Fuori i doppi sensi australiani e la Georgia con la bellissima ‘Freedom’. In finale l'Austria lirica e il canto greco
È finita a colpi di fondue e sulle note di ‘Insieme 1992’, con Sandra Studer nell’inno europeista che fu di Toto Cutugno (1943-2023), primo a Zagabria 1990. ‘Unito dalla Musica’, l’Eurovision Song Contest (Esc) ha emesso il secondo dei suoi verdetti. Le nazioni che vedete indicate nella grafica poco sotto vanno ad aggiungersi alle già qualificate Norvegia, Albania, Svezia, Islanda, Paesi Bassi, Polonia, San Marino, Estonia, Portogallo e Ucraina, per la finale in programma domani. Vi si uniranno le Big Five (Francia, Spagna, Regno Unito, Italia e Germania) e la Svizzera quale Paese ospitante, che ripone speranze in Zoë Më con ‘Voyage’.
Al netto degli eccessi (Finlandia in testa, che cavalca un’asta microfonica dalla coda fiammeggiante), così sono suonate alle nostre orecchie e ai nostri occhi le canzoni della seconda semifinale:
Keystone
Nella foto, Louane per la Francia ‘Big Five’ e l’esito della seconda semifinale
Australia: Go-Jo, ‘Milkshake Man’ ★★★☆☆
“Puoi chiamarmi l’uomo del frappé / Voglio shakerare tutto il mondo e farlo ballare / Tutti berranno il mio latte”. È il momento letterariamente più elevato di ‘Milkshake Man’, l’uomo del frappé di Go-Jo, all’anagrafe Marty Zambotto, nel trionfo del doppio senso e nemmeno troppo doppio (“Bevilo ogni giorno e diventerai più grande, più forte, e avrai erezioni migliori”). Il momento clou è un’eruzione di latte dal frullatore gigante, come alla fine di ‘Relax’ dei Frankie Goes to Hollywood. E la mente va agli Elio e le Storie Tese, ai quali in fondo è mancato solo l’Eurovision. Giudizio: “Se si china la Fata Turchina sento una forza dentro che neanch’io so come / Ed emetto una specie di fruppé” (‘Burattino senza fichi’, 1996)
Montenegro: Nina Zizic, Dobrodošli ★★★☆☆
Nina mette dentro a un fior di vestito le sfide di una donna sola e “muore e rinasce”, come dice lei. E noi, che all’inizio pensavamo di morire, sopravviviamo. Giudizio: Nina non aver paura
Irlanda: Emmy, ‘Laika Party’ ★☆☆☆☆
Emmy è norvegese e canta per l’Irlanda una cosa che gli amanti dei nostri piccoli amici a quattro zampe apprezzeranno, e cioè l’idea che la cagnolina Laika, imbarcata sullo Sputnik nel 1957 e sacrificata per la corsa allo spazio, “vive ancora e ha il suo party nel cielo”. Parole dell’artista, calata nel suo mondo Barbie che rispetto a quello degli Aqua (‘Barbie Girl’, 1997), è cacofonia. Giudizio: come on Laika, let’s go party
Lettonia: Tautumeitas, ‘Bur Man Laimi’ ★★☆☆☆
Etno-pop dal titolo traducibile in ‘Canto di felicità’, nelle foto ufficiali le Tautumeitas (da ‘tautumeita’, bellezza, femminilità, orgoglio culturale) sembrano le vergini suicide di Sofia Coppola, sul palco le atlete del nuoto sincronizzato prima di entrare in vasca. La resa visiva e vocale è al limite di una perfezione che il brano non sorregge. Giudizio: senti nell’aria c’è già (il canto di felicità)
Armenia: Parv, ‘Survivor’ ★☆☆☆☆
Un affetto da rotacismo non canterebbe mai un ritornello che dica “ra-ra-ra-ra-ra-ra-ra survivor”. Da ‘Survivor’ di Parv a ‘Believer’ degli Imagine Dragons, che da anni forniscono il suono all’Eurovision, il passo è breve, anche troppo. Giudizio: avavava (cit. Bruno Arena, in memoria)
Austria: JJ, ‘Wasted Love’ ★★★☆☆
“Sono un oceano d’amore e tu temi l’acqua / Non vuoi che vada a fondo / Ma fammelo fare”. Dice di avere nelle orecchie Mariah Carey e nel cuore Conchita Wurst (“Mi ha mostrato che non importa chi sei, importa che tu sia amato”). Johannes Pietsch con acuti spaccabicchiere (uno dei quali scivolato via) fa il verso a Nemo e a Maria Callas, nel mare in bianco e nero della tempesta per l’affermazione di sé. Giudizio: the soprano
Regno Unito: Remember Monday, ‘What The Hell Just Happened?’ ★★★☆☆
“Amiamo cantare nei bagni a notte fonda. L’acustica è fantastica e il bagno è dove fanno le migliori amicizie”, dicono le tre amiche, di cui abbiamo scritto giovedì. C’è Moulin Rouge ed Esther Williams, per autocelebrare il britpop forse serviva, per resa scenica, Sam Ryder (‘Space Man’, Torino 2022). Manca solo Brian May e il mash up dei Queen è completo. Giudizio: video ga-ga
Grecia: Klavdia, ‘Asteromáta’ ★★★☆☆
Il traduttore online dal greco dice ‘Ragazza con gli occhi a forma di stella’. Musicalmente è l’eurocliché, ma la ragazza di origini greco-pontiche onora chi è stato costretto ad abbandonare la propria terra, e il canto sull’isola artificiale ha pieno senso. Giudizio: gente di mare
Lituania: Katarsis, ‘Tavo Akys’ ★★★☆☆
Gli U2 stanno bene su tutto, come il nero e il fritto. Qui Bono è biondo e il pezzo è bello, anche se arriva come le pastiglie unidie. Sempre come direbbe Rkomi (giudizio), un violénto créscendo
Malta: Miriana Conte, ‘Serving’ ★★☆☆☆
La canzone s’intitolava ‘Serving kant’, dove kant non era il filosofo ma l’organo genitale femminile così come lo si pronuncia nelle bettole. Tanto vale scriverlo: ‘serving cunt’ è nella cultura queer e drag “persona audace e sicura di sé”, cosa che sul palco pare evidente. Giudizio: serving Cont(e)
Georgia: Miriam Shengelia, ‘Freedom’ ★★★★★
Un amore per la libertà che sta tra James Bond, il jazz, i Carmina Burana e la chanson française, in un brano per la quale la scenografia è irrilevante. Una cosa per adulti, nel senso di orecchie allenate al bello. Giudizio: Carmina georgiana
Francia: Louane, ‘Maman’ ★★★★☆
Un rimando tra mamme: Louane che parla alla sua e le dice che adesso è lei a essere chiamata così, e la voce della figlia/nipotina fa il resto. Louane è Paula Bélier della ‘Famiglia Bélier’, colei che parla la lingua dei segni ai fratelli sordomuti, un César come migliore promessa femminile. Ha cantato ‘Maman’ appesa nel cielo dello Stade de France di Parigi nell’intervallo del Sei Nazioni di rugby, e meriterebbe un César al miglior coraggio. Giudizio: solo per te la mia canzone vola
Danimarca: Sissal, ‘Hallucination’ ★★★☆☆
Jóhanna Norðberg Niclasen canta la musica dance, che di solito non ha testi proprio da Pulitzer: lei incontra lui e vive una situazione bellissima. Giudizio: allucinante (quanto basta)
Cechia: Adonx, ‘Kiss Kiss Goodbye’ ★☆☆☆☆
Il rapporto incestuoso tra un blues e l’intermezzo dance. Giudizio: goodbye
Lussemburgo: Laura Thorn, ‘La Poupée Monte le Son’ ★★★☆☆
“Mi vuoi tutta ciccia e brufoli”, diceva una réclame di tanti anni fa. “Se mi vedi come la tua bambola perfetta, dimenticami, non sono la tua marionetta”, dice Laura ai giorni nostri, nel manifesto femminista di una bambolina futuristica che, più che un manifesto è un foglio A4, ma va bene così. Giudizio: tu mi fai girar, poi mi butti giù
Israele: Yuval Raphael, ‘New Day Will Rise’ ★★☆☆☆
Un altro giorno nascerà, canta Yuval, che “dopo il 7 ottobre la musica mi ha guarito l’anima”. E canta “non piangete da soli” agli ostaggi di Hamas. Musicalmente è la Passacaglia, vocalmente è Céline Dion, ovvero la chanson israelienne, tipicamente eurovisiva. Giudizio: my day will go on
Germania: Abor & Tynna, ‘Baller’ ★★★★☆
Sono i figli di Csaba Bornemisza, violoncellista della Wiener Philharmoniker. Dell’incantevole Tünde detta Tynna la regia ci priva di primi piani, e sono voti persi. Attila detto Abor, archetto in mano e violoncello a led dunque sostenibile, segue le orme del padre, che probabilmente sarà abituato a suonare partiture più complesse di ‘Baller’, che prende per sfinimento anni Novanta. Giudizio: trallallallallà
Serbia: Princ, ‘Mila’ ★★☆☆☆
Stefan Zdravković in arte Princ è stato Gesù Cristo (Superstar, il musical), forse anche per questo lo chiamano “il miracolo di Vranje”, città della Serbia centrale. Pare Valerio Scanu, anche nel canto drammatico, d’altra parte è d’amore che si canta in ‘Mila’ (‘Mia cara). Giudizio: forza Mila
Finlandia: Erika Vikman, ‘Ich Komme’ ★★★★★ oppure ☆☆☆☆☆
Usando parametri di giudizio da Estival Jazz, Erika Vikman è l’Anticristo. Usando parametri da Eurovision, che sarebbe l’Eurovision senza la Finlandia? E dunque cinque stelle all’Anticristo oppure nessuna. Giudizio: l’eleganza prima di tutto