‘Lissitzky, Arp e gli Ismi dell'arte, 1925’, mostra aperta sino al 2 novembre alla Fondazione Marguerite Arp di Locarno-Solduno
Quella rievocata nello spazio espositivo della Fondazione Marguerite Arp, a Solduno, non è solo una storia molto interessante e coinvolgente in sé, ma ci dice anche molto sull’intraprendenza e la motivazione che animava gli artisti delle avanguardie novecentesche, sulla loro solidarietà e vicinanza, sul loro modo di tenersi uniti, di operare al fine di promuovere le avanguardie. Anche quando in un caso come questo, umanamente parlando, finisce piuttosto male. Vi si racconta la storia di un progetto che coinvolge due grandi artisti del Moderno, il russo El Lissitzky (1890-1941) e il franco-tedesco Jean/Hans Arp (1886-1966) i quali, nel febbraio del 1924, mentre El sta scendendo per curarsi in Ticino, si incontrano a Zurigo e progettano una pubblicazione trilingue (tedesco, francese, inglese) sulle avanguardie artistiche dal 1914 al 1924 dal titolo Die Kunstismen. L’intento è chiaro: si tratta del primo tentativo di storicizzare e dare visibilità ai movimenti avanguardistici degli ultimi dieci anni e ai loro protagonisti, una sorta di rapida retrospettiva con brevi introduzioni di Jean Arp e fotografie di opere d’arte scelte da El Lissitzky che ne cura pure l’aspetto formale attraverso una grafica moderna e ancora attuale.
A 100 anni da quella pubblicazione, la Fondazione Marguerite Arp per un verso allestisce una mostra con una quarantina di opere della propria collezione scelte alla luce di quel volume; dall’altro pubblica un minuzioso studio monografico, anch’esso di sorprendente impaginazione e taglio grafico (Edition Tincatinca), concernente il soggiorno terapeutico di El Lissitzky in Ticino (tra Locarno e Ambrì) dal febbraio del 1924 al marzo del 1925. Vale a dire il tempo che dall’affacciarsi della prima idea perviene poi alla pubblicazione di quella antologia artistica, grazie a quell’importante periodo intermedio vissuto ad Ambrì, da metà luglio a metà agosto, quando El Lissitzky con famiglia e Jean Arp con Sophie Taeuber-Arp si riuniscono per trascorrere insieme, a media montagna, parte dell’estate e concretizzare quel progetto che lì prende materialmente forma.
Fin lì, almeno in apparenza, tutto bene, poi però i rapporti tra due artisti si incrinano e quello che all’inizio era un incontro presto diventerà uno scontro. È davvero impressionante seguirne lo sviluppo scorrendo le pagine della raffinata e sorprendente pubblicazione edita dalla Fondazione; com’è altrettanto sconcertante leggere la vita di El Lissitzky, prima e dopo il suo approdo in Ticino, seguirlo nei suoi continui spostamenti, nella frenesia della sua mobilità, nell’accavallarsi dei suoi sempre nuovi progetti, lavorando simultaneamente su più fronti alla indefessa ricerca di un’arte che sfondi su orizzonti nuovi; cosa tanto più impressionante quando si tenga conto della precarietà del suo stato, non solo economico ma anche fisico, con problemi di salute che si fanno via via sempre più gravi.
In effetti, a soli 34 anni, il suo medico di Berlino diagnostica una grave forma di tubercolosi polmonare e gli consiglia un soggiorno nel sanatorio di Agra, nel Canton Ticino, regione allora rinomata per la sua rude bellezza esposta a meridione e caratterizzata da un’aria buona. Vi arriva nel febbraio del 1924, ma in realtà ad Agra non c’è posto, per cui viene mandato a Locarno dove, dopo pochi giorni, subisce un importante intervento al polmone, restando degente in ospedale per ben due settimane. Durante il suo prolungato soggiorno in Ticino egli riesce comunque non solo a mantenere vivi contatti con il mondo dell’arte europeo attraverso una fitta corrispondenza, ma crea buona parte delle opere divenute ormai iconiche e porta inoltre a termine l’operazione sugli Ismi nell’arte contemporanea.
Reguzzi
El Lissitzky, Figurinen-Mappe, 1923
L’avevano progettato di comune accordo, lui e Jean Arp, come riflessione sull’arte, i suoi sviluppi e la sua funzione nella società moderna, ma alla fine si trovarono divisi su fronti contrapposti, anche dal punto di vista umano. Erano entrambi due personalità forti ma anche molto diverse, sia per carattere che per visione artistica, ciascuna con la propria cerchia di referenti e amici. El Lissitzky, fervido ammiratore del poeta e drammaturgo, pittore e grafico Vladimir Majakovskij (1893-1930), nutriva infatti una visione più sociologica e funzionale dell’arte cui affidava il compito di esprimere i cambiamenti radicali della società post-bellica, soprattutto pensando al corso intrapreso dalla Russia post-rivoluzionaria.
Arp, da dadaista qual era, concepiva invece l’arte come superamento del razionalismo e scardinamento della logica, come espressione di spontaneità spesso anche ludica, in cui anche il caos o il caso hanno spesso un ruolo creativo. Avevano comunque in comune un concetto di fondo: che dopo tanta nobile storia che la precede, l’arte moderna doveva saper prendere il volo, al di là delle convenzioni artistiche e delle caselle definitorie, in nome di una libertà e novità di linguaggio in cui si specchiasse e riflettesse lo spirito di un’epoca, cioè di una società che evolve, pur con tutte le sue tragedie, ma anche trasformazioni e innovazioni. Questo il loro progetto. Come artisti miravano davvero entrambi a liberare l’arte da qualsivoglia gabbia o costrizione, in nome di una creatività sempre nuova, originaria e libera; come uomini erano invece finiti nelle pastoie delle gelosie e dei dissapori, delle ripicche senza via d’uscita.