Dal jazz a Bernstein, da Britten a Brahms finendo con i ‘Carmina Burana’, tre giorni di ottima musica per il direttore principale uscente e il pubblico
Quanto si potrebbe e dovrebbe dire, davanti a una tre giorni di Pentecoste in cui l'Orchestra della Svizzera italiana ha dimostrato tutto il suo valore nella capacità di spaziare tra mondi musicali diversi. Quanto si potrebbe e dovrebbe scrivere di una tre giorni vissuta passando dal jazz con solisti incredibili alle Danze sinfoniche da “West side story” di Leonard Bernstein, attraversando i drammi angosciosi del Novecento e della Guerra civile spagnola evocati dal Concerto per violino e orchestra di Benjamin Britten (con una incommensurabile Julia Fischer come solista, esecuzione oltre il commovente) per terminare con una sorta di ritorno a casa, la Seconda sinfonia di Johannes Brahms, il trionfo della musica in quanto musica, senza fronzoli né riferimenti esterni da trovare chissà dove.
Il tutto, che sarebbe stato ampiamente sufficiente per rendere felici gli spettatori, è stato solo un antipasto del concerto di domenica sera, con l'esecuzione dei “Carmina Burana” di Carl Orff assieme a trecento coristi amatoriali della Svizzera italiana a riempire il palco di musica e bellezza per salutare, dopo dieci anni, il direttore principale Markus Poschner pronto a salpare per altri lidi.
Si potrebbe davvero dire di tutto, si potrebbe ancora una volta magnificare Julia Fischer come ribadire quanto sia azzeccato accompagnare pagine ‘classiche’ a più moderne. Ma si deve uscire dal condizionale per passare all'indicativo, perché si può e si deve scrivere di una compagine, l'Osi, con musiciste e musicisti che in questi giorni hanno affrontato un autentico tour de force di prove e concerti, con la professionalità arcinota e sempre da sottolineare, e il talento che li ha visti navigare in un mare magnum musicale vastissimo con leggiadria e capacità di adattamento invidiabili e riconosciute dai fragorosissimi applausi del pubblico che ha riempito il Lac venerdì, sabato e domenica.
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Julia Fischer oltre l’eccezionale
Un pubblico che, complici il gran saluto a Poschner e l'aria di festa che si respirava, raramente come in questa occasione si è visto zeppo della politica che conta e del mondo culturale assieme ad avvocati e imprenditori, certo. Ma anche tante, tante facce note presenti pure ai concerti meno “di grido”, si passi il termine. Perché il Lac sempre pieno non lo si è ottenuto con l'Evento con la E maiuscola o con l'occasione di salutare un direttore principale con la valigia in mano, ma con la continuità, con la ricerca, con il giusto riconoscimento e il giusto applauso a un'orchestra di autentici professionisti che nel piccolo Ticino portano competenza, cultura, arte e momenti di arricchimento e piacere. Sarebbe bello, davvero bello, vedere più spesso quella politica che conta anche in altre occasioni, assieme a chi anche sotto la neve ha preso ombrello e scarpe pesanti per assistere a dei concerti in dicembre.
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Pensieri ed emozioni
C‘è un messaggio che è emerso da questi tre giorni. Il giusto e commosso saluto a Markus Poschner non deve assolutamente far passare l'argomento che l'Osi resti orfana. Primo, perché se è vero che Poschner ha dato tanto all'Osi è altrettanto vero il contrario, cioè che anche Poschner deve molto, moltissimo all'Osi per questi dieci anni che, appunto, sono stati passati assieme. I premi internazionali vinti, sono stati vinti insieme. I tutto esaurito uno dietro l'altro al Lac sono stati fatti insieme. I grandi solisti arrivati nel tempo a Lugano per un concerto lo hanno fatto grazie a un prestigio che Poschner e l'Osi hanno accresciuto insieme. Le tournée in Europa sono state fatte insieme. Ognuno è cresciuto anche grazie all'altro. Giusto spellarsi le mani domenica sera al termine del ‘Fortuna imperatrix mundi’ finale dei Carmina Burana, giusta la standing ovation per salutarlo e ringraziarlo. Allo stesso tempo giusto, però, dirsi che l'Osi c'era, c’è e ci sarà anche senza Poschner. Con una prova di maturità da affrontare, ovviamente: ma con il background per gestire i punti interrogativi sul futuro.
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‘Mambo!’
Perché alla fine, in mezzo a tanti discorsi, in mezzo alla qualità dei solisti e quel mezzo miracolo che è stato mettere insieme trecento coristi amatoriali per una complessa pagina di musica corale e orchestrale, in mezzo al saluto a un partente e alla scelta dei brani da suonare, protagonista è il pubblico: che ancora una volta ha riempito il Lac, e che ancora una volta ne è uscito felice dopo aver applaudito lungamente gli e le orchestrali per ringraziare dello spettacolo goduto.