laR+ La recensione

Ancora una lezione dal Professor Vecchioni

‘Avete fatto bene a venire, perché l’anno venturo ci saranno i dazi e io costerò il doppio’. Più che un concerto, un recital (da applausi) anche al Lac

Giovedì scorso a Lugano
(laRegione)
5 aprile 2025
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Quando i telefoni erano ancora attaccati ai muri si andava ai concerti coi registratori a cassetta nascosti nella giacca. La fame di musica spingeva a giocarsi la reputazione, correndo il rischio di essere fermati all’entrata da una guardia o dal Guidobaldo Maria Riccardelli di turno, il professore che requisisce la radiolina al rag. Ugo Fantozzi, costretto a vedersi il cinema russo la sera di Italia-Inghilterra. Tra quelli che registravano i concerti c’era chi lo faceva per il piacere di rivivere l’esperienza e chi a scopo di lucro e dalla registrazione ricavava il ‘bootleg’, un’incisione pirata generalmente amputata (per questioni di spazio) di tutto il parlato tra un brano e l’altro. Nel caso di Roberto Vecchioni, ma non perché la musica non sia primaria, verrebbe da pubblicare soltanto i parlati.

Al Lac il professore è un altro, più benevolo, colto forse più del Ricciardelli ma non ostentante, che al massimo se la prende coi social perché dentro i telefoni non ci si può abbracciare. “Avete fatto bene a venire, perché l’anno venturo ci saranno i dazi e io costerò il doppio”. Nemmeno si è suonata una nota che il Lac già applaude come su ‘Luci a San Siro e ride di gusto. “Ma potrei anche accontentarmi della metà”, dice Vecchioni in un iniziale slancio di umiltà che fa il pari con quando, a fine concerto, gli chiediamo del perché Lugano riservi un calore così grande soltanto a lui: “È bello, mi fa tanto piacere, ma secondo me è venuta anche tanta gente da Como”, risponde. Poi guadagna la via della Hall del centro culturale per autografare a tutti l’ultimo suo libro, ‘L’orso bianco era nero’, i libri precedenti e vinili, cd e cassettine andati via come il pane.

Vecchioni al Lac non è una carrellata di grandi successi, perché nessun concerto di Vecchioni è mai stato una carrellata di hit. Vecchioni in concerto è attualità (il dramma dei curdi, che è poi quello dei palestinesi e di tutti i popoli senza una terra cantato in ‘Cappuccio rosso’, da ‘L’infinito’ del 2019), è poesia (il Pessoa di ‘Lettere d’amore’, da ‘Il cielo capovolto’ del 1995), è teatro nelle due lettere di Leopardi al padre in ‘L’infinito’, la canzone. Ma il cantautore non fa mancare ‘Voglio una donna’ e il ‘Bandolero stanco’ sul quale il pubblico prova a forzare il rigoroso divieto di filmare. Poi recupera vecchie e meno abituali cose come ‘Signor giudice’, resoconto di quando nel 1980, in Sicilia, finì in galera accusato di aver passato uno spinello a un giovane (“Ero innocente. Dicono tutti così, lo so, ma lo ero davvero”).

‘Sogna, cavallo, sogna’

La dedica alla moglie Daria arriva con ‘La mia ragazza’, quella alla figlia Francesca con i cinquant’anni di ‘Figlia’, che cadono quest’anno come il suo compleanno. C’è pure la dedica a una canzone, ‘Sogna, ragazzo, sogna’. Anzi, ‘Sogna, cavallo, sogna’, che un marito poco distante da noi, rivolto alla moglie, si auspicava di sentire quanto prima, facendo di tutta l’erba una ‘Samarcanda’. “In questi 55 anni di musica ci sono state canzoni che tenevo dentro di me e mi chiedevo come mai non le conoscessero tutti, e non era vanagloria”, racconta il Professore. “Quella canzone stava lì nell’angolo e si lamentava. ‘Stai tranquilla’, le dicevo, ‘arriverà il tuo tempo, deve arrivare, perché sei giusta’”. E dopo venticinque anni ‘Sogna, ragazzo, sogna’ è arrivata. Al contrario di quel che pensava il giovane Alfa, Vecchioni dice di non aver creduto che a Sanremo 2024, nella notte dei duetti, la magia potesse accadere: “Improvvisamente sono arrivati i dischi d’oro, le piazze piene: ma dov’era tutta ‘sta gente prima?”.

Del ‘grazie’ alla band diciamo in prima pagina: Roberto Gualdi alla batteria, Massimo Germini alle chitarre, il multitasking Lucio Fabbri con pianoforte, chitarre, mandolino e violino, e Antonio Petruzzelli al basso, destinatario di più “hip hip hurrah!” in quanto maestro fresco di laurea. Dire “in un attimo” non sarebbe corretto, perché l’eloquio tra canzoni è ricco e lungo, ma allo scoccare della terza ora siamo a ‘Samarcanda’. Non prima di essere passati per ‘Chiamami ancora amore’, Sanremo 2011, il cantautorato al potere prima di Brunori Sas e Lucio Corsi. È da un verso di quella canzone – universale, innamorata, pacifista – che arriva il titolo del tour: ‘Tra il silenzio e il tuono’, il silenzio dell’abbassare i toni e il tuono del non arrendersi, tutti insieme a difendere questa umanità, “anche restasse un solo uomo”.