Intervista al farmacologo italiano che, a 96 anni, sarà uno degli ospiti dei Longevity Days 2025
Invecchiare è una faccenda complessa che riguarda il singolo come la famiglia e la società, la medicina come anche l’economia e la cultura. Per esplorare queste dimensioni, BrainCircle Lugano ha organizzato i Longevity Days 2025, con un programma di incontri e attività che si terranno da domani al 23 maggio. L’evento principale sarà il simposio che si terrà lunedì 19 maggio nell’Aula Magna dell’Università della Svizzera italiana, e che vedrà anche un confronto tra Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto Mario Negri, e lo scrittore ticinese Alberto Nessi. Il programma completo dei Longevity Days è sul sito www.braincirclelugano.ch dove è anche possibile iscriversi alle attività, tutte a entrata gratuita.
Silvio Garattini, lei lunedì parlerà di longevità in una doppia veste: come persona di scienza, potremmo dire portavoce dei risultati della ricerca medica, e come persona di 96 anni che mostra l’importanza di uno stile di vita sano.
Penso che le due cose devono andare d’accordo. Non è molto efficace avere una persona obesa che parla di alimentazione e raccomanda quello che bisogna fare, come pure chi fuma non è certamente nelle migliori condizioni per dire quali devono essere le buone abitudini di vita. Quello che mi ha insegnato mio padre è che nella vita bisogna essere coerenti: se si crede in qualcosa bisogna comportarsi in accordo con quello in cui si crede. Non sempre è facile, si possono fare anche degli errori, però la cosa importante è avere una coerenza, perché la coerenza aiuta anche a persuadere il pubblico di quello che è un interesse generale.
La prevenzione non è infatti soltanto sano egoismo. Sì, prima di tutto facendo prevenzione faccio bene a me stesso, aumento la probabilità di non avere malattie. Poi però devo tenere presente che la prevenzione è anche molto importante per la famiglia in cui vivo, perché se mi ammalo tutta la famiglia soffre. E la prevenzione è importante anche per l’economia, perché meno gente si ammala e più c’è la possibilità di lavorare nell’interesse pubblico. Soprattutto, in una situazione come quella italiana in cui abbiamo un servizio sanitario nazionale, fare della prevenzione vuol dire esercitare una forma di solidarietà, perché evito che il servizio sanitario nazionale faccia un lavoro che è evitabile.
Non conosco i dati in Svizzera, ma in Italia abbiamo quattro milioni e mezzo di diabetici di tipo 2 e il diabete di tipo 2 presenta molte complicazioni di tipo visivo, cardiovascolare, renale… parliamo di un carico di attività per il servizio sanitario nazionale dovuto a una malattia che dipende fortemente dal nostro stile di vita: il diabete di tipo 2 non piove dal cielo. E non è l’unica malattia cronica a dipendere da noi: il 40% dei tumori è evitabile, eppure muoiono ogni anno 180mila persone di tumori in Italia. Questo ci dice come la prevenzione è uno dei modi migliori per esercitare una medicina che sia utile alla comunità.
Insomma, la classe medica dovrebbe essere prima di tutto un esempio, anche se immagino che qualche sgarro sia ammesso.
I medici che sono grassi, i medici che fumano non sono certamente un buon esempio e anzi rappresentano un alibi per chi non vuole avere buone abitudini di vita. Se il medico è così, lui che dovrebbe saperlo, vuol dire che alla fine non è poi così grave…
Può certamente capitare che in alcune occasioni si faccia qualcosa che non è in armonia. Io personalmente non bevo mai vino, ma può capitare che si beva e magari ci si ubriachi, però se un medico è obeso vuol dire che non rispetta quelle regole che dovrebbe invece aiutare a sviluppare nei suoi pazienti.
Fra l’altro, una delle cose che ricordo frequentemente è che in Italia la maggior parte dei medici di base, quelli che si occupano dei malati sul territorio, è difficile che sappiano quanti dei loro pazienti sono fumatori, bevono troppo, sono sedentari eccetera. Non c’è interesse, eppure occuparsi di questi problemi dovrebbe essere una delle attività principali del medico di medicina generale. Uno dovrebbe misurare il risultato delle proprie attività: avevo 100 fumatori, dopo tre anni ne ho soltanto 80, dopo cinque anni 70…
La medicina tende a trascurare l’aspetto della prevenzione?
Noi abbiamo una medicina che ha accentuato e che ha come interesse fondamentale il curare. Ed è giusto: la medicina deve curare. Però nel fare questo ha creato un grande mercato, il mercato della medicina, che come tutti i mercati vuole crescere. Quindi noi siamo sottoposti a un continuo stimolo alla medicalizzazione. La medicina deve fare una grande rivoluzione culturale e avere come fine fondamentale quello di non avere malattie, o di averne il meno possibile, con la prevenzione, perché questo è in conflitto di interesse con il mercato. L’unica cosa che può controllare il mercato è la prevenzione.
Il mercato si insinua anche nella prevenzione, penso agli integratori su cui lei ha posizioni critiche.
Sì. Di nuovo non conosco la situazione in Svizzera ma penso sia simile: in Italia spendiamo quasi cinque miliardi all’anno per degli integratori alimentari che fanno certamente bene a chi li vende, ma non sappiamo se anche a chi li compra perché non c’è nessuna prova scientifica sulla loro efficacia.
Che cosa sappiamo funzionare, a livello di prevenzione?
La vaccinazione: vediamo che in molti Paesi sta aumentando la diffusione del morbillo, e anche il numero di morti per morbillo, e questo dipende dal calo delle vaccinazioni. Poi gli screening, sottoporsi a dei test per avere un’idea la più precoce possibile delle malattie croniche o dei tumori.
Poi abbiamo quello che dipende da noi: non fumare, non bere alcol, non usare droghe, non diventare dipendenti da gioco e scommesse. Anche l’attività fisica è estremamente importante, come lo sono un’alimentazione varia ma moderata e l’attività sociale, nel senso di avere interessi e rapporti con altre persone così da mantenere attivo il cervello. E il sonno, almeno 7 ore al giorno. Queste sono quelle che possiamo chiamare “le buone abitudini di vita” e sono quelle che ci danno una grande probabilità di avere un buon invecchiamento e di avere longevità.
Come possiamo sostenere queste buone abitudini di vita mantenendo la libertà di scelta degli individui?
Viviamo in Paesi in cui c’è la libertà e ognuno giustamente può fare quello che vuole: si tratta di realizzare una cultura della prevenzione. Per esempio, in Italia non abbiamo una scuola superiore di sanità, per cui i dirigenti del sistema sanitario nazionale non sono formati a pensare che la prevenzione sia importante, sono formati a pensare che la cura sia importante. Nella scuola dell’obbligo non è previsto un insegnamento che riguardi la salute. Basterebbe un’ora alla settimana con persone preparate a questo scopo e cambierebbe molto. Dovremmo anche creare una mentalità che – soprattutto nei giovani ma anche negli adulti – dia l’idea che quello che facciamo oggi non si ripercuote sull’oggi, si ripercuote sul nostro futuro. Noi diciamo “siamo quello che mangiamo”, ma dovremmo dire “saremo quello che avremo mangiato”. Un giovane ragazzo che fuma sta bene, non pensa che quello che fa oggi pone una serie di punti per quello che gli succederà domani.
Che cosa pensa delle proposte di far pagare di più a livello sanitario chi non segue uno stile di vita sano?
Non è etico. Noi dobbiamo curare le persone, è un obbligo e un dovere. Sono contrario a queste proposte perché non bisogna far pagare le persone, bisogna convincerle. Se uno sta male ha il diritto di essere curato, però deve sapere che con il suo stile di vita non è solidale con gli altri.
Anche perché finora abbiamo parlato di riduzione del rischio: anche chi ha uno stile di vita sano rischia di ammalarsi.
Parliamo sempre in termini probabilistici: noi aumentiamo le probabilità, non c’è niente che ci dia il 100% di sicurezza. Solo la morte avviene al 100% senza eccezione, tutto il resto è soltanto una probabilità ma questo non vuol dire che le probabilità siano tutte uguali. Più seguiamo le buone abitudini di vita, più abbiamo la possibilità di vivere a lungo e in buone condizioni.
Tra le raccomandazioni viste c’è anche quella di non bere alcol. Ma non sembra un tema molto popolare.
Abbiamo grandi difficoltà a ridurre o abolire l’impiego dell’alcol, perché c’è la forte tradizione del vino. Ma il vino è cancerogeno: in teoria ci sarebbe poco da discutere, ma ci sono grandi interessi economici. In Italia lo stesso Ministro dell’agricoltura difende il vino, cosa che sarebbe contro la Costituzione.
Perché contro la Costituzione?
Perché la Costituzione stabilisce che lo Stato tutela la salute di tutti. E lo Stato, per tutelare la salute, dovrebbe fare in modo che la gente sappia che l’alcol è cancerogeno come la sigaretta. Invece non se ne occupa, sulle bottiglie di vino non mette l’avviso “questo prodotto è dannoso per la vostra salute”, come invece avviene sulle sigarette. E, anzi, si fanno i festival del vino, mentre non si farebbe mai un festival della sigaretta. Si fa una grande pubblicità del vino e degli alcol, non si può fare pubblicità della sigaretta. Questa è una grande carenza dello Stato italiano che non si occupa di un problema che è fondamentale per la salute.
Io che ho, diciamo, un “lungo chilometraggio” ho vissuto il problema che adesso si vive per l’alcol proprio con le sigarette. Quando ero ragazzo, si pensava che la sigaretta facesse bene: so benissimo che ci vuole del tempo. E che bisognerebbe cominciare a fare come per le sigarette: mettere una scritta sull’alcol, fare in modo che non si possa fare pubblicità e, dove si vende alcol, mettere un etilometro in modo che uno possa sapere se può guidare. Perché chi beve non è dannoso soltanto a sé stesso, è dannoso anche agli altri.
Come il tabacco con il fumo passivo.
Non solo: le sigarette sono dannose anche per l’ambiente. In Italia si fumano 53 miliardi di sigarette all’anno: proviamo a pensare a quante sostanze cancerogene e irritanti vanno nell’aria, alle polveri sottili, ai miliardi di mozziconi che finiscono per terra e rilasciano sostanze tossiche che finiscono nell’acqua.
La sua idea di salute, e di medicina, comprende molti aspetti che di solito non consideriamo.
La salute è il frutto di tutto quello che facciamo. È il concetto di One Health adottato dall’Organizzazione mondiale della sanità: la salute include tutto.