laR+ Locarno Film Festival

Una visione-concerto di bellezza rara

In sala per ‘The Winning of Barbara Worth’ di Vidor musicato dall’Osi, il compositore: ‘Un piacere creare lunghe imponenti colonne sonore per western’

La pellicola del 1926 è stata presentata con le musiche create appositamente da Neil Brand
(Locarno Film Festival / Ti-Press)

Uno dei primi eventi di questo Festival di Locarno numero 78 è stato ieri pomeriggio la presentazione di un film leggendario qual è ‘The Winning of Barbara Worth’ di un maestro come King Vidor. Il film è del 1926, anno fatidico per la storia del cinema. Sullo schermo vediamo la grande Vilma Bánky, che nello stesso anno era stata al fianco di Rodolfo Valentino nel suo clamoroso successo ‘The Sons of the Sheik’, ultimo film del mito che andava a morire di peritonite. Si dice fossero innamorati: immaginate come affronta questa recita. Guardatela in questo film e leggerete la sua pena e scoprirete la bellezza del suo recitare. A suo confronto tutti impallidiscono, anche il giovane Gary Cooper al suo vero esordio in questo ‘The Winning of Barbara Worth’ (riceverà il suo salario per la prima volta, 70 dollari).

Nazzaro: ‘Femminista e moderno, una riflessione sull’espansione degli Usa’

Il film è stato definito durante la presentazione da Giona Nazzaro “un western sui generis, femminista e moderno, ma anche una riflessione sull’espansione territoriale degli Stati Uniti (allora inneggiata; oggi, un secolo dopo, ci esalta un po’ meno, ndr).

Qui è stato presentato con le musiche composte appositamente da Neil Brand ed eseguite dal vivo dall’Orchestra della Svizzera italiana. Il compositore londinese era in sala e di fronte al pubblico – “più di quanto potessi sperare” (la sala del Fevi è piena) – racconta del suo amore per i western, della bellezza di poterli musicare con delle lunghe, imponenti – heavy – colonne sonore. È grazie anche al Cinema muto di Pordenone che questa operazione è stata resa possibile.

“L’esperienza è immersiva – ci ricorda Barbara Widmer, direttrice artistica dell’Osi –, la musica non accompagna ma è parte della trama, rende la visione collettiva”.

In una visione-concerto di bellezza rara, la musica dal vivo ha sostenuto i 100 anni che ci separano dalla pellicola rendendola più che mai attuale e portando il respiro del qui e ora che in presenza di uno schermo non siamo abituati a provare.

Riavvolgendo il nastro

Alla prima del film, quasi cent’anni fa, le musiche erano di Ted Henkel, e il divo sul cartellone era Ronald Colman, un “Valentino type” come si scrisse allora. Colman con Vilma Bánky formò una coppia che sfidò in cronaca e gossip quella composta da Greta Garbo e John Gilbert. King Vidor, allora quarantenne, si trovò in mano la sceneggiatura firmata in solitario dalla bravissima Frances Marion, basata sul romanzo di Harold Bell Wright ‘The Winning of Barbara Worth’, e il suo compito era accontentare il produttore Sam Goldwyn che doveva giustificare il prezzo pagato per il romanzo – 125’000 dollari – con il presupposto che, se il libro avesse venduto un milione di copie, egli avrebbe dovuto acquisire un pubblico di dieci milioni di persone.

Il libro del 1911 descrive il tentativo di imbrigliare l’imprevedibile fiume Colorado e irrigare l’Imperial Valley, un progetto che era considerato impossibile e che infine portò anche alla formazione del Salton Sea nel 1905.

Tra le pieghe del grande spettacolo raccontata anche la miseria, con coraggio

Il film riesce a superare l’immaginario dello scrittore, regalando immagini indimenticabili di deserti e alluvioni, ma nello stesso tempo, grazie alla sceneggiatura della Marion, sempre attenta all’aspetto sociale e civico del racconto, nel film oltre alle schermaglie amorose, si denuncia il malaffare tra l’imprenditoria nascente e la criminalità organizzata. Siamo nei primi decenni del Novecento, e accanto a muli e cavalli appaiono le prime auto popolari, e si affronta anche l’allargarsi della disparità sociale. Gli invalidi, i bambini abbandonati, le donne sole sono i nuovi protagonisti. E il film tra le pieghe del grande spettacolo racconta anche le miserie, con coraggio.

Verrà il sonoro, già nel 1927, e Vilma Bánky si ritirerà dalle scene. Lei, figlia dell’Impero austroungarico, aveva una cattiva dizione inglese e non se lo fece dire, se ne andò da quel cinema che non era più il suo. Il suo… quello universale che tutti potevano capire perché non aveva accenti e lingue diverse dalla bellezza dell’essere umano.