Forte di un 2024/25 di successo, Diego Fasolis ha presentato la stagione 2025/26, che pur nelle molte avversità è tutta un lungo, doppio anniversario
È una composizione di Francesco Hoch, sarà eseguita in prima mondiale e dal suo titolo, ‘Siamo ancora qui’, attinge Diego Fasolis – leader/fondatore dei Barocchisti e dal 1993 al timone del Coro della Radiotelevisione svizzera – per riassumere il senso della nuova stagione musicale, presentata oggi nella sala Refettorio del Lac alla presenza di direttori artistici e musicali del centro culturale, stampa, musicisti, musicologi e affezionati. Una stagione, quella alle porte, dalle ricorrenze pesanti: i novant’anni del Coro della Rsi, fondato nel 1936 da Edwin Loehrer, e i trenta de I Barocchisti, fondati nel 1996 da Fasolis. Bach, Vivaldi, Haydn e Mozart sono al centro delle 14 produzioni complessive per un totale di 24 appuntamenti. La stagione include per la prima volta un progetto educativo dedicato alle scuole, un viaggio all’origine della musica intitolato ‘Barockissimo!’.
“Il mio non è un ruolo artistico, ahimé, ma quello di assicurare le condizioni quadro affinché la musica possa avere luogo, e le condizioni legate all’ente pubblico radiotelevisivo sono difficili. I Barocchisti sono la rappresentazione di quel che significa indebolire il servizio pubblico”. Sono le parole del presidente dell’Associazione I Barocchisti, Bernardino Regazzoni, pronunciate sotto le sinistre ombre dell’iniziativa popolare ‘200 franchi bastano!’, a precedere la musica. Parole che vanno di pari passo con quelle contenute nel libretto di sala: “Guardiamo al futuro con fiducia e l’entusiasmo di sempre, pur nella consapevolezza delle sfide che ci attendono, in primo luogo la situazione attuale del servizio pubblico radiotelevisivo, da sempre nostro fondamentale punto di riferimento”. E ancora: “L’orientamento necessario verso forme di finanziamento misto con il privato non può prescindere dal contributo della mano pubblica”. Detto di persona: “Lo scopo non è confezionare la stagione ma assicurare il futuro. Vogliamo arrivare almeno fino al centenario e serve avere una prospettiva. Siamo coscienti che la formula del finanziamento misto sarà quella giusta, ma qualsiasi dovesse essere, senza la mano pubblica non c’è creazione artistica, non c’è cultura”. Da cui l’appello ai poteri pubblici e al privato “per un modello futuro sostenibile”.
Da Jurij Meile, produttore esecutivo e direzione generale, il riepilogo del 2024/25 di successo dei Barocchisti lungo il fil rouge Monteverdi-Bach, tra territorio e terre più lontane, tournée scelte, riorganizzazione interna e un nuovo sito web. Dall’incisione dell’integrale dei concerti per violino di Mozart alla prima assoluta dello Stabat Mater di Ivo Antognini, dalle Willis nel bel mezzo dell’anno pucciniano a ‘L’arte del madrigale da Marenzio a Monteverdi’ con Luca Pianca; dal concerto di beneficenza per le valli Mesolcina, Bavona e Lavizzara alla Musica degli affetti, il repertorio del cuore dei Barocchisti, dalla Nona con l’Orchestra del Conservatorio della Svizzera italiana (per i 40 anni dello stesso) al ‘Salotto di Bach’ con Francesco Cera al clavicembalo. Fino alle Cantate di Passione devolute allo sfortunato comune di Blatten e al doppio sold out di Lipsia per il ‘Transformation’, l’incontro per eccellenza dedicato alla musica di Bach. “Un anno realizzato con pochi mezzi – chiude Meile – ma in cui è stato fatto tanto, e la nuova stagione sarà un approfondire quel che ci ha preceduto”. L’apprezzamento del pubblico dice di 8’500 spettatori circa, più o meno equamente suddivisi al di qua e al di là del confine. “Ci siamo stati, ci siamo ancora”, parole che fanno da eco al tema di stagione.
E arriviamo a Fasolis. Laptop davanti a sé, regista audio e video di quel che viene proiettato in sala, pronuncia un grazie al pubblico (“Il concerto fa passare tutte le preoccupazioni”) e uno a Regazzoni: “Grazie per le competenze, ma soprattutto per essere un diplomatico, cosa che per me che non lo sono è una benedizione”. Una parola anche per il Coro Rsi: “Tra i migliori al mondo, e non perché lo dirigo io”. Anteprima di Cebbia a parte, lo scorso 26 luglio, la stagione 2025/26 parte oggi in Italia da Varzi, terra di salami, per continuare domani a Mendrisio per i Concerti dei Serviti. Il 12 settembre l’omaggio ai 10 anni del Lac, poi il 2 ottobre Milano, nel tanto caro Teatro Del Verme dove solisti e Coro Rsi porteranno il Requiem K626 di Mozart, anteprima dell’81esima stagione sinfonica del teatro milanese. In nome delle collaborazioni, ecco il 6 novembre l’Ensemble Concerto Scirocco diretto da Giulia Genini in ‘Sirene e soldati’, allo Stelio Molo o in altro luogo da definirsi, visto l’imminente trasloco della Rsi. Il 20 dicembre, nella Chiesa Santi Nazario e Celso di Airolo, ‘Il principe della musica’, 500 anni di Giovanni Pierluigi da Palestrina, con replica il giorno successivo a Bellinzona in Collegiata. Il 31 gennaio ‘Le Dialogue de Titan et des Grâces’, il recital di Luca Pianca alla tiorba. Il 21 febbraio al Lac, “il pezzo forte”: La Creazione di Joseph Haydn nella prima assoluta della versione italiana curata da Giuseppe Carpani e sottoscritta dall’autore, con strumenti storici (“Chi manca, sbaglia”).
Il Del Verme tornerà ad aprire le sue porte a Fasolis il 20 e 22 marzo per la Messa in do minore K427 di Mozart. Dal primo al 4 aprile, ancora in Collegiata, il ‘Requiem in tempore belli’, nove compositori e compositrici ticinesi per i nove numeri dell’opera, insieme al Coro e all’Orchestra della Svizzera italiana, l’amore “non corrisposto” di Fasoli, la direzione artistica che non è mai arrivata. Dal maestro, la chiamata a una comune resistenza: “Siamo entrambi sulla stessa barca traballante: è il caso di unire le forze da subito”. In chiusura, un’anticipazione dalle Settimane Musicali 2026, un ritorno che sa di riappacificazione. E in dicembre, un programma evocativo dei concerti del 1936 e 1937 del Coro Rsi.
A chiudere l’incontro, per dire quale sarà il futuro di Diego Fasolis alla guida dei Barocchisti, dal suo laptop arriva un’immagine di Herbert Blomstedt, direttore d’orchestra svedese che a 98 anni ancora sale sul podio. Poi, alla Regione, così Fasolis a margine della conferenza: «Dall’ente pubblico radiotelevisivo abbiamo ricevuto per ora una lettera d’intenti in cui si dà disponibilità a continuare la collaborazione con i mezzi a disposizione e io mi attengo a questa idea. Sarebbe clamoroso avere uno dei migliori cori da camera al mondo con novant’anni di storia e non trovare il modo per garantirgli l’esistenza, almeno riunendo le forze gli ruotano intorno». Il pensiero va al «lavoro straordinario fatto dalla Ssr nel 1993, quando presi in mano coro che si pensava di togliere. Carlo Piccardi scommise su di me, qualcuno credette che per via di un ragazzo alla guida la cosa sarebbe scemata da sola, io invece ero determinatissimo: sono arrivati i dischi, il successo, e sono diventato non più removibile facilmente».
Su questo tema «caldo da sempre», ancor più oggi, il Fasolis-pensiero è il seguente: «È difficile dimostrare che la produzione di musica antica sia core business. È chiaro che l’Osi con Brahms e Beethoven non può non esserci e che noi siamo come una moto da corsa, che se i soldi mancano non ce la si può più permettere, una specie di marchio di lusso del quale, in momenti di ristrettezze, si potrebbe anche fare a meno. Ma stiamo cercando di tirare i fili».