Lo dicono i dati di Reporter senza frontiere, che per la prima volta giudica ‘difficile’ la situazione a livello mondiale
Fragilità economica dei media e lacune legislative impediscono alla Svizzera di issarsi tra i Paesi più virtuosi in materia di libertà di stampa. Per l'organizzazione non governativa (ong) Reporter senza frontiere (Rsf), la situazione nella Confederazione, che nel 2024 si è collocata al nono posto, è “piuttosto buona”. Lo scorso anno è stato caratterizzato da piani di riduzione dei costi su larga scala all'interno dei media elvetici, deplora la sezione elvetica di Rsf in un comunicato diramato oggi, anticipando la Giornata mondiale della libertà di stampa, che si celebra domani. La conseguenza è una crisi del panorama mediatico nella Confederazione, storicamente molto diversificato. Secondo l'ong, la perennità di un'informazione affidabile e di interesse generale, soprattutto nelle regioni periferiche, “diventa incerta”. Di fronte a questa situazione, una nuova politica è più che mai necessaria. Il suo obiettivo deve essere quello di sostenere i media nella loro necessaria transizione digitale e di consentire loro di trovare un modello d'affari sostenibile a lungo termine.
Ma a preoccupare Rsf, oltre a quelli economici, ci sono anche problemi sul piano legislativo. Le Camere federali ad esempio non hanno ancora chiarito il campo di applicazione della Legge federale sulle banche (Lbcr) per escludere l'applicazione delle disposizioni penali sul segreto bancario ai giornalisti che utilizzano, nel rispetto delle loro regole professionali, dati bancari di origine illegale, ad esempio rubati. Un giornalista rischia fino a tre anni di carcere per tale violazione della Lbcr. Per l'ong, che da tempo si batte sull'argomento, è urgente che il diritto elvetico sia reso conforme alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Sempre a livello giuridico, RSF deplora ad esempio anche la mancanza di una regolamentazione delle piattaforme in linea, contrariamente a quanto avviene a livello dell'Unione europea. Il Consiglio federale non ha ancora nemmeno elaborato il progetto di massima annunciato due anni or sono. Anzi, a metà aprile il progetto è stato rinviato, senza spiegazioni. La mossa avrebbe a che fare con la guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti. Per ridurre o cancellare i dazi doganali imposti dall'amministrazione del presidente Donald Trump ai prodotti svizzeri (attualmente sospesi), il governo avrebbe deciso di non inimicarsi gli Stati Uniti con regolamentazioni che la Casa Bianca vede come fumo negli occhi. Eppure, fa notare Rsf, il potere che le grandi aziende tecnologiche hanno nel plasmare il dibattito pubblico è immenso. La questione è particolarmente importante in Svizzera, con il suo sistema di democrazia diretta, osserva Isabelle Cornaz, presidente di Rsf Svizzera. Non si può permettere che i cittadini “siano prigionieri del contenuto presentatoci da un sistema opaco di algoritmi”.
A livello mondiale, la pressione economica sui media si sta intensificando in quasi tutti i Paesi, tanto che quest'anno Rsf ha definito per la prima volta “difficile” la situazione globale della libertà di stampa. Stando ai dati raccolti dalla ong, in quasi il 90% dei Paesi (160 su 180 analizzati) i media non sono più in grado di raggiungere una stabilità finanziaria a lungo termine. Un esempio particolarmente evocativo sono gli Stati Uniti (al 57esimo posto), dove la situazione economica e sociale del giornalismo è peggiorata notevolmente negli ultimi due anni: in alcuni Stati, intere regioni stanno diventando “deserti mediatici”.
In 42 Paesi, che rappresentano più della metà della popolazione mondiale, la situazione della libertà di stampa è giudicata “molto grave”. Il gruppo di Paesi in cui questa libertà può essere definita “buona” si è ridotto a soli sette: Norvegia, Estonia, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Danimarca e Irlanda.