laR+ L'intervista

Zoë Më, tutti amano ‘Voyage’

Stella della prima semifinale di Basilea 2025, sogna la sua canzone con un’orchestra. La risposta del pubblico al brano ‘è il dono più grande’

Il mondo di Zoë Më
(Keystone)

Non è che gli applausi le risultino indifferenti, anzi. «Devo solo prestare un po’ più d’attenzione all’ultimo ritornello, ho difficoltà a sentire la mia voce quando il pubblico applaude». Avercene di questi problemi. Zoë Më, che una lungimirante commissione ha scelto perché rappresentasse la Svizzera a Basilea, sta guadagnando in credibilità. Non tutti si erano innamorati di ‘Voyage’, un canto d’amore per il prossimo più che per l’innamorato/a. Potere delle condivisioni, potere dei video virali, potere del poter essere quello che si è – senza le tutine paillettate o lo spacco altissimo di coscia, che in questo concorso generalmente paga –, la sua canzone è navigata per un po’ di tempo nelle retrovie dell’eurogradimento e adesso staziona fieramente tra i primi dieci candidati alla vittoria.

Se andasse avanti così, con i media a spellarsi le mani e il pubblico delle semifinali tanto rumoroso che la giovane cantautrice non sente quel che canta, la Svizzera rischierebbe di doversi organizzare un altro Eurovision Song Contest: altre candidature, altre proteste, altri referendum, e tra un anno tutti in pista a ballare ancora ai ritmi sincopati dell’Esc, rispetto ai quali Zoë, limitatamente a Basilea, rappresenta una piccola e misurata eccezione, retta da un’immagine floreale molto bella che dice più o meno così: “I fiori è meglio annaffiarli che non reciderli per metterli dentro un mazzo”, un concetto che vale una canzone. E una canzone che vale il concetto.

Nell’arena e fuori

Nata a Basilea ma non basilese, della città sul Reno Zoë conosce più che altro il Carnevale. Ma il suo è comunque un cantare doppiamente in casa. Quanto ai pronostici: «Faccio fatica a parlare di posizioni, di classifiche. Definire la musica in cifre è un processo difficile per me. Mi basta sapere che la gente si è emozionata, il resto non conta». Si sente bene, di pomeriggio proverà ancora una volta ed è in voce. Le interviste ammazzano le corde vocali dei cantanti, e dunque questo è un regalo. «Non puoi mai aspettarti un determinato tipo di reazione da parte del pubblico», ci risponde quando le facciamo notare che ‘Voyage’ adesso si trova dalle parti del plebiscito: del gradimento del pubblico se n’è accorta da sé, di quello del media center no, o qualcuno le avrà riportato che l’entusiasmo è quello dell’arena. Magari senza le lucette degli smartphone accese, ma poco cambia. E specifica: «Io mi ero solo ripromessa di potermi sentire orgogliosa di me quando tutto sarebbe finito. Tutto il lavoro fatto è stato nell’ottica di realizzare la migliore performance possibile. Vedere questo tipo di reazione, per un’artista è un dono che sta al di sopra di tutto, anche del sapere di avere dato tutto per la riuscita dell’esibizione».

Le diciamo che ci siamo immaginati quanto sarebbe bella ‘Voyage’ con un’orchestra vera sul palco, ma anche lei l’ha fatto: «Amo le orchestre, ricordo immagini dell’Eurovision Song Contest suonato dal vivo. Sarebbe un sogno, spero di poterlo realizzare più avanti». Dice che quaranta elementi potrebbero bastare.