laR+ Chiasso

Nell’atelier di Angelo Tenchio

Tra gli incisori italiani di spicco della seconda metà del 900, lo Spazio Officina ne espone arte e grafica, nate in un luogo intimo e insieme pubblico

Dal 21 settembre al 30 novembre. Inaugurazione domani alle 17.30. Nella foto: Angelo Tenchio, Progetto per scultura, 1975 - acquaforte e acquatinta, matrice in rame
(Pedroli)
19 settembre 2025
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Da quella teatrale a quella culturale in toto, comme d’habitude. È l’ordine nel quale a un passo dal confine si svelano le stagioni, partendo dall’autunno. Di ‘Pulchritudo’ (in latino ‘bellezza’, ‘fascino’, ‘splendore’), Nicoletta Ossanna Cavadini aveva già parlato sul palco del Cinema Teatro. Negli spazi del Ciag, il locale Centro internazionale d’arte e grafica, la responsabile del Centro Culturale Chiasso e direttrice del m.a.x. museo torna sul concetto-guida del 2025-26, un termine col quale riprendere “il valore intrinseco del concetto di bellezza, che da esteriore diventa interiore”, meglio se “al di fuori dei modelli stereotipati, guardando alla visione della propria anima, del proprio essere, delle proprie passioni”. Riflessione che il Centro “declina nelle diverse attività legate all’arte, alla grafica, alla comunicazione visiva, al teatro”. Identificato nella visione dall’alto che forma il suo logo – Cinema Teatro in giallo, m.a.x. museo in rosso, Spazio Officina in blu, la quadrata Biblioteca in grigio e il circolare (ma solo nel segno) Ciag – il Centro Culturale Chiasso compie quindici anni e applica pulchritudo a tutte le sue componenti (nelle modalità descritte a fondo pagina).

Borgovico

Con inaugurazione della prima mostra, domani alle 17.30, la stagione si apre domenica allo Spazio Officina con ‘Angelo Tenchio (1943-1994) fra arte e grafica’, mostra co-curata da Ossanna Cavadini e Roberto Borghi dedicata a uno degli incisori italiani più importanti della seconda metà del Novecento, il cui atelier di Borgovico, in provincia di Como, ha attratto, rilanciato, stimolato artisti, galleristi e collezionisti italiani e anche svizzeri. Fino al prossimo 30 novembre resteranno esposti circa venticinque anni dell’attività grafica di Tenchio, concentrati nella selezione di opere donate agli Archivi del m.a.x. museo dalla vedova, Elvira Tenchio, e dalle figlie Carlotta e Camilla. “È insieme una personale e una collettiva”, spiega Borghi, “una personale del suo lavoro in relazione all’attività centrale di stampatore, e con due elementi scultorei che aprono a un raffronto”.

Nato come scultore, sin dagli anni di Brera Tenchio è affascinato dall’incisione, che poi si prenderà tutto o quasi. Il ‘totem T’ e il ‘totem P’ esposti a Chiasso, due opere lignee di grandi dimensioni, sono testimonianza (conclusiva) dell’attività scultorea dell’artista italiano. Ma secondo Borghi la mostra è anche una collettiva per l’avere, Tenchio, lavorato anche per gli altri artisti del territorio, non solo comasco: “Il suo atelier era uno spazio intimo, sì, ma anche pubblico, perché convergevano ‘ecumenicamente’ le attività di terzi”. Artisti anche ticinesi, di cui si parlerà, garantisce il co-curatore, nella conferenza pubblica dell’8 novembre alla Biblioteca comunale di Como, sede di ulteriore presentazione della mostra.

Nel frattempo, Borghi riassume la storia dell’atelier di Tenchio, aperto nel 1971 vicino alla stazione di Como S. Giovanni, un (pertinente) “luogo di scambi” nel quale stampavano molti artisti della sua generazione “ma anche quelli della generazione dell’astrattismo comasco, piccola comunità che fece di Como un unicum”. Tra le collaborazioni più rilevanti, quelle con Mario Radice e con Giuliano Collina, quest’ultimo già ospitato a Chiasso. Un cenno alle matrici, allo Spazio officina generosamente esposte: “Nella seconda metà degli anni 70, Tenchio abbandona la pittura sublimandola nel lavoro grafico, ma anche le matrici delle sue incisioni appaiono come dipinti su supporti anomali”. Dunque anche nel lavoro grafico emerge “un’anima pittorica”, il cui senso del colore è “insolito” nel panorama storico-artistico.


Zarbo
Giuliano Collina, La pioggia sul lago, di notte - 1989, tecnica mista (ceramolle, acquatinta e puntasecca)

Dalla co-curatrice, la peculiarità della mostra: libretti e taccuini, “specchio dell’anima” dell’artista farciti di pensieri, passioni, diari di viaggio come quello in Mali, che influenzò l’ultima sua produzione. Opere e taccuini sono sintesi del percorso di Tenchio, che ha in Alberto Giacometti e in Fausto Melotti le influenze più forti. Quanto al bregagliotto, Elvira Tenchio conferma: ogni anno, ogni lunedì di Pasqua, il marito portava la famiglia a Stampa, “una peregrinazione”.

Certificati d’origine

Misura, spazio, ordine. Lo stare tra i lavori di Tenchio è pulchra, sensazione per lo stato delle cose e della luce, con i due totem come crocevia e le grafiche affiancate dalla relativa matrice, la cui presenza (le matrici) è peculiarità di Chiasso, che quando può fornisce ‘certificati d’origine’ dei manufatti. A rendere nell’immaginario l’atto dello stampatore, le matrici poggiano su pannelli che simulano – perché bianchi, e per dimensione – il foglio di carta dell’opera finita. Stanno nelle prime quattro stanze. Sotto i vetri delle bacheche che corrono centrali, invece, stanno libretti e taccuini, ma anche le cartelle con la veste editoriale di Max Huber (cui si deve la rana-logo), e molto altro. Le successive due stanze ospitano opere calcografiche di Tenchio e le ultime due il frutto dell’atelier quando l’azione del titolare si è applicata al lavoro altrui: Aldo Galli, Mario Radice, Gianriccardo Piccoli, Fiorenza Bassetti, Giorgio Bellandi, Carla Horat e Marco Mucha sono alcuni degli artisti che gli affidarono sensibilità di cui farsi carico. Le relative opere sono una sorta di collettivo inchino alla riuscita.

L’esposizione è accompagnata dall’omonimo catalogo, con i saggi di Borghi, Ossanna Cavadini e Chiara Milani. Dette con i numeri, le opere esposte sono 127, nelle tecniche della lineografia, acquaforte, acquatinta e puntasecca; 68 le matrici in rame e zinco, affiancate alle stesse grafiche. Il tutto dal 1968 al 1993, prima dell’improvvisa morte dell’artista, avvenuta il 21 aprile del 1994 in seguito a un aneurisma. “La maggior parte del suo lavoro era dedicato alla grafica”, commenta Elvira Tenchio. “L’amava come mestiere, voleva saper leggere il segno grafico sulla lastra, padroneggiare le tecniche dell’incisione, le durate del bagno, l’intensità del rullo d’inchiostro e tutto il resto”. Elvira è convinta che in lui vi fosse il dna del falegname, “per l’idea del lavoro, dello sperimentare”. Dice: “Sono di parte, ma credo che questa mostra gli renda pienamente omaggio”.


Pedroli
Angelo Tenchio, ‘totem T’, 1991 - ceramolle e acquatinta, matrice in rame

La stagione 2025-26

Da Sophia Loren alle Stanze dell’arte

Il secondo atto della stagione ha connotazioni cinematografiche. ‘Sophia Loren: il mito della bellezza disegnato con la luce’ è la mostra che si apre il 26 ottobre, inserita nel ciclico tributo del m.a.x. museo alla fotografia. In sinergia con i Musei Civici del Comune di Napoli, terra che le diede i natali, vede l’attrice ritratta dai grandi fotografi, in rigoroso bianco e nero (fino all’8 marzo). Per ‘I maestri del XX secolo’, il 29 marzo apre ‘Max Bill (1908-1994) di gute Form - pittura, scultura, architettura e design’, dedicata all’architetto svizzero, più noto come pittore, scultore, designer e grafico. È Petra Weiss in persona ad assistere alla presentazione di ‘La bellezza esiste’, focus a lei dedicato dall’8 febbraio al 19 aprile. E il 31 maggio, ‘Le stanze dell’arte IV’, i giovani artisti chiamati a presentare le loro creazioni (a breve il bando).

Sono tanti gli eventi collaterali alla mostra. Jurij Meile, neodirettore del Cinema Teatro, annuncia l’Ensemble900 del Conservatorio della Svizzera italiana per il concerto del finissage del 30 novembre. È inserito negli eventi speciali legati ai quindici anni del Centro, come la musica dei Dixie Blues Brothers, il 28 settembre nei luoghi meno accessibili del Cinema Teatro e in omaggio alla passione di Max Huber per il jazz. Rimandando a www.centroculturalechiasso.ch per la programmazione completa, un cenno al Museo diffuso d’arte pubblica, occasione per far respirare opere conservate nei depositi e non tutte visibili al pubblico. Ecco quindi che ‘Se il cielo in testa ti cade’ di Samuele Gabai, per esempio, prenderà posto nelle scuole elementari, il lungo ‘Esodo’ di Gianni Realini si prenderà il Palapenz, la Donna seduta di Giuliano Vangi il Centro sociale e gli Uccelli e Burda di Mariapia Borgnini la biglietteria della Stazione ferroviaria. “Temi specifici in relazione al pensiero, alla scoperta”, chiude Ossanna Cavadini, “muri bianchi non solo informativi, ma dove l’arte entra a suggerire un mondo di piacere”.