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Linee del desiderio e ‘Bambine’ volgari

Dal capolavoro di Dane Komljen, ‘Linije želje’, al film delle sorelle Valentina e Nicole Bertani, due (molto) differenti idee di cinema

13 agosto 2025
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Come succede sempre nei Festival, soprattutto dopo il fine settimana, c’è come un giorno di respiro fatto di film che non hanno particolari appeal divistici, ma che concedono a chi scrive di dedicarsi anche a opere minori. In realtà, per motivi diversi è successo solo in parte a Locarno, visto che in concorso e in Piazza sono passati due film di grande forza come ‘Linije želje’ e ‘Irkalla Hulm Jijiljamish Irkalla’, film insostituibili nel racconto del Festival di quest’anno. Partiamo da ‘Linije želje’ (Linee del desiderio) di Dane Komljen, regista nato a Banja Luka, Bosnia e Herzegovina, alla sua nascita Jugoslavia, e diciamo subito che è proprio di questo autore la caratteristica di sentirsi iugoslavo, con il peso e la Storia che questo gli porta. Del film spiega: “Una linea di desiderio è un sentiero battuto da una moltitudine di corpi che muovendosi hanno scolpito la loro esperienza in un paesaggio, creando un’immagine di libertà. ‘Desire Lines’ è un film sul cammino e lo spostamento, sul mutare delle forme”. E ha ragione, il titolo indica un termine ben conosciuto in urbanistica, il tracciato di un uomo sul suo cammino, come il solco scavato dai passi sul tappeto erboso di un giardino, non previsto dal paesaggista, ma quasi di comune accordo delineato dai passanti.

Ecco allora la traccia che il film ti porta a scoprire partendo da un inquietante episodio: un uomo segue un altro uomo fino all’interno di un bosco cittadino; lo ferma, ha tanta gente intorno, s’inginocchia davanti all’altro che lo schiaffeggia e gli infila una pietra in bocca fino a farlo sanguinare. Sono due fratelli turbati uno dall’altro, Ivan Čuić è Branko il fratello più vecchio, il fratello minore è Rok Juricic. Branko non ricorda l'ultima volta che ha parlato con suo fratello; in realtà, non interagisce affatto con lui. Nessuno conosce direttamente l'esistenza fisica di Branko, se non tramite telefonate; lui continua a camminare secondo linee non segnalate in una foresta vicina, cammina fino a cadere sfinito; viene ritrovato da due donne (Branka Katić e Petja Golec Horvat) e un uomo, membri di una piccola comunità in continua espansione che vive in armonia con la natura. Inutile cercare una chiave di lettura, una chiara struttura: il film prosegue il suo cammino accattivante e molto lento, evoca concetti di morte e trasformazione, s’immerge in una natura già violata dall’uomo con fabbriche e strutture di cemento senza narrazione, ma presenti.

E se le guerre balcaniche e le loro conseguenze sono presenti anche nei radi flussi di parole, qualcos’altro alza il tiro di Dane Komljen: in una delle scene più forti del film, un gruppo di uomini e donne nudi si stanno lavando in un torrente; escono, si vestono e scopriamo che sono partigiani titini, che fieri svaniscono tra gli alberi, partigiani simbolo di una guerra unitaria, non di quella che ha frantumato i popoli. È un film su cui riflettere, forte e contemplativo, un capolavoro da non perdere.

Su altri livelli, molto più bassi si situa il secondo film in competizione, ‘Le bambine’, firmato in coppia dalle sorelle Valentina e Nicole Bertani. Il film è basato in parte sui loro ricordi di bambine degli anni 90 del secolo scorso. Purtroppo, ci siamo trovati davanti una deludente e imbarazzante accozzaglia di scenette spesso sciocche, mai capaci di diventare film. Coproduzione tra Italia, Svizzera e Francia, il film ha il peso della volgarità non risparmiata alla tentata recita di tre bambine. Qualcuno ci ha detto che è divertente vedere queste bambine che sproloquiano peggio di maleducati adolescenti, ma forse ci si dimentica che un film in concorso non sono video caricati su TikTok.