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L’Espressionismo tedesco, proprio come dieci anni fa

Dal 18 settembre al 20 dicembre la Fondazione Braglia festeggia il decennale dell’apertura aggiornando la mostra con la quale tutto era cominciato

A Lugano, in via Caccia 6A, con ingresso libero. Nella foto, uno scorcio del piano terra, da Pechstein (sx) a Kirchner
(Pellegrini)
12 settembre 2025
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“Siamo vecchi, ci siamo detti un giorno io e mia moglie. Che ne sarà della collezione dopo di noi? Volevamo che fosse custodita, salvaguardata, conservata nella sua integrità. Inizialmente questi erano locali privati, una dependance di casa, poi dall’incontro con politici e musei è nata l’idea di aprire lo spazio al pubblico”. Nasce così la Fondazione Gabriele e Anna Braglia, la cui prima mostra è andata in scena nel settembre del 2015, avendo come protagonisti i maestri dell’Espressionismo tedesco, da Kandinsky a Jawlensky a Werefkin e tanti, tanti altri. “Riprendiamo parte di quell’esposizione”, spiega Gabriele Braglia, “ma in questi dieci anni di passione ci siamo sentiti in dovere di integrare la collezione con nuove opere”, evidenziate in mostra da sezioni verticali di parete intonacate di grigio.

All’inizio fu Paul Klee

Il decennale dell’apertura al pubblico coincide anche con la scomparsa di Anna Braglia. Per Gabriele, ogni quadro è una storia, ogni acquisto ha un giorno, un’ora, uno stato d’animo, un momento di passione artistica condivisa. La cosa vale anche e soprattutto per l’ampia collezione di opere di Paul Klee che occupano più d’una parete intera al piano superiore. Perché è proprio a partire da Paul Klee che nei Braglia è nato l’interesse (dicasi pure, o alternativamente, l’amore) per l’Espressionismo tedesco: “All’inizio di questo innamoramento ci hanno chiesto come mai ci fossimo interessati a questa corrente, noi che abbiamo origini italiane. In effetti, fino al 1985 la nostra cultura legata all’arte è stata soprattutto italiana, popolata da artisti in gran parte lombardi”. Poi, un giorno, amici galleristi veneziani segnalano ai Braglia un Klee esposto a Palazzo Grassi: “Non c’erano i telefonini, non potevamo cercare su Google. Ci siamo documentati in biblioteca”. L’innamoramento diverrà definitivo un anno dopo, in Svizzera: “All’interno di ArtBasel era esposto un piccolo quadro di Paul Klee, ‘Erinnerung an Romanshorn’, uno scorcio del borgo che sta sulle rive del Lago di Costanza. Per capire come mai l’artista avesse scelto di ritrarre Romanshorn abbiamo preso l’automobile e ci siamo andati, e siamo rimasti estasiati dal posto. Così siamo tornati a Basilea e abbiamo acquistato quel quadro. Vedete, sta lì..”.

‘Erinnerung an Romanshorn’ sta “lì” insieme al Kandinsky paesaggista che non t’aspetti, dal primitivo ‘Landschaft bei Kochel’ del 1902-1903 al più ‘evoluto’ (e bellissimo) ‘Murnau – Zwei Häuser’, di soli cinque anni più tardi. Delimitati dal colore grigio stanno “lì” anche i carboncini e le matite di August Macke, e la cartolina postale spedita a Paul Klee da Heinrich Campendonk, un ‘Gatto a Sindelsdorf’ disegnato a matita. E poi i gessetti, le tempere e gli olii di Marianne von Werefkin, le lunghe figure umane di Lyonel Feininger e l’ampia sezione dedicata ad Alexej von Jawlensky, a partire dal placido gessetto intitolato ‘Liegender Akt’, che anticipa più colorate superfici tra cui la testa astratta olio su cartone (‘Abstrakter Kopf: Arabisches Märchen’) campeggiante sulla copertina del catalogo bilingue italiano-inglese, che accompagna l’esposizione.

Conoscenza

Con il padrone di casa siamo partiti dal piano superiore. Prima di scendere a pian terreno, Braglia regala definizioni di collezionismo, pratica a volte ‘schizofrenica’ da contrapporsi al processo di “conoscenza” che porta a “scelte mirate”, nelle quali il collezionista luganese s’identifica: “Abbiamo acquistato opere che ci davano gioia, a volte ancor prima che ne conoscessimo l’autore. Tutto è frutto di scelte ponderate, ma regolate dall’emozione”. Perché “il collezionista è un animale strano che ha due caratteristiche principali: la prima è che è geloso, la seconda è che non gl’importa di quel che colleziona, e a volte sono cose incomprensibili…”. Braglia cita amici che in casa conservano “46mila pezzi di salini e pepini”, i classici contenitori da tavola per sale e pepe, raccolti in tutto il mondo: “Cosa mai se ne faranno da morti?”.

Al piano di sotto sta l’esplosione di colori di Emil Norde, oggetto nel 2023 della mostra ‘La forza del colore’, con il pittore danese affiancato dal tedesco Herbert Beck il cui figlio, il gallerista Michael Beck, è presente alla presentazione della mostra del decennale (che per l’occasione è a entrata gratuita) e da amante dell’arte definisce quanto appena visto “un luogo dei sogni”. Le donne di Nolde (‘Sommergäste’) già ammirate in quell’occasione si ritrovano insieme ai paesaggi, al suggestivo ‘Waldrand’ e alla prima acquisizione noldiana da parte dei Braglia, ‘Paar un Diseuse’, acquerello su carta giapponese datato 1910-1911, il periodo berlinese del pittore.

Novantatré

Lasciamo i due contadini di Ernst Ludwig Kirchner, la casa gialla di Hermann Max Pechstein, le due figure femminili tracciate nella natura da Otto Müller. Per completezza d’informazione, in mostra c’erano anche Erich Heckel, Franz Marc e Gabriele Münter. Usciamo a riveder la luce di via Caccia 6A, ora che la pioggia ha fatto retromarcia. “Questa sarà la dodicesima mostra”, aveva detto Gabriele a inizio incontro. “Mi rendo conto ora di quanto lavoro sia stato fatto, e per quanto complesso, è sempre e comunque stata un’attività di piacere, sempre entusiasmante”. Non sappiamo se, come nel caso delle signore, dei galleristi sia elegante dire l’età, però Gabriele Braglia è prossimo ai novantatré e non ne fa segreto. Nemmeno fa segreto di chi sta dietro a tutto quello che in oltre dieci anni è venuto a crearsi dentro le stanze della Fondazione. “Dietro tutto questo c’è Anna”, dice guardando le stanze da fuori (info: www.fondazionebraglia.ch).


Pellegrini
Marianne von Werefkin, L’Allée, ca. 1917