Dai film con Martino, Vanzina, Avati alla passione da scrittrice
Era una parigina purosangue Martine Brochard, che si è spenta a Roma dopo aver trascorso gli ultimi anni della sua vita a Morlupo, a un passo da quella Roma che l'aveva adottata fin dai primi anni Settanta. Dopo la morte del secondo marito, il regista e commediografo Franco Molè, si era ritirata in un ex convento, lontano dai riflettori del set, ormai votata a una seconda vita da scrittrice con tre libri tra fiaba e racconto, l'ultimo dei quali apparso nel 2016, ‘Le favole della gallina blu’. Ma per un'intera generazione di spettatori Martine Brochard è un ricordo luminoso, spesso legato a quel cinema popolare, tra erotismo soft e generi spettacolari, che per più di un decennio la elesse a “venere tascabile” cercata dai registi più diversi, da Sergio Martino a Riccardo Freda, da Eriprando Visconti a Tinto Brass, fino a Carlo Vanzina e Pupi Avati. Curioso destino per la ragazzina francese che aveva studiato danza, musica (con una grande passione per il jazz), recitazione, finendo sui set di un kolossal come ‘Parigi brucia?’ di René Clement (1967) e l'anno dopo in ‘Baci rubati’ di François Truffaut. Ma quegli erano gli anni del grande amore tra il cinema francese e quello italiano, sicché la giovane Martine approda a Cinecittà con qualche esperienza parigina alle spalle già nel 1971 per ‘Armiamoci e partite’, diretto da Nando Cicero, prodotto da Luigi Rovere e con partner come Franchi e Ingrassia. Poco dopo Domenico Paolella la veste da suora per ‘Storia di una monaca di clausura’ e il ruolo la rende popolare tra la Monaca di Monza e qualche sfumatura sexy.
Nel 1974 esplode il caso de ‘La governante’ di Giovanni Grimaldi dal romanzo di Vitaliano Brancati e il successo di pubblico è anche legato alla sua interpretazione dell'amore lesbico. “Diventai quasi subito popolarissima – ricordava –. Mi consolidò nella parte di lesbica chic già interpretata nei miei film da monaca”. Le scritture arrivano a ritmo incalzante e per più di un decennio non si contano le sue apparizioni con una trentina di titoli fino al 1980. In realtà, anche grazie alla passione della televisione per questa bella signora dai capelli scuri e dagli occhi ammantati di malinconia, la sua popolarità resta pressoché intatta anche in seguito per una carriera che prosegue sul grande e piccolo schermo, e poi anche a teatro insieme ai suoi due mariti (Umberto Ceriani e poi l'amato Franco Molè) fino alla serie ‘Il bello delle donne… alcuni anni dopo’ diretta da Eros Puglielli nel 2017.
Martine Brochard non è quasi mai stata protagonista assoluta, ma era sempre riconoscibile e molto amata dagli spettatori per quell'aria elegante, l'accento vagamente esotico, la disponibilità a calarsi nei personaggi più diversi, l'autentica passione che riversava in ogni copione confermandosi attrice vera oltre le mode e il cliché che l'aveva resa famosa. Nel grande libro del cinema popolare conserva un posto tutto suo che ha il profumo di un'epoca dorata in cui non c'erano steccati tra il cinema d'autore e quello di cassetta e i produttori amavano scommettere sul talento senza confini.