radicali che in passato, lasciando che il nero enfatizzi le dieci ‘Intimités’ (1897-1898) in cui è visto il coronamento della sua opera xilografica. Dalle note di presentazione della mostra: “Vallotton getta uno sguardo dietro la facciata di una vita apparentemente perbenista e virtuosa. Il nero impenetrabile esprime così pessimismo e disperazione nei confronti delle relazioni interpersonali tra uomo e donna”.
Dopo le ‘Intimités’, Vallotton torna alla pittura lasciando alle opere grafiche pochi momenti ma di qualità, come le xilografie ‘L’Exposition Universelle’ del 1900-1901 e ‘C’est la guerre’ (1915-1916), denuncia degli orrori della prima guerra mondiale.
Peter Schälchli
Bords du Léman, 1892 ca., lio su tela