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Trisha Yearwood, la più brava del reame

Trisha Yearwood, ‘The Mirror’ - ★★★★✩ - La regina del (non solo) country si guarda allo specchio nel nuovo album, una lettera a sé stessa

‘Vorrei andare verso una delle mie eroine, Emmylou Harris’
(Keystone)
9 agosto 2025
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In gennaio, con il marito Garth Brooks cantò ‘Imagine’ di John Lennon ai funerali di Jimmy Carter, 39esimo Presidente degli Stati Uniti e nono democratico alla Casa Bianca; nel giugno di quest’anno, mese dell’orgoglio gay (‘Pride Month’, da festeggiarsi per tutti i santi trenta giorni), aveva ribadito via social da che parte sta sulla questione LGBTQ+ con un universale ‘Love one another’ su sfondo arcobaleno. Questo per chiarire che se è country (anche se stelle e session men di questa musica sono quasi tutti bianchi) non è sempre e solo ‘Make America Great Again’,

Basta un ‘Great Again’ per dire del ritorno di Trisha Yearwood, sottovalutata regina del country dove pure la parola country è riduttiva. Patricia ‘Trisha’ Lynn Yearwood è originaria di Monticello, Georgia, posto che vent’anni fa cantò nella bella ‘Georgia Rain’ ricordando gli anni della spensieratezza, in un disco in cui suona anche il chitarrista John Jorgenson, visto al Bellinzona Blues Festival. Trisha studia economia poi molla l’università locale e se ne va a Nashville per studiare musica alla Belmont School. Trova un posto come impiegata in un’etichetta discografica e tra una pratica e l’altra registra demo, uno dei quali con il rampante Garth Brooks che è a un passo dal pubblicare ‘No Fences’, l’album di ‘Friends In Low Places’, inno della classe operaia.

È proprio Garth, al tempo sposato con altra donna, a promettere a Trisha che alla prima occasione l’aiuterà a ottenere un contratto. Promessa mantenuta: nel 1991 Trisha Yearwood scala le classifiche con ‘She’s In Love With The Boy’, storia di Katie e Tommy che si fidanzano ma il padre di lei non approva; Katie se ne frega e grazie anche alla mamma (che ricorda al marito di quando “tu stesso eri solo un contadino che raccoglieva semi di fieno e non aveva un campo da zappare”, e ognuno intenda il campo da zappare come preferisce), l’amore trionfa e trionfa pure Trisha, prima donna a vendere un milione di copie nel country per il disco di debutto, che porta il suo nome.

Musica, cucina e tv

A partire da ‘Hearts In Armor’ (1992), l’album di ‘Walkaway Joe’, in duetto con Don Henley degli Eagles, Trisha sforna con regolarità dischi sempre più pop (il pop quello serio) fino a ‘Inside Out’, tutti destinatari di nomination ai Grammy – come i successivi, più diluiti nel tempo anche per la parallela carriera di mamma – ma mai premiati nella loro interezza: di tutte le sue 27 nomination nella categoria che la riguarda infatti, Trisha Yearwood ha vinto 3 soli Grammy, e in sezioni legate a singole canzoni: uno nel 1994 per il duetto con Aaron Neville, uno nel 1997 per il duetto con il già marito Brooks e, nello stesso anno, uno per la migliore performance femminile, ‘How Do I Live’, tra le sue canzoni più note, una specie di ‘Perdere l’amore’, ma perderlo a Nashville.

La bacheca di Trisha ha almeno altri 8 premi di rilievo, tra American Music Award (1), Academy of Country Music Award (3), CMT Music Award (1) e Country Music Association Award (3). E per il Trisha’s Southern Kitchen, show culinario da lei condotto, la ragazza di Monticello, ora donna e madre, detiene anche un Daytime Emmy. Meno retribuita la carriera di attrice (‘Jag – Avvocati in divisa’). Devota di Linda Ronstadt cui sostiene di avere rubato (con riconoscenza) molti dei suoi melismi, Trisha Yearwood non canta country: semplicemente canta, e lo fa divinamente. Per chi volesse godere del piacere dell’ascolto, suoi album di riferimento sono anche ‘Thinkin’ About You’, osteggiato dalla critica (nel 1965, Marty McFly avrebbe detto “non siete ancora pronti per questa musica, ma ai vostri figli piacerà”) e ‘Heaven, Heartache And The Power Of Love’ (2007), che invece fu un plebiscito.

Domani è un altro giorno

Vi si aggiunga il suo ritorno alla discografia con l’ultimo ‘The Mirror’, dichiaratamente “una lettera a me stessa”. Dice Trisha, intervistata dal portale dei Grammy: “Vorrei andare verso una delle mie eroine, Emmylou Harris”, che è una cantautrice. In ‘The Mirror’, la più giovane Yearwood si cimenta nella scrittura, affiancata da professionisti dell’arte dello storytelling che le hanno restituito fiducia nel gesto artistico. Perché qualcuno, ai tempi del college, smontò le sue velleità di autrice e timidamente, negli anni, Trisha ha messo da parte spunti e idee per puro piacere personale, ora ascoltabili.

La canzone che dà il titolo al disco è (lo dice lo specchio) un guardarsi fuori e dentro. Bella è pure ‘So Many Summers’, un guardarsi indietro per confrontarsi con l’oggi, così come ‘Feareless These Days’, la presa di consapevolezza di alcuni vantaggi dell’essere adulti (“Ora non mi soffermo sugli errori / Non piango più per i compleanni / Non sempre ci riesco, ma va bene così”). ‘Girls Night In’ è sorellanza, è far serata con le amiche, un po’ come ‘Drunk Works’, insieme alla collega Hailey Whitters. Gli amanti del country più tradizionale apprezzeranno ‘The Shovel’, cantata con Jim Lauderdale, tra i grandi songwriters del genere. Tra un invito ad andare oltre i muri (‘The Wall Or The Way Over’) e una constatazione sulla ciclicità della vita, circolare come i dischi (‘The Record Plays On’, con Charles Kelley del trio Lady Antebellum), sulla via di fine disco arriva ‘Goodnight Cruel World’: “Devo credere che l’amore vincerà ancora / E quindi buonanotte mondo crudele / Questa donna non getta la spugna / Ci riprova domani”.