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Al Grin Festival c’è il mondo

Non solo musica da venerdì 27 a domenica 29 giugno a Roveredo. È tutto pronto per l’edizione 2025: ne parliamo con il direttore artistico, Nico Fibbioli

Un estratto dal cartellone
23 giugno 2025
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Tutti i palchi sono al coperto, una garanzia dall’acqua e dal sole. «Speriamo di doverci difendere dal beltempo e non dalla pioggia», specifica Nico Fibbioli, direttore artistico del Grin Festival. Da venerdì 27 a domenica 29 giugno a Roveredo, con il motto ‘Enjoy, love, sing and be grin’ – giocando tra il grillo (grin, nel dialetto locale) e il green del luogo e della sostenibilità –, torna la manifestazione nata da un gruppo di amici “intenzionati a unire arti e culture dal mondo con lo scopo di mostrare la ricchezza della diversità” (dal ‘manifesto’ del Grin).

«L’attesa è abbastanza alta anche perché lo scorso anno il festival è stato annullato poche ore dopo l’inizio», ricorda Nico. «L’estate scorsa tutto era partito molto bene nonostante le previsioni meteo non favorevoli, poi le autorità ci hanno chiesto di evacuare per prevenzione, visto tutto quel che era successo in Vallemaggia, per evitare qualsiasi tipo di rischio. Era l’anno in cui sembrava che tutto stesse tornando a funzionare alla grande e non è stato così. Questa edizione, di nuovo, è la volta in cui vorremmo vedere i risultati del lavoro di questi anni, in mezzo al quale ci si è messo prima il Covid e poi il resto, anni che non solo in Ticino sono stati difficoltosi per realizzare eventi».

Oltre l’open air

Per via della molta musica, il Grin Festival ha ovvie affinità con il concetto di open air, da non confondersi però con il tradizionale ‘concertone’: «È all’aperto, il format è quello, ma i contenuti sono sia musicali che teatrali, di workshop e laboratori, e tante occasioni di registrazione a cura di Rsi e Radio Gwen. Insomma, c’è tanto». Con un intento (musicale) che è il medesimo di sempre, ovvero portare nei Grigioni le musiche dal mondo. «Lo scopo resta quello di avere qui da noi musiche con radice forte del Paese di provenienza di chi le esegue. Cito i Sanam, che mescolano post rock noise a musica arabo-libanese, e i BCUC dal Sudafrica, anch’essi a rivisitare la tradizione. Ci teniamo che il punto fermo del nostro evento resti la componente folk, world music». Tra i nomi ‘consigliabili’? «Quasi tutte le band che vengono al Grin Festival hanno un loro perché, una lunga storia e un valore. Faccio dei nomi a puro titolo personale e dico proprio Sanam e BCUC. Questi ultimi, nella mia lunga esperienza di concerti visti dal vivo, restano a oggi una delle performance più incredibili viste nella mia vita. Un’esperienza, più che un concerto».

Acronimo di Bantu Continua Uhuru Consciousness, i BCUC (venerdì alle 22) sono “anima funky indigena” (dalle note di presentazione), una commistione di funk, fischio tradizionale, percussioni e chitarra rock, elementi ‘ornati’ da più voci: Jovi, Luja e Hloni (rapper) e Kgomotso, l’unica donna della band. Lodati dal britannico Guardian per il saper fondere “chitarre gravi, percussioni industriali e voci intense, creando trame oscure e spaziose”, i Sanam (sabato alle 23.30) sono un prodotto della scena indipendente di Beirut e uniscono rock improvvisato, free jazz e noise con l’intento, riuscito, di rivisitare la canzone tradizionale egiziana e la poesia araba. «Ciò che mi rende felice – aggiunge Fibbioli – è che queste sono band che il giorno dopo suonano al Fusion a Berlino, uno dei festival più grandi d’Europa, o in altri happening importantissimi. Averli a Roveredo non è scontato». Fibbioli cita anche Antti Paalanen, dalla Finlandia (domenica alle 19): «Ho voluto riproporlo per come sono andate le cose lo scorso anno, e perché è bene che si possa finalmente godere di questo personaggio incredibile, musicalmente parlando e dal punto di vista dello spettacolo in sé». Ispirato anch’egli dalla tradizione, Paalanen porta al Grin un mondo sonoro personalissimo nel quale il canto di gola siberiano e il resto del ‘traditional’ si fondono con la trance, i ritmi Edm e le moderne tecnologie.

Documentare

Sei Dj set, sedici workshop, l’installazione sonora di Danilo Ligato intitolata ‘Futuro Antico’, e cioè un grande megafono di legno che diffonde le musiche tradizionali raccolte dall’etnomusicologo Roberto Leydi (1928-2003). In apertura, il concerto dell’Ethno Camp. Sono altre proposte del Grin, cui si aggiunge il ‘Crotcast’, registrazioni di suono e immagine a cura di Radio Gwen che vanno ad aggiungersi alla copertura della Rsi, di cui abbiamo parlato in maggio con Christian Gilardi. Richiamando l’antica tradizione estiva di ritrovarsi nei grotti per suonare e cantare, gli artisti si esibiranno all’entrata di un antico grottino a Roveredo, per session rigorosamente acustiche e che saranno registrate. Quanto alla necessità di documentare: «Sarebbe un vero peccato non avere testimonianza di un gruppo che arriva appositamente dalla Georgia, o uno dalla Mongolia: quando succederà ancora?». Nello specifico: il gruppo georgiano si chiama Gordela ed è stato fondato nel 2007 all’Università statale di Tiblisi da cinque ragazze, calate tra canto popolare polifonico, a cappella e con strumenti tradizionali, tra musica etnica e cover moderne. Il gruppo della Mongolia si chiama invece Tangerton ed è un quartetto d’archi, stanziato in Europa, che unisce il violino morin khuur con il canto armonico mongolo, reinterpretando i canti tradizionali con nuovi arrangiamenti e strumenti tipici o modificati.

Comicità e attualità

“Un grande grazie a Gardi…!”, si legge sui volantini del Grin. Sabato alle 18.30, Gardi Hutter porterà a Roveredo una nuova replica di ‘Giovanna D’ArPo’. «Lo scorso anno Gardi era qui come spettatrice», ricorda Nico. «Avendola sempre vista vestita da clown, non l’avevo riconosciuta. Durante l’evacuazione ci disse che ci avrebbe tenuto tanto a esserci. Il suo è un nome grosso, ha voluto portare la sua arte da noi e gliene siamo grati perché è un valore aggiunto e ci fa capire che stiamo andando nella direzione giusta». Gardi è il Teatro del Grin, insieme alle italiane Strologhe (‘Storie da mangiare’, venerdì), agli spettacoli di clown della Compagnie Paprika Royal e dell’italiano Circo Pacco (entrambi sabato e domenica) e, tra gli altri, ‘Hanger?’, la clownerie ‘eccentrica’ dell’italiano Mario Levis (sabato). Gianluca Grossi (sempre di sabato, alle 14) è invece l’attualità ospitata nel ‘Sitìn’: «Questo angolo è sempre esistito – ricorda Fibbioli –, ha solo cambiato il nome. È il consueto luogo d’incontro, presentazioni di libri, dibattiti. È uno spazio espositivo, un luogo di proiezioni, un posto di condivisione. Da qualche anno cercavamo Grossi senza riuscirci. Ci siamo riusciti».

Le ultime parole con Nico Fibbioli toccano le scelte artistiche, dalle quali dipendono anche e soprattutto gli esiti di eventi come questi: «Il metodo di scelta dei gruppi è qualcosa che mi emoziona e va oltre la tecnica. Per me la musica è sempre stata una passione primordiale. Poter far questo festival significa per me regalare a chi viene al Grin ciò che la musica mi ha regalato. Vorrei che il pubblico se ne andasse da Roveredo non con indifferenza, ma con qualcosa di nuovo in mano». Rispetto al programma annunciato (quello completo è su www.grinfestival.ch, e così la prevendita biglietti) c’è un’unica modifica: i Tengerton suoneranno di domenica e non di sabato; Gordela, attese per domenica, anticiperanno il loro concerto a sabato.