L’associazione ticinese dei geografi celebra il proprio anniversario con un ricco programma di eventi per meglio capire il mondo che ci circonda
Dalle riflessioni su una raccolta di fotografie scattate lungo mezzo secolo di peregrinazioni in Valle di Muggio; a quelle sulle immagini di un viaggio nella zona di alienazione di Chernobyl dove la città abbandonata di Pripyat e la centrale nucleare ben si prestano per rappresentare le condizioni di ciò che viene chiamato Antropocene; da una visita guidata all’interno della cinta delle mura spagnole a Milano “tra Novecento e Moderno”; a un percorso attraverso le pagine di una ricerca pionieristica per il suo tempo sulla storia del clima nelle Alpi lombarde. Ma non solo. Spazia fra una serie di proposte tanto eclettiche quanto allettanti il programma elaborato da ‘Gea - associazione dei geografi’ per celebrare il traguardo dei trent’anni di esistenza.
L’idea di costituire anche in Ticino un’associazione per riunire gli studiosi e le studiose delle relazioni tra essere umano, natura e spazio – i geografi e le geografe, appunto – è venuta a un gruppo di loro durante un viaggio in Mali. Ci racconta Samuel Notari, membro del comitato direttivo di Gea, geografo e operatore sociale: «Per promuovere le scienze geografiche in assenza di una struttura universitaria, queste persone hanno deciso di colmare almeno in parte tale vuoto costituendo l’associazione Gea con lo scopo di divulgare il sapere geografico e di mettere l’accento sulla figura del geografo come professionista, portandola all’attenzione della società civile e del mercato del lavoro». Una figura, sottolinea Notari, «in grado di operare in diversi ambiti grazie a un bagaglio di conoscenze trasversali e che è generalmente apprezzata per la sua capacità di analisi riflessiva e critica della realtà circostante e per la sua visione d’insieme sui processi territoriali e sociali». Obiettivo di Gea è d’altra parte di raggiungere le giovani generazioni per mostrare loro che studiare geografia apre delle porte in diversi ambiti: «Sia nel pubblico che nel privato – esemplifica il nostro interlocutore, iniziando un elenco non esaustivo –, negli studi di urbanistica e pianificazione del territorio, nell’insegnamento, nella cooperazione allo sviluppo, nell’ambito della migrazione».
Oltre che ai geografi, l’associazione si rivolge ai rappresentanti di discipline affini che operano in ambito territoriale, ambientale o culturale, nonché a tutte le persone interessate, con l’intento di mettere a disposizione della collettività gli strumenti per ragionare su vari temi legati al territorio. Temi tra i quali troviamo quelli che emergono quando chiediamo a Notari qualche considerazione dal punto di vista geografico sui mutamenti intercorsi nel nostro cantone negli ultimi 30 anni. «Innanzitutto direi che sempre di più si può parlare di Città Ticino, in particolare grazie al miglioramento della rete ferroviaria, anche se il concetto risale allo sviluppo dell’autostrada. Di pari passo quella che spesso Oltralpe veniva considerata come una regione periferica e rurale oggigiorno vede invece la maggior parte dei ticinesi abitare in un contesto urbano o adottarne lo stile di vita». Essendo poi il Ticino anche la porta sud della Svizzera, continua Notari, «si è fatto sempre più importante il confronto con sfide globali quali i flussi migratori, e ciò in una realtà caratterizzata da resistenze locali. Nel tempo la società è diventata anche via via più plurale col progressivo installarsi di comunità di migranti. Inoltre, rispetto al Nord Italia, la permeabilità dei limiti è notevolmente aumentata, tanto che questi si riconoscono a malapena».
Gea è la più giovane associazione regionale di geografia a livello svizzero, ciò implica che «a differenza di altre molto più longeve come quella ginevrina, non ha legami con il colonialismo», rileva Notari, ripercorrendo la storia della disciplina: «La geografia moderna, che ha origine nel XIX secolo, ha subìto diversi cambiamenti che hanno visto il susseguirsi di varie scuole di pensiero e paradigmi. Inizialmente era al servizio dell’espansione coloniale e dell’imperialismo: serviva per esplorare nuovi territori ed era in questo senso uno strumento della dominazione e dello sfruttamento. Poi è subentrato il paradigma della geografia determinista, basato sull’idea che la natura influenza totalmente l’attività umana. A esso ha fatto seguito la corrente di pensiero della geografia possibilista che ha invece iniziato a studiare come l’essere umano sia capace di domare la natura e adattarvisi». Successivamente «è arrivata l’analisi spaziale o quantitativa che procedeva modellizzando il territorio, quantificandolo, cercando di trovare delle teorie e delle strutture universali». Approccio che nel Secondo dopoguerra «è stato rimesso in discussione dalla cosiddetta geografia radicale. Una geografia impegnata, secondo cui il territorio non è un’entità esterna all’essere umano e per tale motivo riteneva fondamentale concentrarsi sulla persona in relazione con l’ambiente. Si tratta di un approccio geografico che si potrebbe definire di tipo marxista, che parla di capitalismo, dei rapporti di potere e delle ineguaglianze che si possono leggere anche sul territorio, come è il caso della segregazione spaziale e razziale». Si giunge così agli anni Novanta e al grande insieme della geografia postmoderna che diventa una costellazione di sotto-discipline, indica Notari: «Vi fanno parte la geografia sociale e culturale, molto vicina all’antropologia, che prende in considerazione il punto di vista specifico delle varie persone e comunità. La geografia delle migrazioni. La geografia politica, che continua a studiare i rapporti di potere declinati anche nelle nuove forme che possono essere la videosorveglianza e l’uso dei droni. Senza dimenticare la corrente della geografia femminista, che rimette in discussione l’organizzazione dello spazio pubblico da una prospettiva di genere riconoscendola come specchio di standard e necessità maschili».
Le finalità di Gea si concretizzano attraverso le diverse attività che organizza regolarmente quali conferenze, momenti di approfondimento, convegni, uscite di studio, pubblicazioni, sia nell’ambito della geografia umana che della geografia fisica. L’associazione propone inoltre annualmente due numeri della rivista ‘Gea paesaggi territori geografie’, giunta alla 50esima pubblicazione e che si prefigge di produrre sapere scientifico. Per festeggiare i 30 anni di vita, il programma – che si è aperto lo scorso 15 marzo con una visita all’esposizione “Cinquant’anni a passo d’uomo” del fotografo Giovanni Luisoni dedicata alla Valle di Muggio presso la Fondazione Archivio fotografico Donetta di Corzoneso – propone per venerdì prossimo, 11 aprile, alla Biblioteca cantonale di Bellinzona dalle 18.30 una serata dal titolo “A cosa serve una società di geografia?” con una lectio magistralis di Yvonne Riaño, presidente della Società svizzera di geografia – di cui Gea è membra – e professoressa all’Università di Berna e di Neuchâtel. Gli appuntamenti proseguono il 10 maggio con la visita guidata “Milano tra Novecento e ‘Moderno’: una storia urbana”; il 15 maggio con “Per una storia del clima nelle Alpi lombarde” presso LaFilanda di Mendrisio; l’11 ottobre con la tavola rotonda “Il paesaggio ci guarda” alla Biblioteca Salita dei Frati di Lugano; per concludersi il 15 novembre con la presentazione del libro fotografico di Marco Cortesi su Chernobyl presso la Casa Azul di Gordola. Programma completo: www.gea-ticino.ch.