Alla Semaine de la critique il documentario, riuscito a metà, di Pavel Cuzuioc su uno psichiatra che valuta la ‘determinazione’ di chi si vuole suicidare
Applausi meritati per Pavel Cuzuioc e il suo ‘Grünes Licht’, presentato alla Semaine de la Critique di Locarno. Applausi meritati ma anche qualche dispiacere per quello che questo documentario incentrato sul dottor Johann Spittler non ha voluto, o saputo, dire.
Spittler è un neuropsichiatra tedesco di 82 anni e svolge un lavoro di particolare responsabilità e delicatezza. Nel 2020 la Corte costituzionale tedesca ha stabilito che il diritto all'autodeterminazione include anche la "morte autodeterminata" e Spittler è uno dei pochi specialisti qualificati a certificare la capacità decisionale di chi vuole porre fine alla propria vita. Spittler ha rilasciato oltre 700 autorizzazioni e ha assistito personalmente molti pazienti nel loro ultimo atto.
Non c’è tuttavia certezza giuridica su come applicare questa sentenza della Corte costituzionale federale e Spittler è stato accusato di omicidio colposo per aver aiutato il suicidio di un uomo di 42 anni affetto da schizofrenia paranoide e depressione, ritenendo che il paziente non fosse in grado di prendere una decisione "freiverantwortlich" – libera e responsabile – a causa dei suoi disturbi psichici.
A Cuzuioc tuttavia non interessano tanto gli aspetti etici e giuridici del suicidio e del suicidio assistito: il suo film non si chiede se ed eventualmente a quali condizioni la libertà e l'autodeterminazione possano arrivare fino al punto di scegliere la morte. Non gli interessa neanche esplorare le conseguenze di un quadro giuridico poco chiaro e che rischia di discriminare la salute mentale rispetto a quella fisica, né indagare le motivazioni che spingono una persona a non voler più vivere.
Quello che gli interessa è proprio Spittler come individuo: come può un estraneo giudicare la capacità decisionale di un'altra persona in una situazione estrema? Come può qualcuno assumersi una simile responsabilità, etica prima ancora che giuridica? Che cosa spinge uno psichiatra ottantenne a fare un lavoro del genere? Che ripercussioni hanno le sue decisioni sulla sua vita privata?
È un approccio interessante che permette di avvicinarsi a un fenomeno sociale complesso come il suicidio partendo da una prospettiva insolita e carica di umanità. Il problema è che il film si sviluppa mostrando nella prima ora quasi esclusivamente i lenti colloqui di Spittler con le persone che vogliono suicidarsi e i loro familiari. Sono, paradossalmente, momenti di vita intensa che però rimangono lì, sospesi, senza darci un vero ritratto del protagonista che sostanzialmente appare come uno di quei professori simpatici ma un po’ noiosi. Attraverso la macchina da presa di Cuzuioc osserviamo queste conversazioni che rivelano una umanità al contempo fragile e forte, ma che ci dicono poco di quello che dovrebbe essere il centro del documentario.
Poi ‘Grünes Licht’ accelera improvvisamente: Spittler viene accusato, in via cautelare non può più assistere chi cerca la morte e alla fine – ma lo scopriamo soltanto da un testo che precede i titoli di coda – viene condannato a tre anni di carcere. E di fronte a quella scritta restiamo disorientati. Il documentario di Cuzuioc è un lavoro onesto su un tema importante e delicato. È non solo inevitabile, ma anche giusto, che un documentario come questo non ci dia delle risposte definitive. Il problema è che non ci aiuta neanche a formulare domande precise.